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Scadono oggi i due giorni di tempo dati da Suthep Thaugsuban alla premier Yingluck Shinawatra affinché lasci l’incarico. L’opposizione thailandese è in strada dal 24 novembre, anche da prima se si prendono in considerazione le manifestazioni contro il provvedimento di amnistia che avrebbe dovuto sanare quasi un decennio di violenze di carattere politico che in questi giorni sono tornate nelle strade di Bangkok.

DURI SCONTRI
Nel fine settimana i morti negli scontri sono stati almeno cinque, oltre cento i feriti. Ieri la polizia è ricorsa ai proiettili di gomma contro i manifestanti. Contro Suthep Thaugsuban, che ha incontrato Yingluck soltanto per rimarcare le proprie posizioni, è stato emesso un secondo mandato d’arresto, questa volta per insurrezione. L’ex parlamentare del Partito democratico alza i toni e promette che le proteste non si fermeranno neanche se sarà sciolta la Camera dei deputati e la premier darà le dimissioni. La premier è ritenuta un strumento del fratello Thaksin Shinawatra, controverso ex primo ministro deposto dai militari nel 2006 e in esilio dal 2008 con una condanna per corruzione e abuso di potere, che l’opposizione crede continui a mantenere il proprio controllo sulle vicende tailandesi.

IL CONSIGLIO DEL POPOLO
La proposta di Suthep è quella di istituire un “consiglio del popolo”. La protesta è considerata la più grave dal maggio 2010. Allora le forze di sicurezza intervennero per sgombrare il centro di Bangkok occupato da settimane dalle cosiddette “camicie rosse”, movimento composto dai sostenitori di Thaksin. Il bilancio della repressione fu di almeno 91 morti, tra cui il fotoreporter italiano Fabio Polenghi, e quasi duemila feriti.

L’ACCUSA DI OMICIDIO
Per aver ordinato l’intervento, Suthep Thaugsuban e l’allora premier Abhisit Vejjajiva sono stati accusati di omicidio. Le elezioni dell’anno seguente furono vinte da Yingluck e dal partito Pheu Thai. Ma la tensione non è calata, in particolare per la proposta di amnistia vista da molti come un salvacondotto per permettere il ritorno di Thaksin.

L’OMBRA DEI MILITARI
Il rischio è quello dell’ennesimo intervento dei militari. Secondo quanto riferito dalla stampa tailandese, il discorso con cui Suthep Thaugsuban ha lanciato l’ultimatum a Yingluck è stato tenuto davanti ai vertici dell’esercito. Nei giorni scorsi i manifestanti, che per oggi prevedevano di prendere d’assedio la sede centrale della polizia, hanno fatto altrettanto con i ministeri e con quartier generale dell’esercito, esortando i militari a schierarsi con loro. La polizia ha tuttavia rimosso le barricate da davanti il proprio edificio, in un tentativo di distensione, permettendo ai dimostranti di entrare. Stando alle parole del capo di Stato maggiore congiunto, l’esercito starà dalla parte della Thailandia, una dichiarazione tirata dalla propria parte tanto Suthep quanto dalla premier, che ha respinto come “incostituzionali” le richieste dell’opposizione e ha detto di non volersi dimettere.

FAZIONI OPPOSTE
Nella seconda economia della regione dopo l’Indonesia continua quindi lo scontro tra da una parte la classe media e le élite urbane, oggi in piazza nel fronte antigovernativo, e dall’altra gli abitanti delle zone rurali, bacino elettorale del clan Shinawatra, che l’opposizione accusa di portare avanti politiche populiste che mettono a repentaglio l’economia, accorsi nel weekend nella capitale per dare il loro sostegno all’esecutivo.

LA POSIZIONE DELLA MONARCHIA
Sullo sfondo resta la figura del sovrano Bhumibol Adulyadej, che il prossimo 5 dicembre compirà 86 anni. La famiglia reale è al centro di intrighi politici e in alcuni settori vicina ai manifestanti, delle cui fila fanno parte anche frange ultra-monarchiche. La corona dovrebbe rappresentare l’unità nazionale. Ma per molti osservatori, già negli anni passati dimostrò di propendere più per una fazione che per l’altra.

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