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Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Credo che poche volte in un Paese occidentale si fosse vista un’umiliazione di questa portata per una parte politica. Un’umiliazione che non sta tanto nei numeri, con un centrodestra ai suoi minimi storici, quanto nelle modalità. Perché il problema non sta nel perdere, ma nel perdere per una totale mancanza di progettualità, ideali e proposte.

Se mai fosse quindi servita una conferma, queste elezioni europee (e non dimentichiamoci delle regionali in Piemonte) hanno definitivamente bocciato la classe dirigente del centrodestra.

Il dato più allarmante sta nella fine del voto d’opinione in quella metà campo.

Il centrodestra italiano negli ultimi vent’anni ha vissuto su quel tipo di consenso, trainato da un leader forte e da una visione di Paese che, seppur perennemente disattesa, non era mai venuta meno.

Quella rivoluzione liberale fatta da un’Italia più concorrenziale, meno vessata dalle tasse, più a misura d’impresa, libera dallo schiavismo sindacale.

Il voto d’opinione si è invece spostato quasi interamente su Matteo Renzi e sul PD, fatto facilmente verificabile notando la vicinanza del totale dei voti delle liste di centrodestra e della somma delle preferenze di tutti i loro singoli candidati. Per farla semplice, quei pochi voti che il centrodestra è riuscito a tenersi è, con in parte la sola eccezione della Lega, merito esclusivo dei suoi candidati e del loro personale lavoro sul territorio.

Il centrodestra è stato annullato, e assomiglia ora ad un deserto dove è tutto da ricostruire. Una ricostruzione che sarà ardua, e che per essere vincente deve passare da tre fattori fondamentali: contenuti, modalità e facce nuove. Necessariamente in questo ordine. Perché le facce nuove saranno legittimate da un modo diverso di porre temi che dovranno essere seri e concreti. Il mix di questi tre elementi, se posto così, può garantire la svolta.

Una svolta per la quale manca tutto fuorché la domanda. Nel 42% di astenuti sta la grande fetta di elettorato di centrodestra. Milioni di persone che non andranno più a dare il loro voto a qualcosa che scimmiotti i veri ideali e principi che in tutto il mondo sono alla base dei grandi partiti di destra e centrodestra.

Per portare a termine questa operazione serve un grande patto generazionale, guidato da coloro che il futuro lo hanno davanti, e che non possono permettersi ora di smettere di credere che la loro idea politica venga rappresentata in modo degno.

Ecco perché aderisco con convinzione alla proposta di Lorenzo Castellani di una “Leopolda” del centrodestra. Un momento per riprendere possesso della nostra parte di campo. Un’occasione per renderla nuovamente competitiva e metterla nelle condizioni di vincere le partite che ha di fronte.

Verranno i temi specifici, sapremo delinearci come liberali, come repubblicani e come tutte le altre etichette di questo genere che riterremo opportune. Ma questo non potrà prescindere dal dirci di destra. Prima dovremo saper dire con forza per quale colore stiamo giocando, per quale idea di Italia. Non possiamo unirci all’insegna del “con noi i liberali” o “con noi i moderati”, perché costruiremmo l’ennesimo litigioso partito da prefisso telefonico.

Serve prendere coscienza di quale parte politica si vuole rinnovare e riformare, e arrivare alla sua sintesi in un progetto nuovo e innovativo. Il Partito Repubblicano ha in sé un Ron Paul, che ha idee forse più distanti da un George Bush di quante ne abbia Barack Obama. Ma non per questo si fa un suo partito o ripudia il GOP nel suo complesso. Si candida a guidarlo, e quando viene battuto rimane al suo interno. Perché prevale la consapevolezza che si sta lottando per quei principi fondamentali a cui sentono di appartenere tutte le donne e gli uomini di centrodestra.

Quei principi marcheranno la vita politica delle democrazie oltre ogni tempo e stagione, checché ne dicano gli amanti del genere, irrealistico e soprattutto antistorico, del “non esistono più destra e sinistra”.

Di quali principi si parli se discutiamo di centrodestra in Italia sarà il primo tema che quella “Leopolda” dovrà sapersi porre.

Tra le tante reazioni all’idea di Lorenzo, ho trovato interessanti alcuni temi posti da Giovanni Susta.

Due in particolare le analisi che non condivido. In primis, dire che “si autodefinisce centrodestra un’accozzaglia che non è altro che il fronte lepenista che si è affermato in Francia” è a mio modo di vedere un profondo errore. Tanto in NCD quanto in Forza Italia, in Fratelli d’Italia o nella Lega esistono tantissimi esponenti ed amministratori onesti e intelligenti. Il fatto che spesso nella classe dirigente di questi partiti siano prevalsi volti negativi e portatori di populismo non giustifica una simile semplificazione. Forza Italia è ben altra cosa da Orban, e chi scrive non è certamente un sostenitore di questa Forza Italia.

Se vogliamo ricostruire un’area politica, servono umiltà e voglia di sporcarsi le mani. È necessario ripartire da ciò che c’è, coinvolgendone le parti migliori e più consapevoli dell’esigenza di un cambiamento reale.

La Leopolda unicamente come operazione di marketing. Da persona che ha partecipato a due edizioni della Leopolda, è una seconda ingiusta semplificazione.

È stato molto di più, e posso assicurare che in poche altre occasioni ho trovato tanti contenuti.

Vero invece che, per ora, sia mancata la capacità politica di trasformare tutto questo in proposte culturali e politiche tangibili. Ma questo accade per inadeguatezza del PD, o al massimo per mancanza di volontà di Renzi e non perché alla Leopolda non se ne fossero poste le basi.

La scelta del leader. I leader che cambiano la storia li costruiscono i contesti. La nostra responsabilità sta nel mettere coloro che potranno essere i futuri leader del centrodestra nelle condizioni di diventarlo.

A differenza di quanto avvenuto a Firenze negli ultimi anni, sarà auspicabile che si riesca a dare vita ad un momento non di pura incoronazione di un leader, ma di ricostruzione di una classe dirigente nel suo complesso, come squadra.

In questo senso, sottoscrivo Giovanni Susta quando suggerisce di andare “oltre la Leopolda”. Già che arriviamo tardi, proviamo ad arrivare meglio.

Ludovico Seppilli

(22 anni, consigliere di Circoscrizione 8 a Torino, è stato candidato in Regione Piemonte con il Nuovo Centrodestra)

Leopolda di centrodestra, come evitare che sia un'operazione di marketing

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