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L’industria cinese degli armamenti si fa globale e fa concorrenza a statunitensi, russi ed europei. La scelta turca di sistemi antimissile “made in China” per rinnovare i propri sistemi di difesa non è stata accolta con favore dagli alleati Nato di Ankara, che non sono intenzionati a integrare i propri sistemi con quelli delle Repubblica popolare.

Per Pechino l’accordo ha invece rappresentato l’ingresso tra le potenze del settore, come non ha mancato di sottolineare la versione online del Quotidiano del popolo, voce ufficiale del Partito comunista. Sebbene forse dietro la decisione di optare per il sistema FD-2000 ci siano ragioni economiche, l’accordo è da 3 miliardi di dollari, la China Precision Machinery Export-Import Corporation (CPMEIP) è riuscita a imporsi sulla concorrenza, “lasciando stupefatti i complessi industriali e militari di Washington e Bruxelles”, ha scritto il New York Times.

Secondo i dati dell’Istituto di Stoccolma per le ricerche sulla pace, tra il 2008 e il 2012, le esportazioni cinesi di armi convenzionali sono aumentate del 162 rispetto al quinquennio precedente. A marzo il rapporto del Sipri certificava il sorpasso della Cina sulla Gran Bretagna come quinta nazione esportatrice dopo Stati Uniti, Russia, Germania e Francia.

Secondo Xu Guangyu, ex generale in congedo dell’Esercito popolare di liberazione e direttore dell’Associazione cinese per il controllo delle armi e i disarmo, i progressi cinesi nello sviluppo e nella vendita di sistemi d’arma ad alta tecnologia sono un “fenomeno normale”, sostenuto dalla sfida di battere la concorrenza abbassando i prezzi e migliorando la qualità

Sono inoltre parte integrante della diplomazia cinese, come ha sottolineato al quotidiano di Hong Kong, South China Morning Post, il numero uno del gruppo Poly, uno dei colossi del settore oltre la Muraglia.

Lo sviluppo delle esportazioni va di pari passo con l’aumento della spese per la difesa decisi nel corso dell’Assemblea nazionale del popolo dello scorso marzo. L’aumento è stato del 10,7 per cento. Il bilancio sarà di 720 miliardi di yuan, pari a circa 90 miliardi di euro, comunque meno di quanto Pechino spende per garantire la stabilità interna.

Gli investimenti maggiori vanno al settore dell’aeronautica, sia tradizionale che con tecnologia stealth, e sullo sviluppo dei motori, per i quali aveva finora dovuto appoggiarsi alla Russia e agli occidentali.

Sebbene a livello tecnologico siano ancora indietro rispetto agli statunitensi e agli europei, i prodotti cinesi, che comunque migliorano continuamente, possono competere dal punto di vista dei prezzi, soprattutto in mercati come quello africano e nell’America Latina. Tra i nuovo clienti c’è ad esempio l’Argentina, che nel 2011 siglò contratti con la Aviocopter per costruire sotto licenza mezzi Z-11.

Il miglior cliente di Pechino resta tuttavia l’alleato pakistano. Il 55 per cento delle esportazioni cinesi finisce infatti nel Paese dei puri,

La Cina si sta inoltre facendo strada nel mercato dei droni. In particolare con il modello Wing Loong, che a molti ricorda da vicino i droni statunitensi, e che, stando alla stampa cinese, può contare sull’interesse di almeno tre Paesi. Sotto osservazione degli esperti sono inoltre lo Shenyang J-31, caccia dotato di tecnologia stealth, e il JF-17, sebbene quest’ultimo sia meno sofisticato degli equivalenti Usa.

Tutti i dettagli sull'avanzata della Cina nel mercato degli armamenti

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