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Questo commento è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta di Parma

Beppe Grillo voleva un referendum su di sé e invece dalle europee è arrivato un plebiscito per Matteo Renzi, il candidato che non era neanche candidato. Ma quando quattro italiani su dieci premiano il partito del presidente del Consiglio, partito che raccoglie più voti degli altri due inseguitori messi insieme, allora non è più soltanto il “trionfo del Pd” sui Cinque Stelle e Forza Italia, ma il segnale di una svolta potente e radicale che la maggioranza dei cittadini reclama senza, tuttavia, urlare. Reclama che la politica italiana (altro che “Europa”) passi in fretta dalla protesta alla proposta.

S’è dunque rivelato più convincente il messaggio del giovane Renzi col suo cambiamento in cammino rispetto al doppiato in voti movimento di Grillo con la sua indignazione permanente, ma evanescente: rottamazione sì, rivoluzione no. E questa voglia di un’altra Italia allergica ai privilegi di Palazzo e ostile alle inconcludenze della casta, questo desiderio collettivo non già di seppellire la nazione con tutti i filistei, ma di scuoterla e migliorarla a suon di riforme, ha portato gli elettori a dar credito alla novità del ragazzo che viene da vicino, la splendida Firenze, piuttosto che del comico che sbraita da lontano, la malinconica Genova.

Non c’è bisogno, allora, di scomodare precedenti (tipo il consenso alla Dc negli anni d’oro), né di mettere in risalto il disastro subìto da un centro-destra litigioso e diviso per tre, oltre che privo di un leader in campo, per comprendere la profondità e l’ampiezza dello scossone avvenuto, e imprevisto perfino dai sondaggisti, altri “sconfitti” di queste elezioni. Dal terremoto s’è salvato solo la Lega di Matteo Salvini (un altro giovane e battagliero alla Renzi: vuoi vedere che non è un caso?) e sono sopravvissuti a stento a destra l’Ncd, a sinistra la lista Tsipras. Il nuovo bipolarismo Renzi-Grillo ha relegato il resto della compagnia ai margini o col fardello di doversi presto “rifondare”, com’è accaduto alla creatura di Silvio Berlusconi oggi più di ieri destinata a passare di padre in figlia (Marina? Chissà. Almeno dalla sua ora ha il viatico del nome proprio di un’altra Marina, Marine Le Pen, che ha sorpassato tutti in Francia).

Renzi ha fatto il pieno suscitando grandi aspettative tra giovani e anziani, tra elettori progressisti e berlusconiani, tra cittadini già votanti per l’oppositor degli oppositori Beppe Grillo. Guai a vanificare quest’immensa fiducia accordatagli, questa indicazione non anti-politica, alla Grillo, ma quasi a-politica. Un’indicazione che testimonia quanto la gente sia pronta a credere alle molte promesse di cambiamento espresse da Renzi. Dopo il ballo (elettorale) adesso viene il bello: che il vincitore di palazzo Chigi prolunghi coi fatti la luna di miele in corso con così tanti italiani.

Matteo non è più l’abusivo che ha pugnalato Enrico Letta per prenderne il posto, ma l’uomo al quale i cittadini hanno dato carta bianca per ricostruire. Festeggi pure ancora, se vuole. Ma da domani si rimbocchi le maniche della camicia (gli riesce facile) e si metta a lavorare. Anche alzando la voce dell’Italia in Europa: adesso può.

Renzi costringerà il centrodestra a rifondarsi

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