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Quale impatto avrà il risultato delle elezioni tedesche sul resto d’Europa? L’austerity sarà ancora il fulcro delle politiche di Bruxelles o ci sarà spazio per una nuova fase espansiva che non soffochi la ripresa? A chiederselo sono il capo analista di Mediobanca Securities di Londra, Antonio Guglielmi, e il suo collega tedesco Marc Thiele, che al terzo mandato della cancelliera Angela Merkel hanno dedicato un report che spiega cosa cambierà nell’Unione nei prossimi anni.

POCHE SPERANZE PER I PAESI PERIFERICI
Per gli analisti di Piazzetta Cuccia la vittoria della Merkel è addirittura più forte di quanto non prospettassero i sondaggi. E, vista la débacle dei liberali, come nel suo primo mandato dovrà comporre una “grande coalizione” con Spd o con i Verdi. Questo però “non vuol necessariamente dire che il modo tedesco di affrontare la crisi dei debiti sovrani cambierà“. Secondo Mediobanca si continuerà con “un mix di austerity e salvataggi, quando invece, secondo Guglielmi, la periferia dell’Unione avrebbe bisogno di politiche economiche “di stampo più keynesiano“.

IL NODO DEI SALARI
Secondo la banca d’affari, i Paesi in difficoltà nell’Eurozona rischiano di scontare “lo scarso risultato ottenuto alle urne dai socialdemocratici” di Peer Steinbrueck. Il motivo è che in Germania, l’attuale combinazione di mini-lavori a basso salario (7 milioni di cittadini che guadagnano 450 euro al mese) e bassa inflazione, rafforza la competitività tedesca. Per riequilibrare la situazione con le nazioni periferiche aiuterebbe che Berlino aumentasse i salari dei lavoratori. Un’opzione alla quale – spiegano gli analisti di Piazzetta Cuccia – solo l’Spd pare favorevole.

L’ANTIEUROPEISMO DIVAMPA, MA NON PUNGE
Alternativa per la Germania non è riuscito a superare lo sbarramento del 5% necessario a entrare in Parlamento. Un risultato che, per l’analista di Mediobanca, è coerente con gli interessi tedeschi nel difendere una valuta, l’euro, sottovalutata per loro. Se questo da un lato “rassicura Paesi quali Portogallo, Grecia e Irlanda che essi verranno sostenuti negli attuali piani di salvataggiodall’altro non cancella il fatto che la politica europea ha generato finora “un vantaggio principalmente per la Germania e per il suo export. Una convinzione – scrivono gli analisti – diffusa anche nell’opinione pubblica europea “la crescita del dibattito contro la moneta unica” lo dimostra. Anche se “si conoscerà la portata del fenomeno antieuropeista solo con le tornate elettorali” del 2014.

UN EURO FORTE NON AIUTA IL PIL EUROPEO
L’avanzo primario su cui siede l’Europa, figlio del calo di importazioni dovuto all’austerità e del boom di export della Germania “ha sostenuto l’euro” e “il risultato delle elezioni tedesche” potrebbe ulteriormente rafforzare la valuta europea. Questo, suggerisce Mediobanca, “rischia di non aiutare “l’economia europea” perché potrebbe penalizzare ulteriormente la ripresa e “la crescita nei Paesi periferici dell’Unione“.

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