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“Anche io sono un essere umano”. Alla fine Giorgia Meloni ha alzato bandiera bianca, almeno per qualche ora. Al termine di una settimana a dir poco complicata soprattutto sul piano familiare, la premier ha preferito trascorrere la domenica in casa con la figlia Ginevra dando a sorpresa forfait alla kermesse “L’Italia vincente” organizzata da Fratelli d’Italia per celebrare il primo anniversario di governo.

E pensare che lo scorso anno non c’era stato neanche il tempo di festeggiare, con una manovra ereditata in corsa da chiudere in tempi strettissimi: testa bassa e pedalare – si era detto – per i festeggiamenti ci sarà modo più in là. E invece. E invece, almeno lei, al Brancaccio non è riuscita a esserci: “Sono in Egitto e subito dopo volerò a Tel Aviv per far rientro non so a che ora a Roma”, si è scusata nel videomessaggio rivolto alla platea di “simpatizzanti, militanti e dirigenti” facendo appello alla loro comprensione.

I più maliziosi avranno a quel punto ripensato all’ultima apparizione della premier al teatro Brancaccio. Era il 3 ottobre scorso, appena venti giorni fa: una rarissima serata di svago ritagliata assieme all’allora compagno Andrea Giambruno per assistere allo spettacolo di Pio e Amedeo. “Avrà preferito evitare per non farsi del male”, si saranno detti sottovoce ripensando al celeberrimo “Non ce la faccio, troppi ricordi”, pronunciato da Giovanni in Tre uomini e una gamba sulle note di Luci a San Siro.

Ma la verità è un’altra. Giorgia Meloni, che la si ammiri o meno, è una donna forte. Ferita sì, ma mai arrendevole. Lo si nota in maniera molto evidente dai toni (oltre che dai contenuti) del video proiettato alla kermesse e poi rilanciato sui social. E il fatto di aver preferito stare vicina alla figlia – dopo una sortita-lampo tra Egitto e Israele peraltro fuori programma – contribuirà per eterogenesi dei fini (con la minuscola) ad accrescere il consenso attorno alla sua figura, fuori e dentro il partito.

Ne avrà bisogno, di quel consenso. Perché le settimane che attendono il governo si prospettano altrettanto complicate di quelle appena trascorse. Superato indenne il primo test sul rating – quello di Standard & Poor’s, che ha di fatto lasciato immutata la sua valutazione sulla tenuta dei nostri conti – servirà ora grande prudenza nel corso dell’iter di approvazione della manovra. Solo così l’Italia riuscirà infatti a schivare la bocciatura più temuta, quella di Moody’s, che si esprimerà il 17 novembre ad appena quattro giorni dal parere della Commissione europea sul nostro documento di bilancio: in caso di stroncatura, un effetto a cascata sul giudizio di Bruxelles è tutt’altro che da escludere. Allacciate le cinture.

Il forfait di Meloni? Accresce il suo consenso (dentro e fuori FdI)

Il fatto di aver preferito stare vicina alla figlia, dopo una sortita-lampo tra Egitto e Israele peraltro fuori programma, contribuirà per eterogenesi dei fini (con la minuscola) ad accrescere il consenso attorno alla sua figura, fuori e dentro il partito. Angelo Ciardullo spiega perché

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