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Negli Stati Uniti pochi congressi conservatori sono così influenti come il Conservative Political Action Conference (Cpac), la riunione dei leader repubblicani che ogni anno si riunisce vicino a Washington. All’evento partecipano circa 10mila sostenitori.

Il Cpac di quest’anno si è concluso lo scorso sabato alla presenza di Sarah Palin. I protagonisti di questa edizione sono stati il governatore Chris Christie, il deputato Paul Ryal e i senatori Ted Cruz, Rand Paul e Marco Rubio, tutti possibili candidati alla Casa Bianca e probabilmente rivali di Hillary Clinton alle presidenziali del 2016.

L’ESPLOSIONE DEL TEA PARTY
In campagna elettorale è naturale descrivere la capitale come un luogo in mano ad élite lontane dai bisogni del popolo. Ma questo messaggio ha guadagnato forza con la popolarità del Tea Party. I deputati del gruppo combattono contro l’incapacità del Congresso, come se ne fossero totalmente estranei alle dinamiche. Il senatore Ted Cruz ha definito Washington come “un sistema corrotto e controllato da consulenti e gruppi di pressione”. Cruz aveva inaugurato l’evento con un discorso nel quale ha elencato un decalogo delle proposte tra cui l’abolizione della Federal Reserve.

LE CRITICHE DI PAUL
Secondo Foreign Policy, una delle sfide dei repubblicani è recuperare la fiducia di un elettorato nel quale giovani, ispanici e afroamericani votano sempre meno. Uno dei leader più preparati, a detta di molti esperti, per affrontare l’impegno presidenziale è il senatore Rand Paul, critico dei droni e dello spionaggio della Nsa. “Al governo non dovrebbe importare cosa facciamo con i nostri cellulari”, ha detto Paul, guadagnandosi il 31 per cento dei gradimenti in un recente sondaggio. Paul è sempre più popolare tra i conservatori.

L’ATTENZIONE SU CHRISTIE
Gli analisti hanno ascoltato con particolare interesse l’intervento di Chris Christie. Non solo per i recenti scandali, ma anche per la sfiducia che ha seminato tra i membri del partito conservatore dopo che si fece vedere pubblicamente assieme al presidente Barack Obama i giorni in cui l’uragano Sandy colpiva New York, nello sprint finale della campagna presidenziale. Christie si è presentato come un leader capace di far fronte a scelte difficili. “Dobbiamo cominciare a parlare di quello che difendiamo e lasciare da parte quello su cui c’è scontro”, ha detto.

RUBIO E GLI AFFARI INTERNAZIONALI
Sul tema della sicurezza nazionale sembra più vincente, invece, la strategia del senatore Marco Rubio, che è tornato ad esprimere aspirazioni presidenziali negli ultimi giorni, dopo i disordini in Ucraina e in Venezuela, presentandosi come “il migliore candidato per gestire gli affari di politica estera”. “C’è una sola nazione capace di unire i popoli liberi del pianeta ed evitare l’allargamento del totalitarismo”, ha detto Rubio prima di puntare il dito su Obama perché “pensa di poter modificare gli eventi globali soltanto con la forza della sua personalità”.

In questo quadro, il partito Repubblicano dovrà sfruttare un’opportunità unica per arrivare alla Casa Bianca: il più basso livello di popolarità mai registrato da Obama, sotto il 40 per cento, e il precario indice di approvazione sull’operato del Congresso, al 12 per cento.

Tutti i candidati repubblicani che sognano la Casa Bianca

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