Un sindacato-partito, come è diventato la Cgil, ha poco a che fare con la difesa degli interessi dei lavoratori, con il confronto civile e democratico con le parti sociali e il Governo. Ed è proprio di fronte a questo scenario che emerge in tutta la sua chiarezza il ruolo, la funzione e la “mission” di un sindacato come la Cisl. Cioè di una organizzazione sociale pragmatica, che fa della contrattazione la sua ragion d’essere e, soprattutto, con il Governo di turno
Potremmo concludere la riflessione sul ruolo e la funzione del sindacato nella vita democratica contemporanea del nostro paese con poche parole. E cioè: per fortuna che esiste la Cisl.
E lo dico senza alcuna piaggeria e, tantomeno, senza alcuna forzatura. Perché si tratta di una affermazione abbastanza oggettiva in quanto parte dalla realtà e si limita a fotografare una realtà.
Una realtà, infatti, che ci trasmette uno scenario abbastanza chiaro.
Esiste un sindacato, la Cgil di Landini, che ormai – e da molto tempo, come ovvio – è un partito a tutti gli effetti.
La quarta gamba del “campo largo”. Ovvero, la sinistra radicale e massimalista della Schlein, la sinistra estremista ed ideologica del trio Fratoianni/Bonelli/Salis, la sinistra populista e demagogica dei 5 stelle di Conte affiancata, appunto, dal pan sindacalismo altrettanto massimalista della Cgil.
Un sindacato/partito che ha poco a che fare con la difesa degli interessi dei lavoratori, con la contrattazione nazionale e locale, con il confronto civile e democratico con le parti sociali e il Governo, con la concreta soluzione ai problemi che riguardano i ceti popolari e con le persone e i lavoratori che sono realmente in difficoltà.
E questo perché l’unico, esclusivo e totale obiettivo è quello, adesso, di abbattere il governo Meloni, di costruire l’alternativa politica al centro destra e, sopratutto, di bloccare l’intero paese facendo ricorso sistematico allo sciopero nazionale e locale spezzando qualunque ipotesi di patto con le parti sociali e con le istituzioni. Appunto, l’unico ed esclusivo obiettivo è quello di coltivare e perseguire la “rivolta sociale”.
Che, purtroppo, e come da copione, sconfina anche e soprattutto nella violenza di piazza come possiamo registrare settimanalmente in quasi tutta Italia.
Ed è proprio di fronte a questo scenario che emerge in tutta la sua chiarezza il ruolo, la funzione e la “mission” di un sindacato come la Cisl.
Cioè di una organizzazione sociale pragmatica, che fa della contrattazione la sua ragion d’essere, che crede nel confronto e nel dialogo democratico e civile con le altre parti sociali e, soprattutto, con il governo di turno. Infine, un sindacato che storicamente pratica e coltiva l’approccio riformista.
Appunto, l’esatta alternativa della Cgil, del suo massimalismo sindacale e del suo estremismo politico ed ideologico.
Del resto, la Cisl in tutto il suo lungo, ricco e fecondo percorso sindacale – da Pastore nel 1950 passando attraverso le gestioni, solo per citare alcuni protagonisti, di Storti, Macario, Carniti, Marini, D’Antoni, Furlan e Sbarra – non è mai stato un protagonista politico o, peggio ancora, partitico.
Non ha mai coltivato e praticato la strada della costruzione di un progetto politico all’interno uno schieramento, di una coalizione o di una alleanza.
Certo, nella sua tradizione non esiste la concezione della “cinghia di trasmissione” con il partito di riferimento.
Cioè con il principale partito della sinistra italiana. Ieri il Pci e oggi il Pd. E la gestione di Daniela Fumarola, in coerenza con l’intera storia sindacale e culturale della Cisl, ha sin da subito evidenziato le costanti del tradizionale “sindacato bianco”.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, per fortuna che oggi abbiamo la Cisl. Cioè un sindacato che continua, come sempre, a fare il sindacato. Di sindacati/partiti, francamente, non ne sentiamo il bisogno.