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Guadagnare cifre da capogiro, occupandosi “delle genti”. E con una rialzo in Borsa, nel 2013, del 600%. Che non si tratti di una bolla lo dice innanzitutto il bilancio dell’italianissima Gentium, quotata sul Nasdaq e guidata, dal 2009, da Khalid Islam: origini indiane, nazionalità inglese, formazione svizzera. Il giro del mondo in tre righe.

SCIENZIATO PRESTATO ALL’INDUSTRIA
Khalid Islam è uno scienziato prestato all’industria: ha pubblicato oltre 80 articoli scientifici e detiene la paternità di numerosi brevetti. «L’idea che sta dietro a Gentium mi è piaciuta fin da principio – dice Islam che nei giorni scorsi a Milano ha presentato risultati e progetti dell’azienda – Un gruppo che pone al centro della sua attenzione le persone, i pazienti e le loro famiglie, i ricercatori, la comunità scientifica, il management e il personale dipendente. Tutti uniti da un unico scopo, quello di rendere disponibili farmaci innovativi che curino malattie orfane contribuendo così al benessere delle persone». Le malattie orfane sono patologie che colpiscono non più di cinque pazienti ogni 10.000 abitanti: rare se considerate singolarmente, ma molto diffuse nel loro insieme. Si stima che esistano tra 5.000 e 8.000 diverse patologie di questo tipo, che colpiscono il 6-8% della popolazione mondiale. In Europa, tra i 24 e i 36milioni di persone e circa 25milioni negli Stati Uniti. Comunque troppo pochi perché la ricerca risulti attraente per la grandi case farmaceutiche.

IL CORE BUSINESS DELLE MALATTIE RARE
Ma Gentium ne ha fatto il suo core business, con lo sviluppo del Defitelio, che ha ricevuto di recente, non senza inciampi durante il percorso, l’autorizzazione alla vendita in Europa. Il farmaco è utilizzato per la cura della sindrome veno occlusiva, che si presenta come effetto collaterale nel caso di trapianti o chemioterapia. Il maggior riconoscimento per gli scienziati e il management che hanno lavorato allo sviluppo del prodotto è stato, probabilmente, la designazione di farmaco orfano per la prevenzione del rigetto in corso di trapianto, ottenuta a metà novembre. Il che oltre a garantire un’esclusiva per dieci anni, amplia il bacino di applicazione da 3mila e 20mila pazienti. Un successo inedito per una piccola italiana. Ma quello che colpisce di tutta la storia è davvero la passione di chi vi lavora per malattie che nessun altro vuole trattare.

RICERCA, UN’ATTIVITA’ IN PERDITA
Un farmaco come il Defitelio richiede dieci anni e circa 100 milioni perché il dossier per l’autorizzazione in commercio arrivi sulle scrivanie delle agenzie preposte: l’Ema in Europa e l’Fda in Usa. In questo periodo, tipicamente, il bilancio delle biotech è in perdita: non per Gentium, che dal 2009 inanella trimestri di cash flow positivo. «Risultati che potevano apparire come una mission impossible – spiega il ceo – una specie di miracolo, avvenuto anche grazie ai pazienti: che hanno richiesto, a partire dal 2010, che il prodotto, ancora in fase di test, venisse distribuito, in più 250 cliniche, in oltre 30 Paesi e in 5 continenti». E anche grazie a partner industriali e finanziari di tutto rispetto. Nel capitale di Gentium appaiono Fidelity e BlackRock, ma anche, con il 18%, la casa farmaceutica Sigma-Tau. «Che sin dall’inizio – spiega Islam – ha acquistato licenze commerciali e sponsorizzato alcuni costi di ricerca. E poi la ricerca è stata finanziata con i 120 milioni raccolti in Borsa».

BIOTECH ALL’ITALIANA
Un successo che, in fin dei conti, premia l’italianità, e un’italianità che, non essendo moda o vino, è molto poco agli onori delle cronache. La storia di Gentium inizia quando il medico Laura Iris Ferro, eredita e trasforma radicalmente il business dell’azienda di famiglia in crisi, un piccolo produttore di farmaci per conto terzi che risponde al nome di Crinos Industria Farmacobiologica.
«Mi sono consumata le scarpe sulla Quinta Strada, per bussare alle porte dei fondi, 250 al giorno – ha raccontato spesso Ferro – è stato faticoso, non perché sono donna, ma in quanto italiana. L’immagine del nostro Paese è focalizzata su fashion e design, ma finché avrò voce non mi stancherò di ripetere che in Italia esiste l’eccellenza anche in settori di punta, come il nostro».

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