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Il Venezuela, diviso in due fazioni, dopo 15 anni sotto la guida del presidente Hugo Chávez, è in rivolta. Sopraffatti da una crisi economica e sociale molto severa i cittadini sono scesi in piazza per manifestare. Hanno iniziato gli studenti lo scorso 12 febbraio in commemorazione della Giornata della Gioventù, ma ora ci sono pensionati, madri, casalinghe, operai, lavoratori. Tutti quelli che si sentono toccati dai problemi che colpiscono la vita quotidiana.

IN DIFESA DELLA LIBERTÀ
Un gruppo di universitari ha distribuito in metropolitana a Caracas un volantino con una sintesi delle problematiche che sono alla base delle manifestazioni. La difesa della libertà di stampa, la mancanza di alimenti e prodotti di prima necessità (latte, pane, carta igienica, ecc) e la richiesta di giustizia per la morte di 15 giovani che hanno manifestato in piazza.

FUGGIRE DAL PROPRIO PAESE
Negli ultimi quattro anni, mezzo milione di venezuelani sono fuggiti dal Paese. Preferiscono andare via, ovunque, piuttosto che vivere in qualsiasi angolo del pericoloso Venezuela. Ventiquattromila omicidi nel 2013, uno ogni 20 minuti (il 97% è rimasto impunito), sono un buon motivo per scegliere un altro posto dove vivere. Meglio fare le valigie. Il mondo si è accorto di questa “epidemia sociale”, come è stata definita dall’Organizzazione mondiale della salute, solo quando a farne le spese è stata Miss Venezuela, Mónica Spears.

UN MODELLO DA IMPORTARE?
Buona parte della sinistra europea, da sempre innamorata del modello socialista del XXI secolo promosso da Hugo Chávez (ma ideato dal tedesco Heinz Dieterich Steffan) difende ancora il processo politico venezuelano. C’è chi vorrebbe persino importarlo e adattarlo ad ogni Paese. Per chi ha le redini del Paese, “Maduro ha vinto le elezioni nel 2013, quindi è un governo democratico”. E tutto quello minaccia la stabilità “è un tentativo di colpo di Stato”, come sostiene anche la direzione di Rifondazione comunista nel comunicato dove solidarizza con il capo di Stato venezuelano. Il colpo di Stato, quello vero, è stato compiuto invece a febbraio del 1992 e novembre del 1992 da Chávez .

UNA MANIFESTAZIONE TRASVERSALE
Sulle manifestazioni “golpiste” Maduro ha detto ieri che gli scaffali vuoti sono colpa delle manifestazioni. Non sono stati la causa, dopo mesi di file chilometriche nei supermercato ed esasperante mancanza. No. Sono il male. Una manifestazione trasversale, multi-sociale, che grida lo scontento della popolazione. Perché la crisi sociale ed economica in Venezuela non fa distinzione tra conti correnti o colori politici. Ecco, meglio reprimerla che darle ascolto.

STORIA DA TELENOVELA
Secondo molti analisti ora la protesta sta prendendo quella piega emotiva e da telenovela che piace tanto ai latinoamericani. Gli elementi per una storia ci sono tutti: il supereroe che sacrifica la propria libertà a favore del popolo (Leopoldo López), la bellissima donna dal carattere forte che non ha paura, aspetta il suo amato e sfida il dittatore in piazza (la moglie di López, Lilian Tintori), l’amica e alleata che la sostiene e grida anche lei senza timori “fuori il tiranno” (Maria Corina Machado, un’altra leader dell’opposizione). Ma al di là della narrazione da società dello spettacolo (che il Corriere.it sfrutta opportunamente con tanto di gallery), ci sono chiare evidenze della repressione delle Forze armate contro manifestanti e di alcune violazioni dei diritti umani.

VIVERE PER RACCONTARLA
Sono in molti a chiedersi in Italia “come mai si protesta in Venezuela” sostenendo che “il governo venezuelano è stato democraticamente eletto, non come in Italia, dove non si vota da un po’ di tempo”. A questi, chi vive in Venezuela, chiede di fare per qualche tempo un giro nel Paese per toccare con mano quale sia la situazione e come si viva realmente. Solo allora potrà rendersi conto del perché la popolazione è in rivolta.

Ecco perché si protesta in Venezuela

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