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Tutti gli sforzi e i tentativi che vengono praticati per rilanciare e riattualizzare la tradizione e la cultura popolare sono, comunque sia, da apprezzare e da valorizzare. Tentativi che, come ovvio, hanno un significato ed un senso politico, culturale ed organizzativo se non si riducono a puro esercizio testimoniale o dopolavoristico. Sforzo encomiabile anche questo ma politicamente del tutto irrilevante se non addirittura inconsistente.

Ora, è abbastanza evidente che nella geografia politica contemporanea si rende sempre più necessario anche il recupero delle tradizionali culture politiche. Del resto, sarebbe del tutto inutile superare la stagione impolitica, qualunquista e demagogica del populismo di marca grillina se poi, al contempo, non tornassero quelle culture politiche che giustificano la reale presenza dei partiti e delle varie differenze tra i vari soggetti in campo. Questa era, e resta, l’unica condizione per ridare credibilità, autorevolezza e ruolo alla politica dopo la lunga e devastante sbornia populista.

Ma, il recupero della cultura e della tradizione del cattolicesimo popolare e sociale non può limitarsi, lo ripeto, ad una dimensione contemplativa o virtuale. Va collocata, cioè, nell’attuale contesto politico e non nel “regno dei desideri”.

Per questa semplice motivazione è abbastanza naturale, nonchè coerente con la secolare storia del popolarismo di ispirazione cristiana, accompagnare questo sforzo politico ed organizzativo con il rafforzamento di un Centro politico, dinamico, moderno e riformista e di una vera e credibile “politica di centro”. Due elementi strettamente intrecciati tra di loro perchè il quadro politico che emerge è sufficientemente chiaro per escludere altre strade. Certamente praticabili e del tutto legittime ma scarsamente incisive sotto il profilo politico e culturale. Mi riferisco, nello specifico, ai Popolari che pensano di riproporre la loro cultura e la loro tradizione in un partito che coltiva un’altra prospettiva politica e che ha un profilo culturale ed ideale addirittura alternativo rispetto al filone del cattolicesimo popolare e sociale. Perchè il partito della Schlein, coerentemente con la piattaforma con cui ha vinto le primarie nella primavera scorsa, ha un profilo quantomai chiaro e netto. Ovvero, si tratta di un partito che declina una sinistra radicale, massimalista, estremista e culturalmente libertaria. Di qui la convergenza, culturale e politica, con l’estremismo di Fratoianni e Bonelli e con il populismo anti politico e demagogico del partito di Conte e di Grillo. Il tutto accompagnato dal ritorno, in modo persin plateale, della storica “cinghia di trasmissione” di origine comunista tra il sindacato e il principale partito della sinistra italiana. Insomma, un luogo politico storicamente alternativo al popolarismo di ispirazione cristiana. Un ruolo, questo, che si limita a riproporre un’altra storica costante della politica italiana. E cioè, l’esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra” all’interno del Pci. Dove, per confermare la natura plurale di quel partito, venivano gentilmente concessi una manciata di seggi parlamentari ai cosiddetti cattolici. Appunto, i “cattolici indipendenti del Pci”.

Sul versante del centrodestra il tema è molto più semplice perché da quelle parti la presenza dei Popolari si riduce ad una testimonianza del tutto personale dove non esiste neanche l’ambizione di giocare un ruolo politico significativo e caratterizzante. E questo perchè la cultura di riferimento dell’intera coalizione, seppur al di là delle differenze tra i vari partiti, è del tutto estranea ed esterna a qualsiasi riferimento alla tradizione del cattolicesimo popolare e sociale.

Ecco perché forse, è giunto il momento per declinare, come cattolici popolari e sociali, un progetto politico centrista e al contempo riformista e con una spiccata cultura di governo che sia in grado di riproporre un filone ideale in un campo politico coerente e lungimirante. Dove, cioè, è possibile fare politica e rifarsi alla propria cultura senza continuare a giocare in trasferta, per usare una metafora calcistica. Su questo versante si misureranno, nelle prossime settimane, la coerenza, il coraggio, la determinazione e la concretezza dei cattolici popolari e sociali disseminati in tutta la penisola.

Popolari? Solo al Centro. Il commento di Merlo

Ecco perché è giunto il momento di declinare, come cattolici popolari e sociali, un progetto politico centrista e al contempo riformista e con una spiccata cultura di governo che sia in grado di riproporre un filone ideale in un campo politico coerente e lungimirante. Lo spiega Giorgio Merlo

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