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“Durante i colloqui sarà mia cura affrontare la questione” di come aiutare i cinesi per i loro viaggi d’affari in Italia, ha spiegato ieri Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. L’ha detto rispondendo a una domanda di un giornalista di China Media Group, principale media company cinese posta sotto il diretto controllo del dipartimento della propaganda del Partito comunista cinese, che ha evidenziato come la Cina dal 1° dicembre permetta ai cittadini italiani (e a quelli di altri quattro Paesi dell’Unione europea e della Malesia) l’ingresso nel Paese per 15 giorni senza visto oltre ad alcune facilitazioni per i pagamenti.

Gli appuntamenti della prossima settimana

La conferenza stampa è stata l’occasione per presentare alcuni appuntamenti bilaterali della prossima settimana a cui parteciperà (a pochi giorni dalla ministeriale Esteri del G7 che Tajani presederà a Capri) anche Wang Wentao, ministro del Commercio cinese: la Commissione economica mista Italia-Cina e il Business and Dialogue Forum bilaterale (Verona, 11-12 aprile) e l’evento celebrativo della figura di Marco Polo e delle relazioni tra Italia e (Università Ca’ Foscari di Venezia, 11 aprile).

Gli obiettivi del governo

Tajani ha ribadito l’impegno del governo a rafforzare la promozione del Made in Italy in Cina superando le barriere che ostacolano l’accesso dei prodotti italiani (come accaduto a ottobre con le pere italiane, come ha tenuto a sottolineare) e ad attirare investimenti “qualificati”, “ferme restando le necessità tutelare gli asset strategici nazionali”.

Le parole di Ghiretti (Csis)

Sembra tornato, dopo il mancato rinnovo del memorandum d’intesa sulla cosiddetta Via della Seta, l’approccio classico italiano con la Cina, quello “pigliatutto”, “tentando di essere amici e ottenere vantaggi da tutte le parti nella convinzione – sbagliata – che questo sia un approccio strategico”, ha commentato ieri Francesca Ghiretti, esperta di sicurezza economica e Adjunct Fellow (Non-resident) al Wadhwani Center for AI and Advanced Technologies del think tank americano Center for Strategic and International Studies, a Formiche.net. In particolare, i settori al centro dei tavoli tematici del forum sono “strategici”, ha spiegato: agritech, e-commerce, investimenti e biomedicale.

Gli incontri alla Farnesina

Per parlare di e-commerce, questa settimana alla Farnesina è stata accolta Zhu Yong, direttrice generale per l’e-commerce del ministero del Commercio cinese. Al centro degli incontri il progetto di roadshow delle piattaforme di e-commerce cinesi che sarà organizzato dall’Agenzia Ice la prossima il 12 aprile a Verona e il 13 a Milano. Attualmente è in vigore un accordo con Alibaba, rinnovato fino a settembre 2024 per un valore di 5 milioni di euro, per offrire a 1.000 aziende italiane la possibilità di accedere gratuitamente sulla piattaforma. Nel quadriennio 2019-2022, gli stanziamenti Ice sull’e-commerce cinese sono stati pari a 5,3 milioni di euro, con la creazione di padiglioni virtuali italiani sui principali marketplace (Food2China.com, Alibaba, Wechat, Hktvmall.com e JD.com).

I rischi dell’e-commerce cinese

Il Congresso americano sta alzando la pressione sui marketplace cinese come Temu e Shein in merito alle spedizioni de minimis. Infatti, la legge statunitense richiede dazi sui pacchi con un valore inferiore a 800 dollari (soglia de minimis). I senatori Sherrod Brown e Rick Scott hanno inviato una lettera al presidente Joe Biden per chiedere l’abolizione della norma che, dicono, danneggia le imprese statunitensi e consente l’importazione di merci illegali (Shein e Temu rappresentano un terzo del totale delle spedizioni de minimis negli Stati Uniti). Ma anche lo sbarco di aziende sui marketplace cinesi può rappresentare un rischio per le stesse. In particolare per quanto riguarda i dati e la proprietà intellettuale. Un esempio molto banale? Una società italiana entra in un marketplace cinese che non è soltanto una vetrina che fornisce servizi e logistiche ma anche un produttore; questo può tracciare le informazioni legate agli stock e alle vendite; i prodotti dell’azienda italiana sono a rischio “copiatura”, con costi più bassi di produzione, gestione e spedizione.

Ecco i rischi dell’e-commerce cinese per il made in Italy

Al centro degli incontri bilaterali della prossima settimana ci saranno anche le possibilità dei grandi marketplace del gigante asiatico per le aziende del nostro Paese. Attenzione, però…

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