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La rivendicazione dell’europeismo popolare, cristiano, comunitario. L’orizzonte dell’economia sociale di mercato fondata sulla reciprocità, sussidiarietà, centralità della famiglia nelle politiche fiscali, sanitarie, educative. Il rifiuto della torsione individualistica e verticistica prodotta dalla crisi economica. È il bagaglio di valori con cui i Popolari per l’Italia creati e guidati da Mario Mauro hanno deciso di mollare gli ormeggi per una difficile navigazione in mare aperto. Una rotta in solitaria, nel panorama partitico in fermento e in rivolgimento attorno a Partito democratico e Forza Italia. Almeno per ora, alla luce dei temi emersi nel corso della presentazione del simbolo della formazione centrista nella cornice romana del Tempio di Adriano.

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Le incognite senza risposta
Gli interrogativi riguardanti le scelte strategiche e le possibili alleanze costituiscono un fattore di incertezza e inquietudine nel progetto. Ma nessuna delle incognite è stata sciolta. Non è chiaro se prevarrà l’orientamento verso una “rinnovata casa democratico-cristiana”, verso un’improbabile unificazione con il Nuovo Centro-destra, verso una ricomposizione della spaccatura con Scelta Civica. Nessuna risposta è stata fornita sulla partecipazione al voto per il Parlamento europeo: è plausibile l’ipotesi di un’unica lista dei “popolari e liberali” per rompere un’afasia cronica già denunciata da Formiche.net?

Per ora il responsabile della difesa ha posto pochi paletti e punti fermi. Non c’è spazio per un’adesione ai principali schieramenti in campo. Non vi sono possibilità di un rientro nella rinnovata Casa delle libertà e persiste il veto espresso nei confronti di Forza Italia. L’altra certezza è il divorzio con l’UDC di Pier Ferdinando Casini, partner originario del “cantiere Popolare”, che ha optato per il nuovo centro-destra plurale. Ma che era presente all’iniziativa attraverso il segretario Lorenzo Cesa, unico ospite esterno insieme ad Angelo Sanza per il Centro democratico.

La scommessa europeista
L’atmosfera di adesione al percorso di unificazione europea accompagna ogni passaggio dell’Assemblea popolare. Mentre campeggiano i fotogrammi delle manifestazioni in Ucraina a favore dell’ingresso nell’UE, viene trasmesso un video-messaggio di amicizia di Eugenia Tymoshenko, figlia di Yulia, ex primo ministro e leader dell’opposizione al governo di Viktor Yanukovic da tre anni in prigione in regime di isolamento. È in tale cornice che il presidente dei senatori di Per l’Italia Lucio Romano prospetta l’obiettivo di una democrazia comunitaria imperniata sulla partecipazione attiva di ogni persona libera e responsabile, “ben diversa dalla democrazia assembleare che si sviluppa sul Web e superiore al dispotismo populissta che degrada la dignità umana”.

Il rifiuto del bipartitismo
È il suo collega a Montecitorio Lorenzo Dellai a illustrarne i contenuti: “Non vogliamo arrenderci a un orizzonte bipartitico di semplificazione e banalizzazione mediatica della cultura politica. Gigante dai piedi di argilla che ha egemonizzato vent’anni di vita pubblica e ha bisogno di una legge elettorale truffa per vincere e legittimare se stesso”. Ricordando come il meccanismo di voto in discussione non coniughi governabilità e rappresentanza, il parlamentare trentino promette battaglia per abbassare le soglie di sbarramento, introdurre le preferenze, disciplinare i conflitti di interesse. E preannuncia l’impegno per una revisione istituzionale non animata da logiche di risparmio, affinché il Senato rappresenti l’articolazione delle autonomie e non un neo-centralismo regionale.

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L’alternativa al trio Renzi-Berlusconi-Grillo
Contro l’Italia della scorciatoia e della spettacolarizzazione, che affida l’espressione della sua rabbia a Beppe Grillo e la propria guida a Matteo Renzi, il senatore Salvatore Di Maggio rivendica “la volontà di coniugare visione liberale e popolare per smascherare la fallacia, la superficialità e la frettolosità delle proposte del leader PD”. Perché, rimarca il sottosegretario agli affari esteri Mario Giro, non abbiamo bisogno di un nuovo o vecchio “uomo del destino”, di ricette tecnocratiche, di riforme qualunque, di isolamento dall’UE.

Rilanciare la cultura del “Noi”, dell’ascolto e del dialogo non implica, precisa il parlamentare europeo Potito Salatto, la rifondazione della Balena Bianca democratico-cristiana. Ma esprime il rifiuto di identificarsi con il trinomio Renzi-Grillo-Berlusconi cristallizzato dalle legge elettorale all’esame di Montecitorio. E prefigura “un’Europa fedele alle radici popolari dei padri fondatori, con il coraggio di riformare trattati comunitari obsoleti e rompere l’opprimente tenaglia franco-tedesca”.

Un Centro dinamico e propositivo
È così, spiega Andrea Olivero, che può concretizzarsi una moderna politica di centro. Nozione che nel linguaggio giornalistico e nella geografia partitica è spesso associata alla palude, al tatticismo, all’incoerenza, alle oscillazioni tra proclami e comportamenti. Per sconfessare tale percezione l’ex presidente delle ACLI esorta a guardare alla storia più nobile della Democrazia cristiana: “Respingere l’idea elitaria del leader illuminato e riformatore, tradurre in pratica le istanze radicate nella società con un’azione riformista che non è monopolio del PD di Renzi”.

La stella polare di Mario Mauro
Attivi nel cuore dell’opinione pubblica, solitari nel mondo partitico. Mario Mauro disegna la prospettiva di medio termine per i Popolari: “I tentativi compiuti dalla destra e dalla sinistra negli ultimi vent’anni sono falliti. Per ascoltare parole di sinistra dobbiamo far venire Alexis Tsipras dalla Grecia. Ma la strada non passa per un centro-destra ricostruito sull’impronta di vent’anni fa, un agglomerato eterogeneo e vuoto creato con attitudine camaleontica da Silvio Berlusconi con forze nazionaliste e con il Carroccio di Matteo Salvini. Non è con le campagna anti-euro e anti-Ue, né con il ribellismo anti-Stato che si risolvono i problemi di cittadini, famiglie e imprese”.

Confermando fiducia nell’“esecutivo di servizio” guidato da Enrico Letta, il ministro della difesa evoca una UE popolare che supera e abbatte frontiere e dogane, antidoto a ogni totalitarismo e scorciatoia autoritaria, alla logica nazionalista incarnata in Francia da Marine Le Pen, alla furia di idee sbagliate degli euroscettici, alla spirale distruttiva rappresentata dal populismo di Beppe Grillo. A cui però “non si può rispondere con un europeismo acritico e fideistico”.

E per l’Italia, osserva, non c’è necessità di progetti astratti elaborati a tavolino e calati dall’alto, dalle riforme istituzionali a quelle scolastiche che hanno prodotto meno diplomati, meno insegnanti e una profonda crisi educativa. Vi è il bisogno di stare al centro della vita e delle esigenze delle persone: “A partire dalla famiglia e dalla maternità, che lo Stato non deve sventolare come bandiera ideologica ma rispettare con risorse e politiche attive”. È su questo terreno che i Popolari correranno in ogni centro abitato alle elezioni amministrative di maggio.

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Il sogno terzista dei Popolari di Mauro

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