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Mai come in questo momento di gravi turbolenze internazionali c’è bisogno di unità interna in Confindustria. Proprio quell’unità che Edoardo Garrone, fino a pochi giorni fa candidato favorito per la presidenza di Viale dell’Astronomia, ha invocato più volte nella missiva in cui ha annunciato e motivato il suo ritiro dalla corda per la guida degli industriali, spianando la strada a Emanuele Orsini, imprenditore modenese del legno e dell’alimentare, da poche ore designato successore di Carlo Bonomi.

E che si è guadagnato la fiducia degli imprenditori grazie alla carica di vicepresidente per il fisco, il credito e la finanza che è stato decisivo sia negli anni del Covid sia nella fase di ripartenza successiva. E a una profonda conoscenza del sistema associativo fatto di oltre 150mila imprese, 216 organizzazioni federate, oltre 5 milioni e 300mila lavoratori.

Ma se è vero che Confindustria oggi sconta l’esistenza di troppe tribù, perdendoci in unità e compattezza, allora Orsini dovrà essere abile a ricostruire l’unità perduta. Da Garrone è arrivata una sponda: una vittoria al rush finale dell’uno o dell’altro pretendente avrebbe creato le premesse di una spaccatura, con un azionista di minoranza ingombrante. Con il passo indietro di Garrone, invece, Orsini può partire da basi diverse. Ma basterà? Formiche.net ne ha parlato con Stefano Micossi, per oltre due decenni direttore generale di Assonime.

Partiamo dal principio. Confindustria ha troppe anime, è spaccata, dice qualcuno. Come stanno davvero le cose?

Il processo di selezione del presidente è sempre stato combattuto, è sempre stato così. La vera domanda è capire se tale metodo democratico per la scelta del presidente, sia l’idea più giusta.

Che cosa vuole dire?

Garrone lo dice nella sua lettera, il processo di raccolta dei voti non è molto legittimante e limpido e alla fine si ritira per permettere a Orsini di guidare Confindustria senza condizionamenti esterni o interni. Questo è un problema che arriva fino all’elezione di Antonio D’Amato, che pose fine al metodo precedente, il quale prevedeva la scelta del presidente sulla base di pochi voti ed espressi dalle principali aziende.

Alcuni osservatori hanno fatto notare come Confindustria oggi abbia perso un pizzico di peso specifico nello strutturare la politica economica del Paese, in collaborazione con il governo…

Il tempo delle grandi divisioni sulla politica economica è superato, non vedo nessuna scissione in questo senso. Anzi, le dico di più, sarebbe curioso che Confindustria facesse da sola la politica industriale nazionale. Non c’è nessuna discussione sulle grandi linee guida. Certo, la candidatura di Garrone era stata senza dubbio un tentativo di riportare al vertice dell’associazione un grande industriale. Ma non ha funzionato.

Guardiamo al futuro. Quali sono secondo lei le grandi sfide della presidenza Orsini? Le imprese italiane vengono da anni drammatici.

Guardi, in questo momento l’Italia attraversa un momento favorevole, forse anche sull’onda degli innumerevoli bonus elargiti in questi anni. Direi, addirittura, che siamo in un periodo di mediocre prosperità. Orsini dice cose giuste e al contempo ovvie, ma mi ha colpito che non abbia finora menzionato l’Europa, che è un tema portante. Ma sono certo che lo farà quando presenterà il suo programma. In tutto questo, la vera sfida per Confindustria è tenere la barra dritta sull’integrazione dei mercati, sull’Europa, senza cadere nella logica dei sussidi.

Insomma, massima apertura e sguardo fisso sull’Europa…

Sì. Orsini può adesso partire da una base compatta, anche grazie al passo indietro di Garrone.

Si aspetta rapporti costruttivi con il governo Meloni? Non sempre in passato Industriali e politica hanno dialogato come si sarebbe dovuto.

Le simpatie di Orsini per questo governo sono note e quelle del governo per Orsini altrettanto direi. Certamente il nuovo presidente dovrà prestare grande attenzione alle piccole imprese, che hanno bisogno di sostegno, soprattutto nelle fasi più complicate.

Un suo giudizio sulla presidenza Bonomi?

Non molto positivo.

Perché?

Aveva creato delle aspettative, grazie alla sua buona gestione dell’Assolombarda. Ma alla fine, alla guida di Confindustria, non ha brillato per gestione e raggiungimento degli obiettivi. Credo ci sia un po’ di delusione in questo senso. Ora vediamo Orsini.

Attenzione alle piccole imprese e feeling con il governo. La Confindustria di Orsini secondo Micossi

Il nuovo presidente degli industriali può partire da una base imprenditoriale più compatta di quanto si creda, anche grazie al passo indietro di Garrone. Le piccole aziende dovranno avere il massimo riguardo, con il governo c’è già una simpatia corrisposta. Bonomi? Poteva fare di più. Intervista all’economista e già storico dg di Assonime

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