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Vi spiego perché il successo del Pnrr passa (soprattutto) dai comuni. Parla Del Bono

Del Bono

Intervista al sindaco di Brescia ed esponente dem, Emilio Del Bono: “Le modalità di accesso alle risorse del Recovery Fund non passino esclusivamente attraverso il canale delle regioni, perché ciò allungherebbe i tempi e burocratizzerebbe i processi”. Sì al green pass sui luoghi di lavoro e all’obbligo vaccinale per il corpo docente nelle scuole. “Il Pd? Deve fare il partito di Mario Draghi”

“Il ruolo dei comuni nella gestione del Recovery Fund non può essere ancillare, ma deve essere strategico”. E ancora, sulle sfide che attendono il Pd: “Dobbiamo essere il partito di Mario Draghi“. Per concludere sulla proposta di utilizzo del green pass all’interno dei luoghi di lavoro: “Personalmente sono favorevole. E penso anche che sia necessario prevedere l’obbligo di vaccinazione per il personale docente nelle scuole”.

Parola di Emilio Del Bono, che dal 2013 guida il comune di Brescia, per popolazione il secondo della Lombardia dopo Milano. “Quando parliamo di Pnrr, la prima questione da considerare attiene alle modalità di accesso alle risorse in arrivo da Bruxelles: da sindaci auspichiamo che non passino esclusivamente attraverso il canale delle regioni, perché ciò allungherebbe i tempi e burocratizzerebbe i processi”, ha commentato ancora Del Bono, che in passato ha ricoperto per tre legislature l’incarico di parlamentare e, in precedenza, quello di segretario provinciale a Brescia, prima con la Democrazia cristiana e poi con il Partito popolare italiano.

In secondo luogo – ha proseguito l’esponente Pd – “ci auguriamo che le risorse del Recovery Fund vengano davvero destinate al varo di politiche che comportino una trasformazione positiva dei territori. Dall’assetto idrogeologico alla rigenerazione urbana, dalle bonifiche ambientali alla depurazione delle acque, fino alla mobilità sostenibile: l’impegno deve essere questo”. Aspetto ribadito da Del Bono anche nel corso dell’iniziativa dal titolo “#RestartLombardia. Sfide e priorità per il rilancio dell’economia regionale”, organizzata dall’Istituto per la Competitività (I-Com) con la media partnership di Formiche (qui l’integrale del dibattito e qui il Policy Brief redatto dai ricercatori dell’istituto).

Del Bono, e sulle riforme strutturali che dovranno accompagnare il Pnrr?

Mi permetto di dire che per quanto ci riguarda siamo ancora indietro, nel senso che i comuni hanno due problematiche non indifferenti da affrontare.

Qual è la prima? 

Per spendere i fondi bisogna saper progettare ed eseguire le procedure, ma c’è un tema di risorse umane: per svolgere queste attività occorrono competenze adeguate. Dobbiamo poter assumere le professionalità in tal senso necessarie, altrimenti rischiamo la paralisi. Anche perché il blocco delle assunzioni ha pure alzato in misura rilevante l’età media dei dipendenti dei comuni.

E il secondo problema?

E’ la sovrapposizione di competenze prevista dalle diverse procedure amministrative. Ci sono le regioni, le province, i comuni, gli organi di controllo e via dicendo. Una sovrabbondanza che finisce con l’allungare i tempi a dismisura: una conferenza decisoria deve avere un termine definito, un parere della sovrintendenza deve essere dato in un tempo certo. Non possiamo vivere nella perenne attesa che enti sovraordinati o organi di controllo si esprimano.

Senta sindaco, ma perché in ottica Paese è così importante che i comuni siano protagonisti in questa fase?

Perché si tratta degli enti che danno la maggiore certezza di riuscire a spendere per tempo le risorse del Recovery Fund. Bisogna passare attraverso i comuni, non c’è alternativa. Non è una questione di potere. Lo ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che “i comuni sono il tessuto connettivo del nostro Paese“. Se è così, e sono convinto che lo sia, è lecito attendersi che questo dato venga adeguatamente tenuto in considerazione. Il nostro ruolo non può essere ancillare, ma deve essere strategico.

Però siete stati recentemente inseriti, insieme alle province, nella cabina di regia sul Pnrr e Mario Draghi ha anche incontrato il presidente Anci Antonio Decaro. Qualcosa si muove?

Siamo convinti che Draghi abbia ben chiari questi temi. Da parte nostra posso dire che nutriamo grande fiducia nei suoi confronti vista la sua competenza e lungimiranza. Ma c’è un però.

Quale?

Le questioni, come dicevamo, vanno oltre la composizione della cabina di regia. Bisogna capire come saranno proceduralizzati i processi di spesa, chi farà i bandi e in che modo li costruirà. In questi anni le regioni l’hanno fatta da padrone: si sono prese spazi troppo estesi in danno del ruolo dei comuni, che spesso si sono trovati a confliggere non solo con il centralismo statale ma pure con quello regionale.

Sul versante sanitario, invece, cosa ne pensa della proposta di estendere il green pass ai luoghi di lavoro?

Vaccinarsi, vaccinarsi, vaccinarsi. Questa è la soluzione. Sono contento che nella provincia di Brescia le prime vaccinazioni abbiamo superato il 75% della popolazione. Non possiamo permetterci di chiudere in autunno. E’ la condizione necessaria per tenere aperti i ristoranti, i cinema, gli stadi e le palestre, come siamo determinati a fare.

Quindi sì su tutta la linea al green pass?

Piuttosto che chiudere è meglio il green pass. Mi pare sia anche nell’interesse degli operatori economici che dovrebbero invece temere la chiusura o il lockdown anche parziale. Il green pass è uno strumento, un passaporto, di libertà.

E nei luoghi di lavoro?

Personalmente sono favorevole. E penso anche che sia necessario prevedere l’obbligo di vaccinazione per il personale docente nelle scuole.

In chiusura, una domanda un po’ più politica: come sta interpretando, a suo avviso, il Pd questa fase di sostegno al governo di Mario Draghi?

Io ho un’opinione molto semplice al riguardo, persino schematica: dobbiamo essere il partito di Draghi. Tutto il resto fa parte di una discussione molto teorica.

In che senso?

Essere il partito di Draghi oggi vuol dire essere il partito europeista, filo-atlantista e di stabilità istituzionale del Paese. Questo dobbiamo fare: semplificando, i tifosi di Draghi.

Ritiene che Enrico Letta sia la persona giusta per interpretare questa linea?

Assolutamente. Deve farlo, ne ha tutte le condizioni culturali. La sua storia lo spinge naturalmente in questa direzione, sono certo che non possiamo avere una posizione diversa da questa.

Finora non è stato fatto abbastanza?

Ci vuole forse più convinzione nel farlo comprendere anche all’esterno.

 

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