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Guai a chiamarla “corrente”. Nella nuova era del Pd targato Renzi, questa parola è bandita. Ma il battesimo di “Area riformista”, oggi alle 17 al teatro Eliseo, ha tutta l’aria di un nuovo tentativo da parte della minoranza dem per arginare la totale renzianizzazione del partito.

IL RAPPORTO CON RENZI
Nessuna guerra fratricida alla quale ci ha abituato il Pd, promettono gli organizzatori, solo uno spazio dove discutere con “lealtà” e “autonomia” nei confronti del presidente del Consiglio. E, in segno di pace, sono stati invitati anche due suoi fedelissimi come Lorenzo Guerini e Simona Bonafè, rispettivamente vicesegretario e capolista della circoscrizione centro alle Europee, visto che sarà proprio “l’Europa che faremo” il tema dell’incontro.

CHI SONO
Scrivi area riformista, leggi minoranza dem. La composizione di questo nuovo contenitore ricalca il composito universo non-renziano del partito. Prendono parte all’iniziativa Stefano Fassina, Cesare Damiano, Guglielmo Epifani, ex bersaniani come Miguel Gotor, Alfredo D’Attorre, Davide Zoggia, dalemiani come Andrea Manciulli, ex lettiani come Paola De Micheli, ex popolari come Enrico Gasbarra. Non ci saranno invece i Giovani turchi e i civatiani.

IL LEADER
Cambiano le leadership. Fedele alla logica della “ruota che gira” siederà in platea Pierluigi Bersani. Non saranno presenti neanche Massimo D’Alema ed Enrico Letta. Non è ancora stato scelto ufficialmente un leader, ma è quasi certo che non sarà Gianni Cuperlo. Sono in molti a guardare invece a una nuova leva, equilibrata e in buoni rapporti con il premier, come Roberto Speranza, capogruppo alla Camera del partito.

COSA VOGLIONO
L’obiettivo del nuovo progetto però l’ha tracciato un padre storico della sinitra, D’Alema, alla convenzione della minoranza Pd al teatro Ghione di sabato 12 aprile: “Il Pd non diventi un comitato elettorale di Renzi”.

Senato, legge elettorale, riforma del lavoro sono gli ambiti in cui Area riformista intende fare proposte e discutere, forte dei suoi numeri in Parlamento. Il “prendere o lasciare” renziano sulle riforme non è più gradito. Del resto, è stato il capo dello Stato a indicare la strada: “flessibilità”.

 

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