Skip to main content

Perché transizione ecologica e questione generazionale vanno di pari passo

Di Antonio Libonati
Transizione

L’intervento di Antonio Libonati, presidente dell’Associazione Italiana Giovani Unesco che sabato prossimo lancerà il manifesto Next Generation You alla presenza, tra gli altri, dei ministri Enrico Giovannini e Fabiana Dadone

La transizione ecologica sarà un processo lungo, che ci coinvolgerà tutti. Nessuno escluso. Sarà il banco di prova soprattutto per le grandi masse popolari e per chi è da sempre lasciato ai margini, i giovani in primo luogo. Chi oggi ha meno di 35 anni ha già vissuto almeno tre crisi mondiali, tre grossi shock che hanno impattato radicalmente sulle nostre vite: quella del 2001 legata al terrorismo, quella economica del 2009 e quella legata alla pandemia nel 2020. Eventi storici di portata globale, che hanno reso sempre più complessa la costruzione di una prospettiva di futuro per i più giovani. In tutto questo si innesta la grande questione legata ai cambiamenti climatici.

Non si tratta di problemi slegati l’uno dall’altro. Disuguaglianze ambientali, sociali e generazionali si alimentano a vicenda. Non esiste Paese in cui gli alti livelli di sostenibilità ambientale non si accompagnino ad alti tassi di istruzione e a politiche sociali molto efficaci in favore dei più giovani. L’agenda 2030 delle Nazioni Unite indica chiaramente che il percorso verso la sostenibilità e verso la transizione ecologica passa attraverso un nuovo modello economico, che coinvolge tutte le attività e i settori delle nostre vite. Istruzione, nutrizione, produzione industriale e agricola, sanità, giustizia, lavoro, trasporti e ambiente sono pezzi di un unico grande puzzle la cui costruzione in chiave di sostenibilità è l’anima del concetto stesso di transizione ecologica.

Questa generazione ha il dovere di formulare un pensiero e un piano d’azione coerente, per far sentire la nostra voce e costruire un percorso in cui la costruzione delle politiche di sostenibilità non può prescindere dalla partecipazione giovanile. Il 27 marzo a Parma l’Associazione Italiana Giovani Unesco (AIGU) – la maggiore associazione giovanile Unesco a livello mondiale – nell’ambito del terzo Italian Youth Forum, lancerà il manifesto Next Generation You, con alcune proposte concrete.

I prodotti venduti nel commercio al dettaglio in Italia abbiano indicazione dell’impatto di CO2: le emissioni di gas serra devono trovare il loro spazio in etichetta. E poi una borsa universale da 20.000 euro per ogni maggiorenne, che finanzi la formazione e la fruizione di cultura, completata da un “ristoro culturale” sotto forma di ingresso gratuito ai luoghi della cultura per gli under 35. E ancora una legge che preveda il coinvolgimento attivo dei giovani nei tavoli decisionali, sul modello del Well-being of Future Generations Act del Galles. Infine, un New deal della cultura, che dia nuova linfa al patrimonio italiano attraverso un reddito di due anni ai lavoratori del settore e l’assunzione a tempo indeterminato del più alto numero possibile di giovani competenti per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali del nostro Paese.

Sono solo alcuni dei temi a cui stiamo lavorando da tempo, con il contributo di esperti e con l’ausilio degli ospiti che parteciperanno al Forum di Parma, da Franco Bernabè a Virginia Raggi, da Carlo Ratti a Maurizio Martina, da Beatrice Venezi a Stephen Ritz. Da Enrico Giovannini  (qui uno dei nostri approfondimenti sulle sfide del ministero alle Infrastrutture e alle Mobilità sostenibili) a Fabiana Dadone. Per tracciare un percorso che vede nell’istruzione, nell’alimentazione, nella rigenerazione urbana e nella cultura i pilastri della ripartenza nel post- pandemia ma guardando molto oltre, alle date simboliche ma straordinariamente importanti del 2030 e del 2050.

Siamo tutti di fronte a un bivio nel quale una strada porta alla conservazione delle rendite di posizione e di potere di chi non si arrende alla resa di un modello economico, sociale e culturale che depreda l’ambiente e fomenta il conflitto sociale. E l’altra, di strada, porta a un nuovo modello di progresso, in cui benessere e prosperità si consolidano nel rispetto dei diritti dell’uomo e del pianeta. Un film francese degli anni 90 iniziava con un monologo che recitava così: «Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. A mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio, per farsi coraggio, si ripete: “Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene. Fino a qui tutto bene.” Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio». Davanti alle prospettive nefaste che i cambiamenti climatici ci mostrano, oggi siamo tutti come quell’uomo. Ma l’atterraggio riguarderà solo alcuni di noi. È il momento di prenderne coscienza e di fare qualcosa. Noi ci siamo.

×

Iscriviti alla newsletter