La notte tra il 9 e il 10 settembre 2025 ha segnato un momento spartiacque nella storia recente della Nato. Per la prima volta dalla guerra in Ucraina, droni russi hanno violato massicciamente lo spazio aereo di un Paese membro dell’Alleanza Atlantica, costringendo la Polonia a invocare l’Articolo 4 del Trattato Nato e aprendo interrogativi profondi sulla natura stessa della guerra moderna. L’analisi del generale Ivan Caruso, consigliere militare della Sioi
Diciannove droni russi di tipo Gerbera, lanciati nel contesto di un massiccio attacco contro l’Ucraina, hanno attraversato il confine polacco poco prima della mezzanotte, rimanendo nello spazio aereo Nato per oltre sei ore. Non si è trattato di un errore di navigazione, come inizialmente suggerito da Mosca e persino dal presidente Trump. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, ma anche tutti gli analisti sono stati categorici: “Questi droni sono stati chiaramente diretti deliberatamente su questa rotta”. Un edificio residenziale a Wyryki-Wola è stato colpito, distruggendo il tetto, ma per fortuna senza causare vittime.
L’episodio rappresenta quello che gli analisti definiscono un “test della determinazione Nato” da parte di Putin. La Russia ha voluto sondare i tempi di reazione, i protocolli di difesa e la volontà politica dell’Alleanza di reagire a provocazioni calcolate. Come ha osservato il ricercatore Edward Arnold, senior research fellow del Royal United Services Institute: “Putin vuole dimostrare forza e testare la determinazione Nato”.
L’intercettazione: successo tattico, problema strategico
La risposta militare è stata immediata, ma ha rivelato contraddizioni profonde. F-16 polacchi, F-35 olandesi, AWACS italiani, sistemi Patriot tedeschi e velivoli cisterna Nato si sono coordinati per abbattere almeno otto droni. Il generale Alexus Grynkewich, Comandante Supremo Alleato per l’Europa, ha definito l’operazione “altamente efficace”, sottolineando un aspetto cruciale spesso trascurato: “Le autorità che il Consiglio Nord Atlantico aveva fornito al Saceur erano state ulteriormente delegate, permettendo agli equipaggi di agire con decisione entro tempi tattici significativi”.
L’osservazione del Saceur tocca il cuore di un problema strutturale: la rigidità delle catene di comando Nato. Grynkewich ha voluto evidenziare come il successo dell’operazione sia dipeso proprio dalla possibilità di delegare autorità operative ai livelli tattici, evitando i ritardi che si sarebbero verificati con procedure burocratiche tradizionali. Durante la Guerra Fredda, nei Combined Air Operations Centers (Caoc) erano capi sala operativa del grado di tenente o capitano a prendere decisioni operative rapide. Oggi, la complessità delle procedure rischia di rallentare risposte che devono avvenire in minuti, non in ore.
Il paradosso economico
Ma il vero problema strategico emerge dai numeri. I missili Sidewinder AIM-9X utilizzati dai caccia olandesi costano circa 400.000 dollari l’uno. I droni russi Gerbera abbattuti? Appena 10.000 dollari ciascuno. Un rapporto di 40 a 1 che trasforma ogni ingaggio in una vittoria economica per Mosca, anche quando i suoi droni vengono distrutti. Questo squilibrio non è casuale ma rappresenta una strategia deliberata. La Russia produce circa 5.000 droni a lungo raggio al mese, sfruttando economie di guerra che permettono costi unitari irrisori. Nel frattempo, la Nato consuma intercettori e munizione costose e complesse, progettate per minacce aeree tradizionali, non per sciami di ordigni economici costruiti con polistirolo e nastro adesivo. Questa asimmetria è chiaramente insostenibile dal punto di vista strategico. La Russia può permettersi di lanciare centinaia di droni esca sapendo che ogni intercettazione costa alla Nato decine di volte di più. È una guerra di attrito economico che l’Alleanza non può vincere con gli strumenti attuali.
Eastern Sentry: una risposta necessaria ma insufficiente
Due giorni dopo l’incursione, Nato ha lanciato l’operazione “Eastern Sentry”, schierando caccia Rafale francesi, Eurofighter tedeschi, F-16 danesi con fregata antiaerea, e promettendo supporto britannico. L’operazione copre tutto il fianco orientale, “dall’Alto Nord al Mar Nero e Mediterraneo”, e rappresenta quello che Grynkewich definisce “un design di difesa completamente nuovo”. Il generale ha spiegato che si passa da “azioni individuali di air policing” a un approccio integrato che combina difese aeree e terrestri con condivisione informazioni potenziata. È un passo nella direzione giusta, ma rischia di replicare gli stessi problemi di costo-efficacia su scala più ampia.
Le lezioni da imparare
L’incursione del 10 settembre ha esposto vulnerabilità che vanno oltre la tecnologia militare. La vera sfida è sistemica e tocca dottrine operative, strutture di comando e sostenibilità economica. Il problema delle procedure burocratiche per “far decollare un caccia” riflette una mentalità centralizzata inadeguata per minacce distribuite e rapide. La soluzione richiede una rivoluzione concettuale: sistemi anti-drone economici (cannoni da 35mm costano 4.000 dollari per colpo, non 400.000), deleghe operative ai livelli tattici, e tecnologie disruptive che invertano l’equazione economica. L’Ucraina, temprata da tre anni di guerra, ha già sviluppato droni intercettori quadcopter che l’Europa sta ora cercando di acquisire urgentemente.
La proposta di Ursula von der Leyen per un “muro di droni” lungo il confine orientale va proprio in questa direzione, ma serve un cambio di paradigma più profondo. Nato deve accettare che la guerra del XXI secolo si combatte tanto sui fogli di bilancio quanto sui campi di battaglia e chi controlla l’equazione costo-efficacia controlla l’escalation. Il 10 settembre 2025 ha dimostrato che la deterrenza convenzionale raggiunge i suoi limiti quando l’avversario può testare la tua determinazione spendendo poche migliaia di dollari. È tempo di ripensare tutto, dalle catene di comando alle tecnologie, dalla dottrina all’economia della difesa. Altrimenti, i prossimi test di Putin potrebbero essere molto più costosi per l’Occidente.