Il piano Witkoff non ha sostegno fuori da Washington ed è criticato in Europa, America e Asia. È percepito come una capitolazione alla Russia, trasformandosi di fatto in una vittoria politica russa. Una pace vista come umiliazione dell’Ucraina favorisce solo Mosca e mette a rischio gli stessi Usa. L’analisi di Francesco Sisci
Non è chiaro come finirà la proposta dell’accordo di pace, il piano Witkoff, presentato dagli Usa all’Ucraina e al centro di polemiche infuocate da ogni angolo del pianeta. Date le passate giravolte americane, è possibile che ce ne siano altre. Ci sono vari aspetti da considerare e nessuno di essi ha un vincitore se non la Russia del presidente Vladimir Putin. Per questo è possibile che non vada in porto.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è in difficoltà interna, perciò può fargli comodo ergersi a difensore della nazione mentre l’America vuole piegarlo. Lo può aiutare a recuperare consensi. Viceversa, piegarsi, significa che verrà travolto dalle polemiche e rischierà il linciaggio.
L’accordo è estremamente vago, quindi l’applicazione sarebbe molto difficile. Non è chiaro, se anche ci fosse la firma, quando ci sarebbe un cessate il fuoco su tutto il fronte. Ci potrebbe essere il paradosso di un accordo firmato senza la pace sul campo.
In America, c’è disordine in casa del partito repubblicano. Il partito ha recentemente perso tre elezioni su tre, il gradimento del presidente Donald Trump è minimo, lo scandalo Epstein incombe. Potrebbe essere interesse di Trump avere un successo per cercare di spostare l’attenzione interna. Quindi l’accordo sull’Ucraina gli potrebbe dare respiro nel breve termine.
Ma come si fa presentarlo come un successo nel mezzo di tante polemiche? Poi, al di là della contingenza di pochi giorni, tutto rischia di rovesciarsi come un macigno su Trump. Inoltre, la pace in Ucraina toglie affari alle industrie americane delle armi e del petrolio che vendono in Europa fin quando c’è guerra in Ucraina. Oggi la guerra, infatti, non costa né in uomini né in risorse all’America, ma è un’opportunità di sviluppo. Senza guerra le armi non servono e l’Europa torna a comprare petrolio russo, più economico e pratico. La Borsa potrebbe avere un sussulto negativo con l’accordo.
Viceversa, considerando le cose molto cinicamente, ma con realismo, la guerra in Venezuela può essere conveniente. Mostra lo scalpo dei narcotrafficanti, toglie un regime autocratico, limita presenze ostili sul continente americano, e apre il mercato alle più grandi risorse petrolifere del mondo. Sarebbe nuovo motivo di crescita per l’economia americana.
Neanche la Cina vuole la pace: Pechino non vuole essere al centro dell’attenzione. Finché la guerra in Ucraina continua, l’attenzione mondiale è distratta. Se la guerra finisce tutti si concentrano sulla Cina.
Se Trump davvero chiudesse gli aiuti americani all’Ucraina in caso di mancata firma dell’accordo, regalerebbe l’Europa alla Russia o a un prossimo Hitler europeo e antiamericano. L’America come l’abbiamo conosciuta finora finirebbe dopo poco e Trump stesso rischierebbe grosso. Perché gli europei si farebbero una difesa completamente indipendente dagli Usa e diventerebbe una situazione come le truppe barbare che combattevano senza legioni romane e alla fine saccheggiarono Roma. O la Polonia, i Paesi Baltici e forse anche la Finlandia e magari la Germania aprono un nuovo fronte, senza aspettare di essere attaccati da Putin. Oppure l’Europa cade sotto l’influenza Russa e a quel punto Mosca minaccia gli Usa dall’Atlantico con il suo nuovo Hitler, facilmente antiamericano.
C’è un nodo vero: gli europei non possono essere un peso quasi morto in difesa, ma questo non si può cambiare sacrificando gli unici europei che si difendono, gli Ucraini.
Un altro problema è la comunicazione, che in guerra conta come e più del successo sul campo. Si veda il caso del Vietnam, dell’Afghanistan e in fondo anche di Gaza. Militarmente gli americani in Vietnam o in Afghanistan avevano distrutto i Vietcong o i talibani, la macchina della comunicazione però la pensava diversamente. A Gaza, Hamas è stata annientata, però la propaganda è riuscita ad affermare che c’è stato quasi un pareggio.
Oggi il piano Witkoff non ha appoggi fuori dall’amministrazione a Washington. È criticato in Europa, in America ed anche in Asia. Viene definito una capitolazione alla Russia. Allora, che effettivamente lo sia o meno, dato che la comunicazione lo recepisce come una capitolazione, diventa tale nei fatti. È quindi una grande vittoria politica russa regalata dall’America. Una pace presentata come l’umiliazione dell’Ucraina conviene solo alla Russia, a nessun altro.
A quel punto, dato che la sconfitta americana non è contro lontani vietnamiti o afghani ma contro nemici storici diretti come russi, chi ha bisogno dell’America in Europa o in Medioriente? In Asia chi si può fidare dell’America nel confronto con la Cina? Giappone, India e altri devono pensare a sé stessi da soli. La Cina stessa, perché dovrebbe parlare di geopolitica con l’America? Già non si fidava e oggi, certo la fiducia non è aumentata. Ciò significa che si assottigliano le possibilità non solo di accordo ma di discussioni costruttive con Pechino. Meglio discutere con la Russia o il Giappone e l’India.
Nixon che capiva la necessità di fermare la guerra in Vietnam, ma non concedere una vittoria all’Urss, prima dell’accordo di pace con Hanoi, riagganciò Pechino. Oggi c’è la chimera di sganciare Mosca da Pechino, ma come fa Putin a fidarsi di un’America molto divisa sulla questione russa e un’Europa molto più antirussa oggi di quattro anni fa? Un decoupling Russia-Cina è altamente improbabile. L’America ci ha provato senza successo da oltre dieci anni e le condizioni sono oggi peggiori di ieri. Dopo l’Ucraina, la Russia semplicemente si prenderà tutto quello che può e di più. Non c’è motivo di fermarsi.
















