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Pubblichiamo l’articolo di Marcello Bussi uscito sul quotidiano MF/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi.

A mettere le cose in chiaro ci ha pensato il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini: il Consiglio Ue per gli Affari esteri, ha detto ieri, non sta discutendo del passaggio dalla fase due alla fase tre delle sanzioni, quelle che farebbero veramente male alla Russia, ovvero le limitazioni nel commercio e negli scambi finanziari, magari a partire dal settore degli armamenti. «C’è un ragionamento sull’estensione della lista» dei personaggi russi da sanzionare con il congelamento dei beni e le restrizioni sui visti, ha detto la Mogherini, «che avverrà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane».

Nella nuova lista, ha precisato il ministro degli Esteri lussemburghese, Jean Asselborn, figureranno anche «personaggi vicini al presidente russo Vladimir Putin». Come al solito l’Ue è divisa alla meta. Dal punto di vista vocale i più duri sono i britannici (insieme a Polonia, Svezia e Paesi baltici), i più teneri gli italiani. Fra questi due estremi retorici si collocano francesi e tedeschi. Ma è probabile che la tesi ascoltata con più attenzione ricalchi quella espressa dal governatore della Banca centrale austriaca, Ewald Nowotny. «Un’ulteriore escalation della crisi», con nuove sanzioni dell’Ue contro la Russia, potrebbe pesare sull’economia dell’Europa centrale, orientale e sudorientale, ha detto Nowotny, aggiungendo che la fuga di capitali dalla Russia ha fatto apprezzare fortemente l’euro. Fuga di capitali che però sembrerebbe non aver fatto male alla borsa di Mosca.

Ieri l’indice Micex ha perso l’1,3%, ma chi non segue la situazione giorno per giorno sarà forse sorpreso nell’apprendere che dal 14 marzo, giorno del referendum in Crimea sull’annessione alla Russia, la borsa di Mosca ha guadagnato l’8,7%. Mentre il rublo si è apprezzato dell’1,9% nei confronti del dollaro. C’è il sospetto che i mercati considerino la minaccia di sanzioni alla Russia una pistola scarica. D’altronde l’andamento di ieri delle borse occidentali ha dimostrato che hanno pesato di più i conti migliori delle attese di Citigroup e i dati positivi sulle vendite al dettaglio negli Usa dei timori per l’escalation della crisi ucraina. Ieri, intanto, i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno concesso all’Ucraina delle tariffe preferenziali per il commercio verso l’Ue e hanno stanziato 1 miliardo di euro per sostenere l’economia di Kiev e le riforme. In un comunicato i ministri Ue scrivono che sono stati aboliti i dazi doganali sulla maggior parte delle esportazioni industriali ucraine verso i 28 Stati dell’Ue. Il provvedimento, che entrerà in vigore alla fine di aprile, farà risparmiare alle aziende ucraine centinaia di milioni di dollari nei prossimi mesi. E anche gli Usa hanno annunciato la concessione di 1 miliardo di dollari di prestiti garantiti all’Ucraina, nell’ambito di un pacchetto di aiuti finalizzato alla ripresa economica. Mentre la direttrice generale del Fmi, Christine Lagarde, ha affermato che l’istituto di Washington ha accolto «con favore le riforme finora adottate» dal governo di Kiev e dalla Banca centrale ucraina e «incoraggia le autorità a mantenere lo slancio delle riforme». Pertanto il board del Fmi nelle prossime settimane «prenderà in considerazione la richiesta di aiuti» dell’Ucraina.

Nell’ambito delle riforme chieste dal Fmi, il governo guidato da Arseni Yatseniuk ha chiesto a tutti i ministeri (compreso quello della Sanità, dalle prestazioni già assai carenti) tagli del 30% ai budget. Nel frattempo l’Iran sta cercando di sfruttare a suo favore la crisi ucraina. In un’intervista al quotidiano tedesco Handelsblatt, il ministro dell’Industria di Teheran, Mohammad Reza, ha dichiarato che l’Iran potrebbe essere un fornitore di gas «affidabile, sicuro e di lungo termine» per l’Europa. «Non vogliamo competere con la Russia», ha precisato Reza, «ma sappiamo che la domanda di gas dell’Europa è in crescita e ne vorremmo coprire una quota».

North Stream, gas

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