Skip to main content

Ecco perché Trump vuole il Kazakistan negli Accordi di Abramo

L’ingresso del Kazakistan nel sistema di normalizzazione dei rapporti tra arabi e Israele segna un passaggio politico dal valore simbolico e strategico: Paese musulmano dell’Asia Centrale con storici legami con lo Stato ebraico, Astana negli Accordi di Abramo significa modellare equilibri ampi, che vanno da Ankara alle capitali del Golfo, fino a Mosca e Pechino

L’iniziativa di allargare gli Accordi di Abramo al Kazakistan, presentata da Washington come decisione diretta del presidente Donald Trump, mira a rilanciare il quadro di cooperazione tra Israele e il mondo arabo-musulmano in un momento di isolamento internazionale per lo Stato ebraico dopo la guerra di Gaza.

Non a caso, l’annuncio arriva a ridosso del viaggio del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman a Washington, previsto per il 18 novembre. Una visita che potrebbe segnare un passo decisivo verso la futura architettura di sicurezza regionale e la prospettiva di una normalizzazione tra Riad e Israele — rallentata dalla guerra scatenata da Israele dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Durante una conferenza economica a Miami nei giorni scorsi, Trump ha ribadito il suo auspicio di vedere anche l’Arabia Saudita aderire agli Accordi di Abramo.

L’obiettivo più ampio dell’amministrazione è espandere il formato originario degli Accordi — lanciati nel 2020 con Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Marocco — includendo nuove dimensioni di cooperazione economica, dialogo religioso e integrazione regionale. Ma una vera intesa tra Israele e Arabia Saudita resta lontana e richiederà un approccio graduale sul piano politico e religioso.

Un segnale politico verso il mondo musulmano

La visita alla Casa Bianca del presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, per il summit con i leader dei cinque Paesi dell’Asia Centrale in corso in questi giorni, è lo scenario perfetto l’annuncio. Tokayev vuole rafforzare le relazioni con Israele, promuovere la tolleranza religiosa e il dialogo interconfessionale, e inviare un segnale di cooperazione regionale.

Trump, che ha parlato al telefono con Benjamin Netanyahu prima della formalizzazione, ha dato la notizia in anticipo su Truth Social. Per Washington, la mossa rappresenta il primo passo per ricostruire la posizione di Israele nel mondo musulmano e “voltare pagina” rispetto alla fase del conflitto a Gaza.

Il gesto è soprattutto politico: dimostrare aperture islamiche verso il futuro di Israele senza la guerra ai palestinesi. Kazakistan e Israele intrattengono da oltre trent’anni relazioni diplomatiche, a differenza dei Paesi arabi che hanno aderito agli Accordi nel 2020. Non esistono contenziosi tra i due Stati, e i rapporti economici e culturali sono solidi.

L’iniziativa offre a Tokayev l’opportunità di rafforzare i legami con Washington, anche alla luce dell’accordo siglato lo stesso giorno sui minerali critici — settore strategico per la transizione energetica e la sicurezza industriale americana. L’adesione rafforza al tempo stesso il messaggio politico con cui Trump racconta il suo secondo mandato: quello del pacificatore e facilitatore del dialogo.

Una piattaforma per l’Asia Centrale

Il summit alla Casa Bianca “C5+1”, gli Usa con i cinque Paesi dell’Asia Centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) riflette anche l’interesse crescente di Washington per la regione, cruciale sia per la stabilità eurasiatica sia per le rotte energetiche e commerciali tra Europa e Asia. Rotte in cui Russia e soprattutto Cina (con la Belt and Road Iniziative) hanno una posizione di vantaggio; rotte all’interno delle quali i Paesi del Golfo, e l’India e o la Turchia, iniziano a trovare i propri spazi. Spazi che Washington vuole sfruttare come moltiplicatori a proprio vantaggio e non come ulteriore vettori di competizione.

Il vertice fa da ancora politica di alto livello alla missione in Asia centrale del vicesegretario di Stato Christopher Landau che, la scorsa settimana, ha discusso ad Astana e Tashkent nuove iniziative su sicurezza, progettazione industriale e supply chain. L’adesione di Astana agli Accordi di Abramo si inserisce così in una strategia multilivello: consolidare la presenza americana in Asia Centrale, promuovere la tolleranza interreligiosa e ricostruire il fronte diplomatico pro-Israele (che in qualche modo significa anche superare lo schematismo anti-occidentale diffuso dalle narrazioni russe, cinesi, o iraniane).

Pur senza l’impatto di una normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, il gesto del Kazakistan, nono Paese più grande del mondo, consente a Trump di rivendicare continuità e ambizione nella sua politica estera, rilanciando un marchio — gli Accordi di Abramo — divenuto il simbolo più riconoscibile della sua prima presidenza.


×

Iscriviti alla newsletter