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Questo articolo è ripreso da BloGlobal Opi – Osservatorio di politica internazionale, un portale di analisi e approfondimento sulla realtà politica ed economica internazionale.

È di 100 morti, più di 1.500 edifici bruciati e 400 veicoli distrutti il bilancio dell’ultimo attacco compiuto dai ribelli di Boko Haram in Nigeria. L’attentato è avvenuto mercoledì 19 febbraio nei pressi della città di Bama, situata nello Stato nordorientale di Borno: testimoni hanno rivelato che i ribelli, alla guida di grossi camion mimetici, hanno invaso la città attorno alle quattro del mattino, e hanno iniziato a spargere ovunque il terrore, sparando all’impazzata sui civili.

Alhaji Kyari Ibn al-Kanemi, emiro di Bama, mentre procedeva alla conta dei morti e dei danni alle infrastrutture, ha esplicitamente chiesto al governo centrale misure drastiche per porre fine alle violenze continue, accusando il governo di scarso impegno nel fermare le scorribande degli islamisti.

L’assalto di Bama fa seguito ad un altro attacco avvenuto pochi giorni prima nel villaggio di Izge, vicino al confine con il Camerun, dove i Boko Haram hanno ucciso 106 persone, in uno degli episodi più sanguinosi della storia recente. Ed è proprio dal confine col Camerun che partono le scorribande dei ribelli: una delle poche offensive dell’esercito nigeriano li ha costretti a rifugiarsi nell’area di Gwoza, da dove si muovono contro i villaggi che accusano di essere a favore del governo centrale.

Da qui la decisione delle autorità di Yaoundé, capitale del Camerun, di rafforzare i controlli di frontiera con la Nigeria per bloccare l’infiltrazione dei combattenti del gruppo Boko Haram ed evitare i rischi di contagio, ma anche allo scopo di limitare l’afflusso di civili nigeriani in fuga dalle violenze.

Gli attacchi di Bama e Izge sono avvenuti alcuni giorni dopo che il gruppo terrorista aveva diffuso un video in cui minacciava di morte tutti i leader politici e religiosi nigeriani. Nel video recapitato ai giornalisti, il capo del gruppo estremista, Abubakar Shekau, uno dei dieci terroristi più ricercati al mondo, accusato di terrorismo sia in Nigeria che negli Stati Uniti, minaccia, fra l’altro, nuovi attacchi contro il settore petrolifero nel sud del Paese. Shekau afferma che lo stato d’emer-genza decretato da tempo nel Nord non fermerà Boko Haram ed esorta i suoi uomini presenti in altre regioni ad attaccare obiettivi civili e istituzioni governative, anche musulmane.

I nemici di Boko Haram, che in lingua hausa significa “l’educazione occidentale è peccato”, sono le chiese e i rappresentanti cristiani, le forze dell’ordine, ma anche i politici e religiosi moderati di fede musulmana, accusati di essersi “convertiti” alla democrazia, che secondo il gruppo terrorista incarnerebbe valori non conformi alla religione islamica.

Le vittime più numerose in questi quattro anni di attacchi terroristici da parte di Boko Haram, che mira a fare della Nigeria uno Stato islamico, sono proprio i musulmani, definiti infedeli. Nonostante le continue rassicurazioni del governo, il gruppo non conosce sosta nell’uso della violenza: nelle ultime settimane e giorni gli attacchi si sono susseguiti uno dietro l’altro, con timide controffensive dell’esercito nigeriano.

All’inizio di dicembre, quasi a dimostrare un aumento delle proprie capacità, erano state attaccate simultaneamente una base dell’aeronautica militare e l’aeroporto internazionale di Maiduguri, capitale dello stato del Borno, nella Nigeria nordorientale. Molte le vittime e tantissimi feriti.

Dal maggio 2013 il Presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha proclamato lo stato di emergenza in tre Stati nel Nord-Est del Paese (Borno, Yobe ed Adamawa) dove il gruppo Boko Haram è particolarmente attivo e ha più volte chiesto truppe in rinforzo; premesso che non è ben chiaro da dove dovrebbero provenire queste truppe, la Nigeria possiede già un esercito molto potente che forse ha sottovalutato la minaccia, date le ripetute e frettolose dichiarazioni dei suoi vertici di essere riusciti a rimuovere definitivamente la minaccia.

In questa situazione difficile, che riguarda l’area nord orientale della Nigeria, si è nuovamente fatto vivo, nel sud del Paese, il MEND (Movement for the Emancipation of the Niger Delta) che con un comunicato inviato ad Africa ExPress ha rivendicato l’assalto contro una motovedetta delle forze speciali che stava pattugliando le acque del delta del Niger, nello Stato di Bayelsa. Come sottolinea anche il documento, l’attacco è di piccola portata, ma segna un ritorno alla guerriglia del MEND, gruppo che si riteneva ormai in ritirata.

Nigeria, la guerra di Boko Haram

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