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Il think tank di Bruxelles EUISS (European Union Institute of Strategic Studies), diretto dall’italiano Antonio Missiroli, ha appena pubblicato uno studio di grande rilievo per capire le nuove traiettorie della sicurezza energetica europea nell’era del boom dello shale gas e della relativa abbondanza di petrolio.

IL TEMA ENERGETICO
In coincidenza con la crisi ucraina, che il centro studi espressione del Servizio europeo di azione estera segue con grande attenzione, la scelta di puntare sul tema energetico è particolarmente significativa, perché a Kiev si giocano importanti partite legate agli approvvigionamenti di idrocarburi, partite che l’Europa ha già “perso” nel 2006 e 2009 e che oggi vuole impostare su basi migliori, forte anche della maggiore disponibilità in prospettiva del gas americano.

LA PARTITA PETROLIFERA
Il tutto sullo sfondo di un’altra partita, interna all’industria petrolifera internazionale, la quale guarda con scetticismo alla Russia e alla sua battaglia difensiva sullo shale gas (percepita come una cortina fumogena ambientalista stesa sulle proprie deficienze tecnologiche). Invece, Cina ed India hanno una marcia in più.

NUOVE POTENZE
Robert Blackwill e Meghan O’Sullivan del Council on Foreign Relations, nel loro articolo celebrativo della shale gas revolution su Foreign Affairs, citano Cina ed India nel novero delle potenze che maggiormente beneficeranno, a fianco degli Stati Uniti, dell’aumentata disponibilità di gas a buon mercato. Al punto da prospettare, a una Russia che si volge ad Est (chiusa ad Ovest dalla maggiore libertà di scelta europea), un’integrazione economica russo-cinese in cui Pechino potrà facilmente avere “una posizione di preminenza”.

I PAESI IN CALO
Secondo Ian Bremmer sono Arabia Saudita e Russia che verranno ridimensionate dall’aumentata disponibilità di gas americano. Alcune mosse geopolitiche, evidenziate dal riarmo saudita sostenuto da Usa e Gran Bretagna o dalla ricerca russa di un accordo globale e regionale con Europa e Stati Uniti, indicano che questi elementi di debolezza relativa (non tanto rispetto agli Usa, quanto appunto a Cina ed India) sono già presenti nei calcoli di Mosca e Ryhad.

LA DIPLOMAZIA “PLURILATERALE”
Su questo sfondo, il citato rapporto dell’EIUSS di Bruxelles raccomanda di puntare su una diplomazia “plurilaterale” che coinvolga gli attori emergenti nella creazione di regole energetiche comuni, in particolare appoggiando l’ingresso di Cina ed India nella IEA (Agenzia internazionale per l’energia). Facendo al tempo stesso “pulizia in casa”, ovvero liberalizzando il mercato interno, concentrando competenze energetico-politiche in capo alla Commissione (un processo già in atto da alcuni anni, almeno a partire dalla Comunicazione del 2011) e aprendo ad uno sfruttamento ordinato e coordinato dello shale gas europeo. Inoltre, si raccomanda che la Turchia diventi un hub regionale capace di convogliare attraverso pipeline il gas del Levante mediterraneo verso l’Europa. La competitività di prezzo del mercato LNG (gas naturale liquefatto) dell’Asia, infatti, rende consigliabile puntare sui gasdotti per vincolare fisicamente quel gas allo sbocco europeo. Non sarà facile, ammette il rapporto, ma nell’ambito dei criteri di accesso di Ankara alla UE, Bruxelles, insieme a Cipro ed Israele, potrà realizzare incentivi sufficienti.

Insomma, l’Europa ha sufficiente respiro per trattare da posizioni migliori con la Russia, anche se non ha tutti i margini di cui gode l’alleato americano.

I nuovi calcoli di Bruxelles sulla sicurezza energetica

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