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La mano in tasca, un discorso a braccio. Segno di un nervosismo latente il primo, rivolto alle telecamere – quindi al pubblico – il secondo. E’ la politica dell’era dei social, dove ogni occasione, dalle direzioni dei partiti, alle consultazioni per finire alle votazioni di fiducia, diventa una vetrina aperta al popolo, ai drogati di twitter che dal bar virtuale lanciano i loro consensi o/e anatemi a secondo delle anime e differenti appartenenze ideologiche.

Il cavallo da corsa toscano lo sa bene, tanto da giungere ad utilizzarlo anche nelle occasioni più solenni come, per citarne una, quando giorni fa al cospetto del Presidente della Repubblica che lo nomina premier, cinguetta un “Arrivo, arrivo” poco formale ma sicuramente sorprendente.
Il gagliardo e scalpitante novello premier, passato controvoglia dalla competizione per la segreteria del suo partito che peraltro ancora oggi ha difficoltà a capire i metodi e gli obiettivi del leader uscito dalle primarie, non parla alle Istituzioni, non chiarisce al consesso dei senatori su quale programma chiede la fiducia e soprattutto con quali strumenti intenda realizzarlo.

Si presenta ricordando all’assemblea che quella sarà la sua ultima votazione di fiducia, professando un cambio radicale di passo e degli schemi. In sintesi, gli importa poco di ciò che accade nell’aula, è consapevole che quella maionese di maggioranza che si ritrova non potrà fare altro che sostenere il suo governo per conservare la poltrona e, proprio per questo, probabilmente non riscuote la sua stima e simpatia. L’importante è raggiungere il pubblico, il popolo degli elettori al quale il giorno dopo, di buon mattino twitta “Alla Camera, poi iniziamo a lavorare sul serio”.
Straordinario messaggio che ribadisce l’insofferenza del premier alle forche caudine degli obbligati passaggi istituzionali, costituzionali e democratici nella forma, una sostanziale perdita di tempo nella sua personalissima considerazione delle priorità.

Di certo, un risultato l’ha raggiunto: sta rendendo l’attività politica più divertente, per alcuni addirittura stravagante ed incomprensibile. Piace al leader del principale partito dell’ opposizione e semina diffidenza e feroci critiche da chi lo sostiene. Paradossi? No, è solo un giro al tondino in attesa del varo di quella legge elettorale frutto di una profonda sintonia con il Cavaliere che, da Arcore, lo osserva compiaciuto e sornione mentre realizza il comune piano strategico per arrivare a quel bipolarismo che piace ad entrambi. E chissà che gli amici di carta di Matteo Renzi non lo portino a vestire una diversa casacca nella prossima corsa, la più importante e davvero definitiva per risolvere i problemi del Paese, libero da cespugli fastidiosi e chiudere questa fase di interregnum governativo di cui sono entrambi ben consapevoli. Fate presto ad uscire da questa palude di chiacchiere, affinchè i buoni propositi e i proclami possano diventare fatti concreti: il fattore tempo, caro Matteo Renzi, come ben sai è fondamentale.

Le mani in tasca di Renzi

La mano in tasca, un discorso a braccio. Segno di un nervosismo latente il primo, rivolto alle telecamere – quindi al pubblico – il secondo. E’ la politica dell’era dei social, dove ogni occasione, dalle direzioni dei partiti, alle consultazioni per finire alle votazioni di fiducia, diventa una vetrina aperta al popolo, ai drogati di twitter che dal bar virtuale…

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