L’acquisizione di un player australiano da parte del gigante americano Albemarle rende il mercato meno soggetto all’influenza cinese. L’accordo sarebbe la seconda grande acquisizione dell’anno nell’industria, che si sta trasformando con il progredire della transizione energetica
Liontown Resources Ltd., azienda australiana che opera nel mercato del litio, ha dichiarato di essere disposta a sostenere una nuova offerta di acquisto da 6,6 miliardi di dollari australiani (4,3 miliardi di dollari statunitensi) da parte di Albemarle Corporation, il più grande operatore minerario del settore da una capitalizzazione borsistica di circa 24 miliardi di dollari e circa 200.000 tonnellate di capacità produttiva di carbonato di litio equivalente (Lce) nel 2022.
L’offerta di Albemarle sarebbe di $3 per azione, “la migliore e definitiva” secondo l’azienda in assenza di un’offerta da parte di potenziali concorrenti. Il board dell’australiana Liontown, guidato da Tim Goyder, ha comunicato che accetterà l’offerta qualora venisse formulata come takeover vincolante, con un voto favorevole del consiglio di amministrazione.
“L’operazione è coerente con la crescita a lungo termine di Albemarle e con la sua strategia di fusioni e acquisizioni, nonché con il suo approccio disciplinato all’allocazione del capitale e all’accrescimento del valore corretto sul rischio”, ha dichiarato l’azienda in un comunicato stampa.
Secondo le stime dell’azienda, in soli otto anni la domanda globale di Lce potrebbe aumentare del 500%, passando dalle 800.000 tonnellate del 2022 a quasi 3,7 milioni entro il 2030.
Secondo gli analisti di Citigroup, l’offerta di Albemarle segnala la volontà del maggior produttore mondiale di assicurarsi maggiore capacità produttiva ad un prezzo maggiorato, condividendo al contempo uno scenario rialzista, a lungo-termine, sui prezzi del litio che è sempre più richiesto dalle industrie downstream per le batterie, con i veicoli elettrici (Ev) e gli accumulatori energetici che ne traineranno la domanda nei prossimi decenni davanti alle applicazioni dell’elettronica di consumo (smartphone, tablet etc.).
Produttori di auto elettriche, come Tesla, e grandi brand automobilistici che stanno implementando le proprie strategie di elettrificazione, come Volkswagen, General Motors, Bmw e Stellantis, sono in corsa per accaparrarsi le forniture dell’oro bianco, stringendo accordi, joint venture e investendo (ma ancora in quantità insufficienti) i capitali direttamente nel settore minerario. Nel frattempo, i grandi produttori di batterie, come Catl e Samsung Sdi, si contendono a colpi di strategie e innovazione il mercato che trainerà la domanda di litio.
Liontown controlla due depositi di litio situati nell’Australia occidentale, con la produzione prevista per la metà del 2024 per il progetto di Kathleen Valley, uno dei siti più promettenti a livello mondiale per quantità e qualità di litio contenuto nei minerali rocciosi. Liontown aveva già stretto accordi di fornitura con importanti OEMs del settore automotive, come Ford e Tesla, oltre a produttori di batterie come la coreana LG Chem.
L’accordo seguirebbe il merger di due altri grandi produttori di litio, l’americana Livent e l’australiana Allkem che lo scorso maggio hanno unito gli sforzi per creare un gigante del settore da circa 11 miliardi di dollari di valutazione borsistica. La produzione combinata delle attività di Allkem e Livent costituirebbe il quinto produttore di litio raffinato nel 2022, dopo Sqm, Albemarle, Ganfeng Lithium e Tianqi Lithium, con una produzione totale di circa 34.000 litio carbonato equivalente (Lce). Nel 2021, Albemarle, Sqm, Livent e le due cinesi Ganfeng e Tianqi rappresentavano, circa, il 50% della capacità mondiale di raffinazione.
Albemarle è già presente nel settore minerario australiano, con impianti di estrazione e conversione di litio nell’Australia occidentale. Gestisce, insieme a Talison Lithium (controllata da Tianqi), la più grande miniera da spodumene roccioso a livello globale, nel sito di Greenbushes, responsabile del 38% dell’offerta mondiale nel 2021 secondo Wood MacKenzie. L’azienda americana produce, in partnership con l’australiana Mineral Resources, nel sito di Kemerton idrossido di litio con una capacità di circa 50.000 tonnellate all’anno e sta inoltre pianificando un impianto analogo in Nevada, negli Stati Uniti.
Secondo le stime di Benchmark mineral intelligence, lo scorso anno il mercato globale del litio valeva circa 48 miliardi di dollari, una crescita esponenziale rispetto ai soli 1.6 miliardi del 2015. I prezzi del metallo sono rimasti molto volatili negli ultimi anni, con le aziende minerarie che hanno dovuto sopportare un aumento dei costi di produzione per espandere le attività estrattive e produttive. Tuttavia, nell’ultimo quadrimestre si sono dimezzati rispetto al picco raggiunto alla fine dello scorso anno. Ciò ha comportato un calo del valore delle azioni di alcuni operatori, contribuendo ad alimentare un’ondata di operazioni in un mercato fondamentale per la transizione energetica.
Il litio, inoltre, nell’attuale geografia dell’estrazione rischia di diventare un asset al centro di contese geopolitiche, oltre ad essere target del “nazionalismo delle risorse”, con il Cile (secondo produttore mondiale, dietro l’Australia) che ha svelato una nuova politica mineraria nazionale che preoccupa non poco gli operatori privati del settore, mentre altri paesi sud-americani (Argentina, Bolivia) che cercano di sviluppare le proprie risorse nazionali beneficiando di investimenti esteri, tra cui Cina e Russia.
Diversamente, l’Australia presenta un sistema regolatorio più stabile, prevedibile e che attira investitori stranieri (principalmente compagnie minerarie) che hanno portato il paese a diventare, in pochi anni, il principale produttore di litio a livello mondiale con circa il 45% dell’output minerario. Inoltre, alcuni executives delle grandi aziende del settore guardano al continente per sviluppare una supply chain integrata, dall’estrazione alla raffinazione. L’offerta di Albemarle segue quella che SQM, operatore cileno, ha avanzato per Azure Minerals, da circa 998 milioni di dollari. Insieme a Westfarmes, SQM sta costruendo una raffineria di litio a Kwinana e un sito di estrazione a Mt Holland.
Tuttavia, contando su una strategia aggressiva di acquisizione di asset all’estero, la Cina controlla ancora il 67% della raffinazione del litio in prodotti chimici che siano compatibili per la produzione dei catodi delle batterie elettriche. Per spezzare questo dominio e controllo, gli Stati Uniti contano sull’alleanza con l’Australia con cui hanno firmato un accordo dedicato, mentre l’Unione Europea è stata invitata dal primo Ministro australiano ad accelerare le trattative per un accordo di libero scambio che possa facilitare gli investimenti europei e gli accordi lungo la filiera. L’Australia è già, invece, in possesso di un free trade agreement con gli Usa, che rende gli operatori australiani potenzialmente esigibili per accedere agli incentivi dell’Inflation Reduction Act. Secondo le stime S&P, l’Ira aumenterà la domanda di litio e altri materiali critici (nichel, cobalto e grafite) del mercato ameircano.
In seguito all’acquisizione di Albemarle, gli Stati Uniti non potranno che beneficiare della nuova configurazione del mercato: con il consiglio di amministrazione di Liontown Resources conquistato e il blocco, da parte delle autorità australiane, dell’acquisizione del deposito di Bald Hill da parte di un’entità cinese nei confronti di Mineral Resources, Usa e Australia dimostrano una chiara visione d’intenti.
Il desiderio del governo federale di attirare investitori stranieri alleati o “like-minded” nel settore dei minerali critici sarà comprovato dagli accordi preliminari conclusi. Albemarle dovrebbe essere risparmiata dallo scrutinio da parte del Foreign Investment Review Board (Firb) che ha fatto deragliare il tentativo di Austroid Corporation di acquistare Bald Hill. Infatti, Albemarle aveva già ottenuto l’approvazione del Firb quando acquisì metà della miniera di litio nel sito di Wodgina di Mineral Resources nell’Australia occidentale.