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Nuove opportunità, nuove partnership, nuove sfide. Allentata formalmente l’egemonia statunitense e russa, l’Africa è diventata il terreno di scontro delle nuove potenze emergenti, che riversano sì sul territorio ingenti investimenti economici, ma spesso ad altissimi costi sociali e politici per le comunità locali, come sottolinea un report Ideas, il centro studi sugli affari internazionali e strategici della London School of Economics (Lse).

Africa senza europei, ma con…

I profondi cambiamenti in atto in Africa stanno ridisegnando la posizione del Continente nello scacchiere internazionale. “Sulla base delle nuove opportunità economiche, sono infatti anche i rapporti con le potenze mondiali a cambiare radicalmente. A diventare una realtà è il concetto di ‘Africa senza europei’, con la possibilità di parlare del Continente Nero sulla base di una vera multipolarità nelle relazioni internazionali”, si legge nel report Ideas.

Il modello “emergente”

Due le risposte africane a questo tipo di processo. “Il primo approccio è adattivo, finalizzato a imparare le lezioni degli Emergenti di successo, innestandola sulle politiche africane. La ricerca di un ‘modello cinese’ o ‘modello brasiliano’ da parte dei leader africani riflette una vera ammirazione per i risultati economici da loro conseguiti e il desiderio di sfruttare le loro esperienze nel percorso di sviluppo del Continente”. Il punto di contatto? Il sentirsi “Sud” del mondo.

La critica agli Emergenti

Il secondo approccio è quello della distanza critica dalle potenze emergenti. “Con un sempre maggiore coinvolgimento di questi nuovi attori nella vita dei governi africani, le domande sulla natura dei contratti per lo sfruttamento delle risorse naturali, la gestione di alcune società e l’impatto di alcuni investimenti iniziano a smorzare l’entusiasmo vissuto negli ultimi anni”. Un esempio? Le decisioni di società brasiliane come il colosso minerario Vale di far trasferire comunità locali dal Mozambico centrale o i sospetti suscitati dalla vendita di armi cinesi allo Zimbabwe, che hanno scatenato reazioni feroci tra le élite del Continente e la società civile. Nigeria e Sudafrica hanno chiesto alla Cina di spingersi al di là di commercio ed investimenti nel settore minerario per privilegiare la produzione industriale a più alto valore aggiunto, ma la condotta di alcuni investitori coreani e indiani nell’accaparrarsi terreni agricoli ha avuto ripercussioni a livello locale, contribuendo anche al rovesciamento di un governo. Al punto che un personaggio di spicco come il miliardario sudanese Mo Ibrahim è arrivato a sollecitare gli Stati Uniti di rallentare la loro ‘ritirata dall’Africa’.

Obiettivo “partnership sostenibili”

“Queste due posizioni – evidenzia il report – non si escludono a vicenda, ma variano di Paese in Paese e sono influenzate da circostanze particolari. L’antica strategia africana di ottenere risorse dalla comunità internazionale per soddisfare bisogni interni particolaristici resta una costante nel ruolo internazionale del Vecchio Continente in età moderna. Ma le dichiarazioni di parità politica, che non nascondono le profonde disuguaglianze economiche, devono spingere il Continente Nero a lavorare per la creazione di partenariati sostenibili. Il tempo ci dirà se questa risposta classica è abbastanza strategica ed in grado di riprodurre i successi di sviluppo degli Emergenti, preservando allo stesso tempo la sfera di autonomia africana”. Gli Stati del Continente cominciano solo ora a riconoscere le opportunità e le sfide insite nel coinvolgimento degli Emergenti, e, questo il commento degli esperti di Londra, la creazione di partnership per lo sviluppo sostenibile rappresenta l’obiettivo primario da centrare nel ventunesimo secolo.

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