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Il Presidente Bertinotti in un’intervista a “Il Manifesto” rileva la circostanza che con Matteo Renzi cambia lo scenario politico dell’Italia e si assiste alla fine delle culture politiche che hanno caratterizzato larga parte della storia nazionale, a partire da quella della sinistra.

L’On. Bertinotti giunge a qualificare Matteo Renzi come “ un Giano bifronte, per un lato populista , per l’altro è neo bonapartista”. Una descrizione non molto diversa da quella utilizzata dall’On. Gianni Fontana, presidente dell’Associazione Democrazia Cristiana, che nell’ultima assemblea dei soci a Roma, il 7 giugno scorso, aveva definito Renzi: “un pop-liberal-democratico”.

In assenza di un’alternativa credibile il più giovane primo ministro della storia repubblicana ha saputo conquistare il vasto consenso alle europee e sembra correre sulla cresta dell’onda lunga che potrebbe sfociare in elezioni anticipate. È aperta la corsa a chi per primo, tra il PD e Forza Italia, denuncerà, quello che per noi è sempre stato, “ lo sciagurato patto del Nazareno”.

Apertura possibile ai grillini, più ammorbiditi dopo gli ultimi inattesi risultati elettorali, e progressiva riduzione del già fragile ruolo degli esponenti del NCD e dei Popolari per l’Italia (questi ultimi già resi orfani, sin dalla formazione del governo, del loro leader Mario Mauro), sono i passaggi attraverso cui, Napolitano permettendo, Matteo Renzi punta a garantirsi in Parlamento la rappresentanza politica corrispondente a quanto ritiene di poter conservare dopo il voto di Maggio.

In Europa il ping pong con frau Merkel si è chiuso nell’ambiguità di una formula con cui la flessibilità utilizzabile dagli Stati, tra rispetto delle rigidità di bilancio e crescita, è lasciata alla furbesca libera interpretazione di ciascuno, concessione della Merkel per avere il consenso italiano alla candidatura del fidato Juncker. Contemporaneamente, sulle imminenti nomine europee, al cinico “stai sereno” rivolto a Enrico Letta prima del suo sgombero da palazzo Chigi, da parte di Renzi si è aggiunto il non meno pungente:” Consiglio UE? Nessuno ha mai fatto il nome di Enrico Letta” e poi: “c’è già Draghi alla BCE”. Insomma un ennesimo schiaffo e una riapertura di ferite mai sanate in casa PD.

I tempi, d’altronde, reclamano scelte rapide, perché l’effetto corroborante degli 80 € sta per essere facilmente annullato dalla raffica di aumenti fiscali e tariffari e da una prevedibile manovra finanziaria autunnale di non meno di 20 miliardi di euro. I dati drammatici denunciati da Confindustria, non smentiti dalle altalenanti dichiarazioni dell’ondivago Squinzi, così come quelli dell’ISTAT sull’andamento della disoccupazione, confermano il permanere di una situazione pericolosissima di possibile rivolta sociale sempre latente nella realtà italiana.

Fino ad ora il camaleontismo renziano è riuscito a contenere la spinta anti sistema, grazie a un’offerta ambigua, ma carica di speranza, che ha saputo raccogliere un vasta consenso. Si tratta di capire fino a quando potrà durare.

Ettore Bonalberti
www.lademocraziacristiana.it
www.insiemeweb.net
www.don-chisciotte.net

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