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Gli estremismi in Ue non funzionano, Meloni segua la linea Crosetto. Parla Pomicino

Il risultato elettorale polacco rende evidente il fatto che gli estremismi non siano adatti a governare. Meloni ha la possibilità, seguendo la linea del democristiano Crosetto, di “potabilizzare” i conservatori e renderli credibili per la nuova governance europea. E la Manovra? Manca la visione. Conversazione con l’ex ministro democristiano, Cirino Pomicino

La condizione di una alleanza Pd-5 Stelle secondo Pasquino

Se il Movimento 5 Stelle non è d’accordo con le posizioni che derivano dall’articolo 11 della Costituzione, che mi paiono e mi auguro essere centrali nella visione del Partito democratico e con le prospettive anche operative che ne derivano, è improbabile che nasca un’alleanza di governo dotata di senso sulla scena europea e internazionale. Sull’ambiguità non si costruisce nulla di buono, nulla di solido, nulla di accettabile. Il commento di Gianfranco Pasquino, professore emerito di Scienza Politica e accademico dei Lincei

La vittoria di Tusk in Polonia è una buona notizia per l'Ue e l'Italia. Parola di Alli

Conversazione con il presidente di Alternativa Popolare: “Meloni e Salvini dovranno prendere atto che il populismo allo stato puro alla lunga non paga. L’idea che ci sia uno spostamento al centro dell’asse del centrodestra è una notizia positiva e si colloca nella direzione auspicata anche dallo stesso Weber”

Al centro delle dinamiche internazionali c’è sempre lo Stato. L’intervento di Picotti

Di Luca Picotti

Che si tratti di conflitti freddi o caldi, le grandi partite del nostro tempo ruotano attorno alla figura esistente o ricercata dello Stato-nazione. Scrive Luca Picotti, avvocato e dottorando di ricerca presso l’Università di Udine, autore di “La legge del più forte” (Luiss)

Oltre il salario minimo, è l'ora di una grande concertazione. Scrive Bonanni

Per cambiare verso, se si ha davvero a cuore le sorti di chi lavora e dunque dell’interesse più grande del Paese, occorrerebbe un accordo di concertazione. Sì, proprio quella che ha dato in passato grandi frutti quando si sono voluti coltivare grandi propositi di interessi generali, e non quando è stata piegata a corporativismo o persino ad obbiettivi peggiori. Il commento di Raffaele Bonanni

La vera posta in gioco dopo l’agguato a Israele. Il commento di De Tomaso

È alta la posta in gioco in Medio Oriente. È alta non solo per Israele, ma per l’intero reticolo delle libertà. Ci vorrebbe un altro gigante del pensiero, come Aron, ad aprirci gli occhi. Il commento di Giuseppe De Tomaso

L’Italia tra riformismo immobile e feudalesimo di ritorno. L'opinione di Tivelli

Perché abbiamo la forte motivazione e quasi il dovere di attingere il più possibile al senso della memoria storica, soprattutto in questo Paese, con questa classe politica, in cui emergono man mano grandi tormentoni e confronti che in ogni occasione sembrano nati per la prima volta. I problemi invece vengono da lontano e spesso da molto lontano. Il commento di Luigi Tivelli

E se sull’Italia stesse per incombere la tempesta perfetta? Scrive Sisci

La guerra a Gaza, sommata al perdurare della guerra in Ucraina, garantisce il governo. Ma sta emergendo una spaccatura culturale profonda in mezzo all’Europa su quale atteggiamento tenere con Israele e Hamas

L’Ulivo e il campo largo? Dal giorno alla notte. Scrive Merlo

Quando sentiamo fare certi paragoni e confronti è bene non cadere nella trappola o nella propaganda. Perché un conto era la coalizione riformista, di governo e plurale dell’Ulivo. Mentre è tutt’altra cosa la sommatoria della sinistra radicale e massimalista con il populismo in versione italiana. Il commento di Giorgio Merlo

Perché la separazione della carriere è un atto di civiltà

A chi ci chiede quando sia il momento giusto per arrivare a questa riforma, noi rispondiamo “ieri”. Separare le carriere dei magistrati rappresenterebbe il completamento logico e cronologico del percorso di riforma iniziato nel 1989 con il nuovo Codice di procedura penale di Giuliano Vassalli, che ha segnato il passaggio dal rito inquisitorio al rito accusatorio. Il commento di Giuseppe Benedetto, presidente Fondazione Luigi Einaudi

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