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Eugenio Scalfari non poteva restare indifferente dopo l’appoggio recentemente annunciato dal suo editore Carlo De Benedetti a Matteo Renzi, che corre spedito verso la segreteria del Pd pensando però di scalare poi, a scadenza variabile, la guida di un nuovo governo.

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L’OMELIA DOMENICALE DEL FONDATORE

Nel solito editoriale festivo per la Repubblica, quella di carta da lui fondata nell’ormai lontano 1976 con indiscutibile bravura, Scalfari è tornato a difendere, ma con qualche omissione, l’asse istituzionale e politico che si è creato fra i presidenti della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta. Un asse di cui il governo, per quanto provvisto di intese meno larghe della partenza, vista la spaccatura consumatasi nel centrodestra, potrebbe giovarsi in quella che Scalfari ha chiamato “guerra europea”. Che è condotta per fortuna solo nelle cancellerie, a livello cioè politico, ma dai cui sviluppi dipenderà, più ancora che dalle nostre pur necessarie riforme e conseguenti sacrifici, l’uscita dalla emergenza economica e sociale prodotta dal tipo e dalla consistenza dell’austerità sinora imposta dalla Germania.

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PAROLE E OMISSIONI DI SCALFARI

Nella difesa dell’asse Napolitano-Letta il fondatore della Repubblica non poteva sottrarsi al dovere di criticare quanti ne compromettono la prosecuzione lavorando dichiaratamente o surrettiziamente per la crisi: dall’opposizione, com’è naturale che sia, ma meno naturalmente anche dal Pd, cioè dall’interno della maggioranza “nuova” prodottasi con la rottura nel centrodestra. Tuttavia, condizionato dall’appoggio dichiarato dal suo editore al sindaco di Firenze, egli ha accuratamente omesso di fare il nome di Renzi. O di ripeterlo, visto che in altre occasioni lo aveva invece fatto rilevando la pericolosità delle sue posizioni ai fini della tenuta del governo.

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LA SINISTRA E LA DESTRA VISTE DALLA REPUBBLICA

Questa volta il fondatore della Repubblica ha preferito lamentarsi solo e allusivamente di “sfrizzolamento delle correnti” nel Pd e di “interessi personali di alcuni dei loro esponenti”. Sfrizzolamento e interessi che un po’ troppo ottimisticamente, solo per ritrovarsi forse con De Benedetti, o per non allontanarsene troppo, egli pensa possano essere ricomposti o comunque superati dopo il congresso del maggiore partito di governo. Quando però Renzi risulterà curiosamente più forte, per esserne diventato il segretario sulla strada ripetutamente rivendicata di uno strano sostegno all’”amico Enrico”, più formale che reale e convinto. Un sostegno a correre e a fare anche ciò che probabilmente potrebbe portare il presidente del Consiglio in rotta di rovinosa e incolmabile collisione con quella parte di centrodestra – che Scalfari chiama “Destra repubblicana” – staccatasi da Berlusconi e decisiva per la tenuta della maggioranza.

LE ILLUSIONI DEL FONDATORE

Sembra francamente eccessiva l’illusione, implicita e finale nell’editoriale di Scalfari, che recenti articoli o dichiarazioni di Asor Rosa sul Manifesto, di Alfredo Reichlin sull’Unità e di Massimo Cacciari in televisione, accomunati da preoccupazioni sulla sorte del governo, possano bastare a sinistra a moderarla. Cioè a contenere l’assalto dell’opposizione grillina o le tentazioni di crisi, renziane o d’altro tipo, che dovessero permanere nel Pd anche dopo il congresso.

NON FATE LA GRAZIA

Eccessiva è probabilmente anche l’illusione di Scalfari di vedere davvero liquidato Berlusconi con la decadenza dal Senato. Illusione eccessiva, pur con l’errore che il fondatore di Forza Italia è appena tornato a compiere rimproverando al presidente della Repubblica di non averlo voluto graziare, o di non averlo ancora fatto. Dal capo dello Stato sarebbe stato probabilmente più facile ottenere, e non solo attendersi, un intervento di clemenza sul percorso dell’esecuzione della condanna definitiva dell’ex presidente del Consiglio per frode fiscale se aperture del Quirinale in questa direzione fossero state raccolte ed assecondate in un partito affollato di “falchi”. Aperture contenute in un comunicato del presidente della Repubblica del 13 agosto e raccolte con pubbliche e inascoltate dichiarazioni, nel collegio difensivo di Berlusconi, solo dall’avvocato Franco Coppi.

LE PAROLE DI NAPOLITANO ALLE MATTANE DI BERLUSCONI

Non sorprende perciò la durezza con la quale il capo dello Stato ha voluto reagire alle ultime proteste di Berlusconi rimproverandogli, a sua volta, “le condizioni via via mancate” al percorso o al quadro indicato nel suo comunicato d’agosto per una richiesta di clemenza. E lanciando un appello perché le manifestazioni di protesta annunciate contro la decadenza dell’ex premier da senatore “non fuoriescano dal rispetto delle istituzioni e di una normale, doverosa legalità”. Della quale legalità, tuttavia, è augurabile che tengano altrettanto, doveroso rispetto nell’aula del Senato quanti hanno invece voluto e preparato, per una fraintesa e pretestuosa “trasparenza”, forzature vistose come il ricorso ad un voto palese per evitare quello a scrutinio segreto, più libero e appropriato per il destino personale in gioco: quello appunto di Berlusconi.

Francesco Damato

La sonora scudisciata di Napolitano dopo le mattane di Berlusconi

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