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Arrivano i libici a Roma. L’opinione di Sisci

Il punto sostanziale delle ultime vicende tra Italia e Libia è che l’autentico peso della forza italiana nel Paese è minimo, nonostante Roma abbia interessi strategici enormi (energia e migranti). L’opinione di Francesco Sisci

Lo raccontano nei libri di scuola: nel Rinascimento quando i comuni indipendenti si piegarono all’impiego di soldati di ventura, i condottieri si appropriarono dei comuni stessi. Così le città perdettero per mano dei mercenari quella indipendenza che avevano fieramente ottenuto combattendo gli imperatori germanici.

Non era una novità. Nel 410 Alarico saccheggiò Roma perché, diceva, non era stato pagato abbastanza. Nel 1204 furono i Veneziani a saccheggiare la seconda Roma, Costantinopoli, sempre dichiarando di non essere stati pagati abbastanza.

È la morale di ogni guerra. I soldi servono a saldare gli assoldati, ma poi serve il controllo degli armati altrimenti essi non aspettano a essere pagati ma si prendono direttamente la zecca.

È anche la morale spietata della politica italiana in Libia. Nel Paese nordafricano oggi ci sono circa 20mila truppe turche, duemila mercenari russi e forse un centinaio di italiani. Roma compra il petrolio con l’Eni, fornisce aiuti per fermare il flusso di migranti, ma non governa il territorio con le sue forze. Quindi la guida vera sul campo è nelle mani di turchi e russi, che fanno quello che vogliono ricattando, mettendo pressioni sull’Italia inerme.

In poche parole, è tutta qui la vicenda che sta infiammando la stampa italiana riguardo il ministro Matteo Piantedosi, il generale libico Almasri eccetera. Il punto sostanziale è che l’autentico peso della forza italiana in Libia è minimo, nonostante Roma abbia interessi strategici enormi (energia e migranti). Perciò l’Italia è un bancomat più o meno indiretto per turchi e russi passando da predoni libici.

Può andare bene così. Ma in tali condizioni l’Italia deve mettere in conto che i prelievi del bancomat aumenteranno col tempo, come le richieste dei condottieri medievali o di qualunque mercenario al mondo. Oggi sicuramente i predoni di Tripoli non sono in grado di sbarcare a nord. Ma affermano il controllo della loro sponda del Mediterraneo.

Resteranno lì? Perché uno dovrebbe accontentarsi della paghetta quando può avere tutto il portafogli? E se l’Italia non si prende cura diretta dei suoi interessi perché gli alleati dovrebbero farlo per essa? O se lo fanno a quel punto forse conviene prendere il controllo diretto della penisola italiana, non solo della Libia.

Questa la realtà che Roma deve affrontare, piaccia o meno.

Certo, messa così, è proprio antipatica, ma forse coi giri di parole non si va da alcuna parte


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