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Eni, in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, ha recentemente siglato un importante accordo volto a potenziare l’occupazione giovanile nel sud della Libia. Un’area complessa, toccata sia dalle dinamiche che producono instabilità in Libia sia da quelle, a sfondo securitario, che squarciano il Sahel — dove, a causa di una complicata sovrapposizione tra il depauperamento delle condizioni di vita (connesse anche ai cambiamenti climatici) e la crescita delle predicazioni islamiche radicali, molti giovani stanno entrando a far parte dei gruppi jihadisti.

Il progetto a cui participa Eni mira a permettere intanto a 850 ragazze e ragazzi di incrementare le competenze professionali attraverso il sostegno e l’aggiornamento dei centri di istruzione e formazione tecnica e professionale (TVET) nella regione. È questo genere di impegno, che dura da anni, a permettere all’Eni di essere parte integrante non solo del sistema economico internazionale che investe in Africa settentrionale e centrale, ma anche di un più articolato tessuto socio-culturale. Ragion per cui l’azienda italiana è spesso al centro delle dinamiche di contatto tra Roma e quei Paesi.

“Questa partnership affronterà il problema della disoccupazione giovanile, facilitando l’inserimento dei beneficiari nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia e dell’industria e migliorando le prospettive dei giovani attraverso l’istruzione, la formazione e i servizi per l’impiego. I corsi verteranno anche sulle soft skill, sulla comunicazione positiva e sulla risoluzione dei conflitti, offrendo spazio alla coesione sociale tra i giovani”, spiega Eni.

L’inziativa contribuirà al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, UN-SDGs, con particolare riferimento al n. 4 (Istruzione di qualità) al n. 8 (Crescita economica) e al n. 17 (Partenariati per gli obiettivi).

Questo approccio integrato mira non solo a migliorare le capacità occupazionali dei giovani, ma anche a promuovere la coesione sociale in una prospettiva di crescita sostenibile. Questo genere di attività sono esempi individuabili per uno sviluppo cooperativo simile a quello teorizzato dal Piano Mattei, come il governo italiano chiama la strategia per l’Africa.

La Libia è un Paese sostanzialmente diviso in tre blocchi: la Tripolitania, dove si trova un governo instabile che aveva ricevuto un incarico dall’Onu ma ha fallito nel tentativo di organizzare un percorso elettorale, tuttavia vuole restare al potere; la Cirenaica, dove una porzione è dominata militarmente da una milizia che ha combattuto un precedente governo onusiano con l’aiuto anche della Russia, e che ha trovato un equilibrio con una serie di attori politici che si oppongono a Tripoli; il Fezzan, regione meridionale poco connessa alle altre due, dove vigono ancora regole familiari e tribali, oltre che le problematiche già menzionate.

Mentre la Comunità internazionale cerca di trovare una quadra unitaria, iniziative come quelle dell’Eni sono fondamentali per aumentare consapevolezza ed emancipazione anche nell’ottica futura, quando la Libia tornerà in Paese stabile e prospero, in grado di poter sfruttare le proprie capacità e risorse.

Così Eni aiuterà l’occupazione giovanile in Libia

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