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Spiace sempre ripetere “Ma noi lo avevamo già detto” perché in tempi come questi sembra di essere ripetitive inutilmente, ma poiché siamo dotate di discreta autostima le considerazioni che facciamo (nonchè le proposte) rivelano sempre un buonsenso molto gradevole. Cominciamo dalla presa d’atto che lo svantaggio competitivo dell’Italia è politico e istituzionale. E’ lì che l’altra Italia, produttiva e meritocratica, viene colpita e massacrata. Continuando ad osservare quel che accade in Germania e quel che si vede tutt’ora da noi, succede che i tedeschi riprendono la rincorsa, dando vita a un governo di coalizione il cui programma è stato negoziato per due mesi, fino a prendere forma in 185 pagine d’impegni precisi. Governo che è ancora nel ventre di Anghela perché prima è necessario che i socialdemocratici (Spd) consultino i loro 475mila iscritti che ancora oggi possono dirsi di essere fieramente iscritti ad un partito quelli che da noi sono stati distrutti.

Entro il 14 dicembre si saprà se la base approva quel che hanno deciso i vertici. Dopo quel giorno non si apriranno crisi per bulimia di potere, ma solo nel caso gli alleati vengano meno agli impegni presi. I leader dei due partiti fanno a gara nel magnificare la positività del programma concordato. Nasce, quindi, un governo forte. Il popolo tedesco conosce i veri contenuti e gli accordi anche se il tomino di programma di Governo è poderoso ma quel che è stato comunicato e riassunto è già significativo. Vediamo insieme. Il salario minimo, fissato a 8,5 euro per ora lavorata era fra i punti irrinunciabili, per i socialdemocratici, e anche i cristianodemocratici (Cdu e Csu) concordavano, ma ora quel limite minimo sarà valido solo dal 2015, rimanendo derogabile, caso per caso, fabbrica per fabbrica, ove concordino le parti sociali, fino al 2017. Cioè nel 2014 la Germania non rinuncerà a un millimetro della propria competitività e non farà crescere di un eurino la domanda interna. Questa altro non è che politica di potenza. In Italia contemporaneamente passa un maxiemendamento alla legge di stabilità, sul quale si sfarina la maggioranza, che cambia natura politica, e nel quale è contenuto quello che viene chiamata “salario minimo”, ma che altro non è se non il rifinanziamento della “social card”, naturalmente con effetto immediato. Cioè per chi ha un tasso normale di intelligenza non è difficile capire che sono soldi spesi per fare la carità, senza alcuna finalità produttiva.

Ancora. In Germania la Spd aveva messo nel proprio programma elettorale la creazione degli eurobond, in modo da fermare la visibile crisi del mercato interno europeo e la preoccupante divaricazione fra i paesi che compongono l’Unione. Nelle sintesi essenziali del prossimo governo sono spariti. Al loro posto introdurranno il pagamento delle autostrade agli stranieri, ma non ai tedeschi. Cercano di rassicurare dicendo che sarà effettivo solo se ci sarà il consenso dell’Ue, ma già di per sé dimostrano quanto si sentano (e ci sentano) cittadini d’Europa e soprattutto quanto si sentano potenza dominante della UE.

Da noi si fa la legge di bilancio per obbedire all’Ue. Il nostro governo deve far valere i nostri molti punti di forza. Perché non è affatto vero che la Germania sia esemplare in positivo e noi in negativo; non è vero che loro sono solo virtuosi e noi solo viziosi; le nostre banche sono patrimonialmente più solide delle loro e i nostri esportatori più tenaci e capaci dei loro; ma, è evidente che loro esprimono un governo forte, capace di anteporre a tutto gli interessi nazionali, fin troppo, mentre noi diamo forma a governi deboli e subordinati e soprattutto sottomessi al desiderio di permanenza di quanti lo compongono. La nostra debolezza dunque ancora una volta è tutta politica e istituzionale di larghe, nuove, strettine e tanto fragili intese. E per noi cittadine e cittadini che attendiamo le decisioni altrui ci affidiamo ai conti di una lucida e leale Agenzia stampa come Public Policy che leggendo le tabelle del nuovo testo approvato a Palazzo Madama, ha calcolato che è salita di oltre 2,6 miliardi la portata della legge di stabilità per il 2014 (da 12,4 a più di 15 miliardi), di cui 1,2 miliardi di maggiori entrate e 1,5 di minori spese. Così il saldo migliora di quasi 175 milioni e l’impatto sull’indebitamento migliora scendendo a circa 2,5 miliardi.

Numeri su cui, ci auguriamo, il governo comincia a ricostruire il consenso perduto di Bruxelles. Il che va bene per un verso ma male per un altro, considerato che tutto questo non aiuta certo a rendere “di sviluppo” la manovra. Per ora accontentiamoci ma sappiamo bene quel che serve ad un Paese bisognoso della fiducia che si sprigionerebbe da una manovra coraggiosa più ancora che delle risorse materiali che una manovra “vera” avrebbe potuto tirar fuori. Ma prima di tutto l’Italia deve uscire dall’emergenza politica e istituzionale e ora che è passato da “larghe ma fragili intese” a “più strette ma (forse) meno instabili intese”, questo Governo è l’unica risorsa che abbiamo per traghettarci fuori dalle rovine di questo ventennio. Occorre un minimo di tempo per fare una legge elettorale dignitosa e la riforma della giustizia e elezioni, e perché nascano nuovi soggetti e nuove leadership.

Comparazione coraggiosa tra Italia e Germania

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