Al 36° Congresso Nazionale Forense di Torino, l’avvocatura riflette sul futuro della Giustizia tra riforme, etica e Intelligenza artificiale. Centrale il valore umano della professione, simbolo di libertà e democrazia. In primo piano, il richiamo a un uso etico della tecnologia e alla tutela della dignità forense
Quale futuro per la Giustizia e per la società? Tra separazione delle carriere dei magistrati e riforma dell’ordinamento professionale forense, riduzione dei tempi processuali e emergenza carceraria, l’avvocatura riflette sul proprio futuro e sull’intelligenza artificiale. Sfida non aggirabile né da rifiutare ma da governare, per una figura insostituibile in uno stato di diritto.
Al trentaseiesimo Congresso, promosso dal Consiglio nazionale forense dal 16 al 18 ottobre scorso a Torino, dal titolo “L’avvocato nel futuro. Pensare da legale, agire in digitale”, si tracciano visioni e speranze, guardando alle potenzialità dell’intelligenza artificiale senza dimenticare una Giustizia sempre “umana”. Funzione primaria dello Stato, sociale oltre che giuridica. Baluardo di democrazia e libertà e interprete, nella Storia, di istanze della società, prima ancora che recepite dalle norme, l’avvocatura è consapevole del profondo cambiamento in atto.
Il congresso piemontese, con tutte le componenti forensi, ha accolto magistrati, rappresentanti delle istituzioni e del mondo accademico, scientifico e politico, nella città che ha visto valorosi giuristi e in cui, nel 1883, Lidia Poët è stata la prima donna del Regno d’Italia iscritta all’albo, poi esclusa dall’esercizio forense, per ragioni culturali più che giuridiche. Riammessa dopo la legge del 1919 che ha aperto finalmente alle donne le porte del foro, Poët ha abbattuto pregiudizi e superato stereotipi, a beneficio delle donne e della società, attraversando una lunga battaglia personale e professionale.
L’avvocatura guarda al futuro senza dimenticare il passato. Durante il Congresso, grande commozione è nel ricordo di Fulvio Croce. Esempio di autorevolezza, cultura giuridica e umana, da presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, nel 1977, assumeva la difesa d’ufficio dei brigatisti imputati nel maxiprocesso che avevano rifiutato l’assistenza legale, mirando ad invalidare il processo. Nello stesso anno, è assassinato da appartenenti al nucleo storico delle Brigate Rosse e gli verrà conferita la Medaglia d’oro al valor civile alla memoria.
La sua toga, sinora custodita a Venezia, è restituita, insieme al tocco, all’Ordine torinese, per essere custodita presso la Fondazione intitolata al giurista.
Un’iniziativa simbolica di grande significato. Come ricordava l’insigne giurista Piero Calamandrei, “la toga raccoglie anche le lacrime degli assistiti”. “L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Tutti vedono nella toga il vigile simbolo di questa speranza”. Una professione che non può prescindere, dunque, dal cuore e dalla passione, oltre la competenza. E, intorno a quella toga, al Congresso di Torino l’avvocatura si è riconosciuta nella propria identità più autentica, intorno a valori comuni e sempre attuali, in una dimensione profondamente umana.
Grande partecipazione all’evento, circa 2500 delegati e congressisti, nelle tre intense giornate di lavoro, dunque, per interrogarsi su benefici e potenzialità, rischi e limiti delle nuove frontiere tecnologiche, ma anche sul ruolo dell’avvocato in ambito processuale, attività stragiudiziali e consulenza legale, per un rinnovamento della professione e rafforzate garanzie per i cittadini, procedure più snelle e trasparenti.
In un contesto in crisi, con riduzione del numero degli iscritti, in prevalenza giovani e donne, disaffezione per l’attività forense e disparità reddituali di genere, secondo le ultime rilevazioni di Cassa forense-Censis, quale possibile futuro per l’avvocato e per la professione, in un percorso di innovazione e sostenibilità?
Il rilancio della professione dipende, soprattutto, dagli stessi avvocati. “Dobbiamo riconquistare, noi stessi, l’orgoglio della nostra professione, dobbiamo avere la consapevolezza che noi ci occupiamo dei diritti dei cittadini, su cui si fonda lo Stato di diritto. Dobbiamo amare la nostra professione”, sono le parole del presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, che sul palco chiama Maria Masi, prima donna alla guida del Cnf nella precedente consiliatura.
La normativa italiana sull’Intelligenza artificiale, prima tra i Paesi europei, è in vigore dal 10 ottobre, in attuazione del regolamento europeo “AI Act”. Obiettivo, assicurare uno sviluppo etico, sicuro e conforme ai principi costituzionali delle tecnologie di nuova generazione. Per un approccio “antropocentrico” al servizio dell’uomo, nel rispetto dei diritti fondamentali, della dignità e delle libertà individuali. Nelle professioni intellettuali, dice la legge, l’AI può essere utilizzata come strumento di supporto, senza mai sostituire l’apporto umano e fiduciario (art.13) e può semplificare il lavoro amministrativo, ma non sostituire l’attività valutativa e decisionale del giudice (art.15).
La cornice legislativa è sufficiente a svelare il volto enigmatico dell’intelligenza artificiale? Un mondo di apparenza plausibile, specchio di un’elaborazione priva di valutazione, principi, contesto, che non può essere sottratto alla verifica umana e al primato del diritto.
L’“algoritmo” è già entrato negli studi legali. Etica, responsabilità e protezione dei dati sono alcuni punti ritenuti focali per riflettere, per costruire una “algoretica” fondata su diritti, trasparenza e supervisione umana costante, come sottolinea Simona Grabbi, presidente dell’Ordine di Torino.
Secondo un’indagine condotta da Ipsos per il Cnf, il 36% degli avvocati usa l’Intelligenza artificiale ma il 72% non la ritiene in grado di interpretare correttamente leggi e precedenti. Per sette avvocati su dieci, l’IA non è ancora in grado di interpretare correttamente leggi e precedenti giurisprudenziali, né di produrre elaborati giuridici attendibili. Inoltre, otto su dieci ne temono l’uso nei processi e auspicano trasparenza e tutela dei dati. La rilevazione, tuttavia, varia sensibilmente in base all’età degli intervistati e alle materie trattate.
In un periodo complesso a livello globale, le proposte dell’avvocatura partono con messaggi forti e chiari, guardando anche ad una professione più attrattiva per le giovani generazioni.
In apertura del Congresso, è ovazione da parte dell’assemblea per l’appello del presidente Greco alla politica. Modificare le norme della riforma Cartabia. Una riforma che “ha snaturato il rito civile trasformandolo in un processo senza il processo, prevedendo un contraddittorio senza contraddittori, un dibattimento senza alcuno che dibatte, con un sistema che consente un abuso della trattazione scritta”.
Un confronto sinergico, per una funzione che “assolve un principio alla base della nostra civiltà giuridica, il diritto di difesa come baluardo contro ogni forma di arbitrio”, afferma la presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni, in videomessaggio. Il guardasigilli Carlo Nordio assicura interventi su oralità, parametri forensi e organici. Mentre Ciro Maschio, presidente della Commissione Giustizia della Camera, assicura che, dopo il Pnrr, il processo tornerà alla sua normalità. E il vice ministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto ribadisce il senso dell’oralità del processo come fondamento di un “neo-umanesimo giudiziario”.
Magistratura e avvocatura concorrono insieme ad una medesima cultura di giustizia. Deontologia, autonomia e indipendenza sono i principi comuni per una giustizia umana, è il messaggio dei rappresentanti della magistratura intervenuti.
Nella giornata di chiusura è rinnovato, per il triennio 2025-2028, l’Organismo Congressuale Forense, a guida del coordinatore uscente Mario Scialla che, nel saluto, evidenzia l’impegno profuso, durante il proprio mandato, in una dialettica interna caratterizzata da sobrietà, per risultati condivisi tra le rappresentanze dell’avvocatura.
Tante le mozioni presentate al Congresso. Le specifiche linee approvate definiscono le politiche del futuro. Tra queste, oltre l’imperativo di una tecnologia sotto il controllo umano, modifiche alla riforma Cartabia per il processo civile e penale, ampliamento delle competenze forensi, misure per arbitrato e mediazione, riforma della giustizia di pace e del processo di famiglia. Forte il messaggio a tutela della dignità dell’avvocato, dell’equilibrio vita-lavoro e revisione dei compensi.
Una “rifondazione culturale” in grado di rilanciare i valori e gli ideali dell’avvocatura nell’era della tecnologia e del digitale, secondo l’auspicio della presidente di Cassa Forense, Maria Annunziata, da parte di una filiera coesa tra tutte le istituzioni forensi.