A sessant’anni dal lancio del San Marco 1, l’Italia si confronta con una nuova stagione della competizione spaziale. Il dominio spaziale è diventato centrale per la sicurezza nazionale e l’autonomia da operatori esterni, la resilienza dei sistemi e l’interoperabilità tecnologica sono oggi requisiti operativi essenziali. Il tempo per agire è limitato e la costruzione di una capacità spaziale autonoma richiede scelte strategiche rapide e coordinate. La riflessione di Gianluca Trezza, vice direttore generale di Northrop Grumman Italia
L’Italia ha scritto pagine decisive nella storia dell’esplorazione spaziale quando, il 15 dicembre 1964, lanciò il satellite San Marco 1 dalla base di Wallops Island, diventando la terza nazione al mondo dopo Stati Uniti e Unione Sovietica a possedere un proprio satellite. Questo primato non fu casuale, ma il risultato di una visione strategica lungimirante guidata da Luigi Broglio e dall’investimento pionieristico dell’università di Roma La Sapienza in collaborazione con la Nasa.
Oggi, a distanza di sessant’anni, quel patrimonio di conoscenze e quella tradizione di eccellenza costituiscono le fondamenta su cui costruire una capacità spaziale autonoma che risponda alle sfide geopolitiche del 21simo secolo. Il dominio spaziale è diventato il quinto dominio operativo dopo terra, mare, aria e cyberspazio, e l’Italia non può permettersi di rimanere spettatrice in questa competizione globale.
L’autonomia nel dominio spaziale non rappresenta un’aspirazione tecnologica, ma una necessità esistenziale per la sicurezza nazionale. La dipendenza da infrastrutture spaziali controllate da attori esterni – siano essi alleati o, peggio ancora, entità private con interessi commerciali non sempre allineati con quelli nazionali – espone il Paese a vulnerabilità critiche che potrebbero compromettere la capacità di difesa e la resilienza del sistema Paese.
L’esempio di Starlink durante il conflitto russo-ucraino ha dimostrato come le decisioni unilaterali di un singolo operatore privato possano influenzare l’andamento di operazioni militari di rilevanza strategica. Questa lezione deve essere meditata attentamente: in un mondo multipolare caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche, la sovranità digitale passa necessariamente attraverso l’autonomia spaziale.
Le comunicazioni satellitari, i servizi di Positioning, navigation, and timing (Pnt), l’intelligence geospaziale e la sorveglianza rappresentano capacità dual-use essenziali tanto per le Forze Armate quanto per la protezione delle infrastrutture critiche civili. In scenari di crisi o conflitto, l’accesso garantito e non condizionato a questi servizi diventa un moltiplicatore di forza determinante per l’efficacia operativa e la sicurezza nazionale.
Il sistema satellitare europeo Galileo rappresenta un pilastro fondamentale dell’autonomia strategica europea. La sua componente Prs (Public regulated service), destinata ad applicazioni critiche come le Forze Armate, la Protezione Civile e le Forze di Polizia, offre segnali criptati e autenticati che garantiscono elevati standard di sicurezza e precisione.
Tuttavia, l’esperienza operativa in teatri complessi ha dimostrato che nessun sistema, per quanto avanzato, può garantire da solo la continuità della missione in ambienti degradati o sotto attacco elettronico. La guerra elettronica moderna, caratterizzata da sofisticati sistemi di jamming e spoofing, richiede approcci multi-layered e ridondanti per mantenere la superiorità informativa.
La strada da percorrere è quindi quella dell’integrazione di molteplici tecnologie e costellazioni satellitari, sfruttando le sinergie tra sistemi complementari per massimizzare la resilienza operativa. Questo approccio richiede lo sviluppo di ricevitori avanzati multi-costellazione in grado di processare simultaneamente segnali provenienti da diverse infrastrutture spaziali.
La frontiera tecnologica attuale è rappresentata dai ricevitori multi-costellazione capaci di sfruttare sia il M-Code militare del Gps statunitense che il Galileo Prs europeo. Questa capacità di interoperabilità rappresenta un vantaggio competitivo decisivo, garantendo precisione e affidabilità ineguagliabili anche in scenari operativi complessi.
L’approccio Software defined radio (Sdr) sta poi rivoluzionando il settore, consentendo la riprogrammazione in tempo reale dei ricevitori per adattarsi a diverse frequenze e protocolli di comunicazione. Questa flessibilità è particolarmente preziosa in contesti operativi dinamici dove i requisiti di comunicazione possono cambiare rapidamente.
Parallelamente, l’evoluzione verso piattaforme satellitari miniaturizzate, come i CubeSat, sta democratizzando l’accesso allo spazio riducendo drasticamente i costi di lancio e sviluppo. Questi satelliti di piccole dimensioni possono essere dispiegati in costellazioni distribuite, garantendo ridondanza e resilienza anche in caso di compromissione di singoli nodi.
Su queste basi, l’industria italiana della difesa sta dimostrando una capacità di innovazione e adattamento alle nuove sfide del dominio spaziale che merita riconoscimento. Iniziative come quella di Northrop Grumman Italia, che sta sviluppando payload Pnt con tecnologia Sdr per CubeSat, rappresentano esempi concreti di come l’expertise tecnologica nazionale possa tradursi in soluzioni operative innovative.
Da un punto di vista operativo, la creazione di costellazioni di piccoli satelliti distribuiti offre vantaggi strategici significativi: maggiore resilienza agli attacchi, riduzione dei tempi di sostituzione in caso di perdita di un satellite, e capacità di saturare le difese avversarie attraverso la moltiplicazione dei bersagli. Questo approccio è particolarmente efficace per garantire comunicazioni sicure e servizi Pnt in ambienti ostili o degradati.
Dal punto di vista industriale, questi progetti non si limitano a introdurre tecnologie di nuova generazione, ma mirano a integrare capacità esistenti per espandere la prontezza operativa dei sistemi legacy anche al di fuori degli scenari d’uso tradizionali. Si tratta di un approccio pragmatico che massimizza il ritorno sugli investimenti già effettuati, garantendo al contempo la modernizzazione delle capacità operative.
Un approccio che tiene fortemente conto del panorama geopolitico contemporaneo, caratterizzato da una crescente competizione nel dominio spaziale, con potenze emergenti che investono massicciamente in capacità spaziali militari e civili. La Cina ha dimostrato capacità anti-satellite (Asat) preoccupanti, mentre la Russia ha sviluppato sistemi di guerra elettronica spaziale sofisticati. Anche attori non statali – si pensi al clan Houthi in Yemen – stanno acquisendo capacità di disturbo e interferenza sempre più avanzate.
In conclusione, investire nell’autonomia spaziale non è solo una questione di prestigio nazionale, ma una necessità esistenziale per la sicurezza del Paese. Le nostre Forze Armate hanno bisogno di strumenti tecnologici all’avanguardia per operare efficacemente negli scenari complessi del futuro. Il sistema Paese ha bisogno di infrastrutture critiche resilienti e indipendenti.
Il tempo a disposizione è però limitato: la finestra di opportunità per costruire una capacità spaziale autonoma significativa si sta restringendo man mano che la competizione globale si intensifica. È quindi imperativo agire con decisione e visione strategica, trasformando il patrimonio storico dell’Italia spaziale in una leva competitiva per il futuro della nazione.
Solo attraverso un impegno concreto e continuativo nell’autonomia spaziale l’Italia potrà garantire alle proprie Forze Armate e al proprio sistema Paese la sicurezza e l’indipendenza necessarie per prosperare in un mondo sempre più complesso e competitivo.