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In merito alla discussa e controversa sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, c’è il silenzio della Chiesa cattolica italiana? Lo mette in rilievo, oggi, Angelo Panebianco, nell’editoriale di prima pagina del Corriere della Sera. Il politologo torna indietro di dieci e nove anni, quando il Parlamento approvò la legge 40, e poi quando su quella legge fu celebrato un referendum fallito per la bassissima affluenza alle urne. Però stamattina Bergoglio ha detto: “Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre». Queste le parole di Papa Francesco durante il ricevimento dei componenti dell’Ufficio Internazionale Cattolico per l’Infanzia.

L’EDITORIALE DI PANEBIANCO

“Il fronte che vinse allora per via politica e che adesso esce sconfitto per via giurisdizionale – scriveva stamattina Panebianco sul Corsera – sembra quasi silente”. Sono appunto “poche e isolate voci cattoliche” quelle che “si sono levate a criticare la sentenza”. Un quadro che porta a dire come “nel suo complesso, la chiesa sembra orientata a scegliere una condotta prudente, di implicita, più o meno rassegnata, accettazione dell’esito che si è determinato”.

IL BASSO PROFILO DELLA CEI

Fatto emblematico è il comportamento della Conferenza episcopale italiana, dieci anni fa in prima linea nella battaglia politica sulla legge. Stavolta, invece, profilo piuttosto basso. Il primo commento ufficiale è arrivato a più di 36 ore di distanza dalla pubblicazione del dispositivo della sentenza. Una nota gelida firmata genericamente “dalla presidenza”, arrivata poco prima delle 18.00 di ieri. Nella dichiarazione si legge che “è doveroso segnalare alcuni nodi problematici che suscitano dubbi e preoccupazioni, sotto il profilo antropologico e culturale”. In primo luogo, “viene affermato un non meglio precisato diritto al figlio o diritto alla genitorialità, con il rischio di confondere o, peggio, identificare il piano dei desideri con il piano dei diritti, sottacendo che il figlio è una persona da accogliere e non l’oggetto di una pretesa resa possibile dal progresso scientifico”. In sostanza, prosegue la nota, “si cambia e si snatura il concetto e l’esperienza di paternità e di maternità, che sono elementi preziosi per l’unità profonda ed inviolabile della coppia”. La cultura  giuridica “non dovrebbe semplicemente avvalorare il dominio della tecnoscienza, ma porsi anche la questione del senso e anche quella del limite”. Niente di più.

IL COMMENTO DEL CARDINALE RUINI

Il primo a parlare, già ieri mattina sulla Stampa, era stato il cardinale Camillo Ruini, storico presidente della Cei e impegnato nella lotta riguardo la legge 40, che per la Chiesa cattolica rappresenta una sorta di compromesso accettabile. “Non può esistere un diritto al figlio, perché il figlio è una persona”, diceva Ruini in un colloquio con il vaticanista Andrea Tornielli. Il porporato si mantiene prudente, precisa che “è presto per parlare di una sentenza appena uscita di cui non si conoscono ancora le motivazioni”, tuttavia “una cosa sembra chiara – dice Ruini: la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il divieto alla fecondazione eterologa e su questo non posso non esprimere la mia profonda perplessità, diciamo pure il mio dissenso”. Il figlio “è una persona, e come tale non è disponibile”, ha aggiunto.

L’EDITORIALE DI AVVENIRE

Critico anche il quotidiano dei vescovi, Avvenire, che però ha affidato l’editoriale d’apertura di ieri non al direttore bensì alla bioeticista Assuntina Morresi, la quale ha rilevato che “anche nel nostro Paese si affaccia purtroppo una società in cui persino il legame più profondo che gli esseri umani conoscono, quello fra una madre e suo figlio, viene frammentato, sminuzzato nelle sue componenti genetiche, gestazioni e sociali, e niente lo potrà sostituire nella sua pienezza”. Pesante quanto scrive poche righe dopo Morresi: “Con la sentenza di ieri (martedì, ndr), la Consulta non si è limitata a stabilire l’illegittimità costituzionale di una norma di legge, cioè del divieto alla fecondazione eterologa contenuto nella legge 40. I giudici costituzionali, non nuovi a iniziative del genere, si sono spinti molto oltre, e hanno indicato un nuovo orizzonte antropologico, nel quale per spiegare chi sono i genitori serviranno gli aggettivi”.

“IMPOSSIBILE NON PERCEPIRE IL CONTRACCOLPO”

Critica anche Tracce, la rivista internazionale di Comunione e Liberazione, che però vede nella sentenza l’occasione propizia per “andare a fondo della questione”. Impossibile – si legge in un articolo firmato da Lorenza Violini, non percepire il contraccolpo, la sfida che questa decisione riverbera su ognuno di noi e sui contesti sociali di cui facciamo parte. Non si può voltare pagina e dedicarci alla cronaca internazionale o alle notizie sul tempo libero”. In gioco, prosegue Violini, “c’è l’eliminazione di una barriera alla autodeterminazione procreativa”.

“L’ULTIMA FOLLIA ITALIANA”

Duro il commento di Famiglia Cristiana, che parla di “ultima follia italiana” e sottolinea che pur trattandosi di una “sentenza choc”, essa “non giunge inaspettata”. Una decisione, quella della Consulta, che “ignora il diritto del neonato ad avere un padre e una madre riconoscibili e riconosciuti e assolutizza in maniera pericolosa il presunto diritto di far valere a tutti i costi, a diventare genitori”.

Legge 40, ecco come Papa Francesco ha reagito alla sentenza della Consulta

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