Che il nome di Nicola Zingaretti, al netto delle dichiarazioni pubbliche, sia ancora in ballo – al punto da essere anzi considerato da molti il candidato in pectore – lo conferma il riserbo che ancora aleggia attorno alle intenzioni di Roberto Gualtieri. E il centrodestra? L’impressione è che la scelta sia ancora in alto mare e che agirà di rimessa, solo dopo la mossa del Pd
Nicola Zingaretti è tentato. Fortemente tentato. Nonostante le smentite a volte più decise e altre molto più sfumate, il presidente della Regione Lazio sta seriamente pensando di correre per il Campidoglio. Una candidatura ovviamente molto competitiva, in grado di rimescolare le carte in vista del voto del prossimo autunno, che farebbe certamente felice Enrico Letta, consapevole, come ha affermato testualmente, di giocarsi nella capitale “l’osso del collo“.
Che il nome di Zingaretti, al netto delle dichiarazioni pubbliche, sia ancora in ballo – al punto da essere anzi considerato da molti il candidato in pectore del centrosinistra alle elezioni capitoline – lo conferma peraltro il riserbo che ancora aleggia attorno alle intenzioni di Roberto Gualtieri. L’ex ministro dell’Economia e delle Finanze di fatto, secondo i rumors trapelati in queste settimane, avrebbe deciso ormai da oltre un paio di mesi, già da prima della caduta del governo guidato da Giuseppe Conte, di tentare la corsa verso il Campidoglio. Intento, però, ancora non ufficializzato. O meglio, Gualtieri ci è andato vicino al momento del varo della segreteria Letta, che però, all’arrivo al Nazareno, stoppò almeno per il momento l’operazione.
E per quale ragione l’ex parlamentare europeo non avrebbe ancora messo nero su bianco la sua partecipazione alle primarie romane? Appunto perché ci sarebbe ancora in campo, forte, l’ipotesi che alla fine possa esserci effettivamente Zingaretti, la cui eventuale candidatura naturalmente farebbe desistere Gualtieri. Il quale nei prossimi giorni, ha riferito questa mattina Repubblica, dovrebbe incontrare Letta, forse proprio per annunciare il suo passo indietro o di lato.
Dalle parti del Pd la speranza, per la verità al momento assai vaga, è che possa fare lo stesso pure Carlo Calenda che in un primo momento aveva lasciato intendere di potersi ritirare nell’ipotesi di una candidatura di livello – quale sarebbe appunto quella del presidente della Regione Lazio – ma che nelle ultime settimane ha invece detto di voler essere in campo comunque. In ogni caso. Zingaretti o no.
Ed è quasi scontato pensare che rimarrà della partita pure Virginia Raggi, da quest’estate coerente nell’affermare di voler tentare il bis, nonostante le pressioni esterne e interne cui è stata sottoposta per farla ritirare. A questo punto è difficile immaginare che possa desistere, al netto delle difficoltà che pure rimangono. Il gruppo in Assemblea Capitolina si è assottigliato sempre di più, mentre il dissenso interno è andato crescendo, sia in Campidoglio che nei municipi amministrati dai cinquestelle. Raggi però ha tenuto duro, pure a fronte della notizia di un paio di mesi fa che difficilmente non avrà interpretato come una sorta di accerchiamento.
Mentre la sindaca era intenta a difendere la sua amministrazione e la sua ricandidatura, il Movimento 5 Stelle è entrato in maggioranza alla Regione Lazio, nella squadra guidata da Zingaretti che è sempre stato un suo acceso critico e che ora potrebbe sfidarla per il Campidoglio. Ma non solo, perché a entrare nella squadra regionale è stata per di più Roberta Lombardi (oltre all’altra grillina Valentina Corrado), storica e acerrima rivale di Raggi con cui è in contrapposizione fin da prima dell’elezione di quest’ultima a prima cittadina della capitale.
Un allargamento che, comunque lo si guardi, la dice lunga sulla sintonia esistente tra l’ex segretario del Pd e un pezzo non irrilevante del movimento (a partire peraltro da Giuseppe Conte). Tutto questo conterà nell’eventuale competizione romana tra Raggi e Zingaretti?
Difficile escluderlo: ad esempio, potrebbe incidere nella composizione delle liste elettorali, compresa la civica nella quale potrebbero confluire i malpancisti romani del movimento che si oppongono alla ricandidatura di Raggi. A maggior ragione se i due partiti, Pd e cinquestelle, decidessero di presentarsi insieme alle elezioni per la Regione Lazio che le dimissioni di Zingaretti innescherebbero. In questo senso il nome del candidato unitario potrebbe persino essere quello della stessa Lombardi, nonostante in molti dicano che ci starebbe pensando fortemente anche l’attuale assessore alla sanità Alessio D’Amato, forte pure dei risultati ottenuti nel fronteggiare la pandemia e nel far procedere la campagna vaccinale.
E il centrodestra? L’impressione è che la scelta sia ancora in alto mare e che agirà di rimessa, solo dopo che il centrosinistra avrà annunciato le sue decisioni. Negli ultimi giorni si è fatto nuovamente spazio il nome del magistrato Simonetta Matone mentre rimangono sullo sfondo le figure di Guido Bertolaso e, molto più defilata, di Andrea Abodi. Se dovesse alla fine, invece, prevalere l’opzione politica, i partiti potrebbero convergere su Chiara Colosimo (qui una sua conversazione con Formiche.net) consigliera regionale di Fratelli d’Italia e braccio destro di Giorgia Meloni. Ancora qualche settimane e, forse, sapremo.