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Che cosa dire di Matteo Giamburrasca Renzi? E’ un cinico e lo dimostra. Se poi il suo cinismo è fine a se stesso e risponde a una banale ragione di potere personale oppure è rivolto a perseguire un elevato obiettivo politico lo scopriremo a cose fatte.

LA LINEA DISINVOLTA

Per adesso possiamo soltanto notare quanto sia disinvolta la linea di condotta del neo segretario del Pd e di quella “band of brothers” di cui si è circondato. Cominciamo da come il sindaco-segretario ha affrontato la questione dei rapporti con le altre forze politiche.

ADDIO CAV.

Prima del suo avvento, il Pd aveva trattato Silvio Berlusconi come un appestato, fino a calpestare apertamente tutte le regole del “vivere civile” per poterne dichiarare la decadenza dal mandato parlamentare dopo la condanna definitiva (l’aver voluto negare il ricorso alla Consulta sulla retroattività della legge Severino e, soprattutto, l’aver imposto il voto palese, sono atti che resteranno nella coscienza del Paese come arbitrarie prevaricazioni di chi ‘’ha la forza ma non la ragione’’).

PDL SPACCHETTATO

Ma nel condurre in porto quell’operazione il Pd era persino riuscito a spaccare il Pdl, a costituire una maggioranza autonoma e autosufficiente con il Ncd di Angelino Alfano e a liberarsi, di conseguenza, di uno scomodo alleato come il Cavaliere, cacciandolo fuori dal Senato ed estromettendo il suo partito dalla coalizione di governo, senza che la compagine di Letta corresse dei rischi.

RIECCO IL CAV.

Eppure, appena incoronato leader democrat, Matteo Peter Pan Renzi non ha esitato a rimettere in gioco Berlusconi, il quale, a differenza di Beppe Grillo che ha declinato l’invito, ha accettato il ruolo di principale interlocutore nella definizione di una legge elettorale maggioritaria e “bipolarista” che restituirà a Forza Italia il primato nell’area di centro destra, in vista di elezioni da tenersi nel tempo più breve possibile.

CIAO ANGELINO

Nei confronti del Ncd, Renzi ha tenuto un atteggiamento al limite dell’offesa, proprio quando altri settori del Pd avevano salutato l’iniziativa di Alfano come un’importante novità sul piano politico.

ENRICO DA LOGORARE

Per quanto riguarda il rapporto con il governo Letta, il Pd si comporta ormai come un partito costretto da un destino cinico e baro (leggi il Quirinale) a mantenere l’appoggio a un esecutivo che non ama per tutto l’anno in corso. E’ evidente, tuttavia, che Renzi non rinuncia a logorare Enrico Letta che è il suo maggiore avversario all’interno del Pd, colui che, in caso di buon andamento dell’azione di governo, potrebbe insidiare la sua candidatura alla premiership quando si andrà a votare.

CARA VECCHIA DC

Ma tutto questo ha un senso?Anche nei momenti più bui della storia della Repubblica, quando all’interno della Dc si conducevano guerre per bande senza esclusione di colpi, un minimo di solidarietà istituzionale e di partito finiva sempre per emergere. Oggi, questi giovani rottamatori – che hanno accarezzato l’arma dell’antipolitica per la propria affermazione, pur non conoscendo il sudore della fronte del lavoro ed essendo vissuti fino ad oggi soltanto grazie alla politica – dimostrano di non avere principi a cui ispirare le proprie azioni.

FEELING FIOM

Vogliamo fare una controprova? Chi è l’interlocutore del sindaco-segretario nel sindacato? Chi, fino ad ora, ha fornito un lasciapassare alle proposte del Job act in materia di licenziamenti?  Il nome è già un programma: Maurizio Landini.  Anche il leader della Fiom dà un’inquietante prova di sé, dimostrando di essere pronto ad allearsi con chiunque – anche con l’amico di Sergio Marchionne quando più aspra era la polemica –  lo sottragga dall’isolamento in cui è finito e lo riporti lontano dalla deriva grillina in cui stava per essere inghiottita la sua organizzazione.

UNA DOMANDINA

Oppure è vera un’altra tesi e cioè che Landini è il solo ad aver compreso che il Job act non sarà nient’altro che una montagna di coriandoli ricavati dall’aver trasformato in strisce i progetti “politicamente corretti” circolati negli ultimi anni. E che il famoso ‘’contratto unico a tempo indeterminato a tutele crescenti’’ finirà per risolversi in un allungamento del periodo di prova. La sinistra, in fondo, è sempre la stessa. E’ sufficiente che, nel suo Tribunale della Sacra Rota, si rispettino i principi. Per loro fa differenza che un’assunzione avvenga a tempo indeterminato, ma con un periodo di prova di 24 mesi, piuttosto che con un contratto a termine per la stessa durata.

LA MORALE

Gli effetti sono praticamente i medesimi per il lavoratore interessato, il quale, trascorso quel periodo, può ritrovarsi ugualmente a spasso, se il datore non ritiene di stabilizzare il rapporto. Ma l’ideologia, che se ne frega della gente in carne ed ossa, deve essere rispettata.

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