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Matteo Renzi, con la sua guerra lampo, passa da Festa in Festa, da trionfo in trionfo. Nei giorni scorsi ha espugnato, una dopo l’altra, le casematte della Linea Maginot del Pd in Emilia Romagna, la regione che costituisce, a un tempo, la cassa e il granaio del Partito nazionale e che l’anno scorso gli aveva sbattuto le porte in faccia. Adesso, le truppe di Pier Luigi Bersani “risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”. Intanto gli apparati si riciclano e fanno ressa per montare in corsa sul carro del vincitore, acquistando al mercato nero credenziali da renziano doc. Il “sindaco de noantri” non si limita a farsi ascoltare in un religioso silenzio quando pronuncia, novello Redentore, i suoi “discorsi della montagna”.

Somiglia sempre più ad un nuovo “pulzello” d’Orléans capace di mobilitare il popolo di sinistra che, uscito “dagli atri muscosi e dai fori cadenti” di un potere in crisi, ritrova in lui lo spirito combattivo. Renzi riesce a promettere al militante ex comunista che, dopo aver vissuto cent’anni di solitudine, è arrivata finalmente l’ora della vittoria. E non esita (“non sono qui ad impossessarmi del partito, ma a restituirvelo”) a lusingare il  giovane occupy-Pd, nudo di storia e privo di basi culturali, ma perennemente alla ricerca di quel mondo diverso che non esiste.

Ma perché il sindaco di Firenze piace tanto e non solo a sinistra? Perché quegli stessi che soltanto l’anno scorso lo guardavano in cagnesco e lo cacciavano dalle manifestazioni rimproverandogli di essersi recato ad Arcore, oggi sgomitano per essere nelle prime file per inneggiarlo e per strappargli una carezza ai loro bambini? Rispondendo alla prima domanda si anticipa in parte anche la risposta alla seconda. Renzi è uno e trino, come quei pacchi di biscotti, in offerta al supermercato: paghi uno, prendi tre. E’ pur sempre una personalità che ha un posto nelle istituzioni; ma è soprattutto un grande comunicatore come Silvio Berlusconi, con il vantaggio  dell’età e della freschezza.

Mentre il Cavaliere si presenta sugli schermi bolso ed incartapecorito perché non vuole invecchiare, il “pulzello” ad invecchiare non ci riesce. Le sue performance, sulle tribune, danno l’idea che sia salito lì dopo avere appena terminato una partita a calcetto nel campo della parrocchia. Da comunicatore sa capire ciò che la gente vuole sentirsi dire in un particolare momento e lo fa concedendosi quel brivido di eresia ormai divenuto “politicamente corretto” in un partito di spretati come sono gli eredi del Pci. Ma il sindaco di Firenze è anche un emulo di Beppe Grillo con il giubbetto di Fonzie, che non esita a lisciare per il verso del pelo l’antipolitica senza mai essere volgare ed eversivo come l’ex comico.

E’ persino riuscito a “rottamare” Massimo D’Alema e a portarselo, poi, dalla sua parte. Fuori dal Pd, esiste una vasta area di opinione pubblica che può ritrovare l’ésprit de finesse del Cavaliere dei primi tempi in un giovane leader capace di pescare qua e là alcune idee altrui e di riciclarle come se fossero le sue. Ma allora perché oggi è seguito da quei settori del suo partito che prima lo odiavano? Semplice. Matteo Renzi non è più la stessa persona che saccheggiava le proposte di Pietro Ichino.

Secondo i canoni tradizionali della politica, è oggi uno degli esponenti  più a sinistra del Pd, perché nulla ha a che fare con il governo Letta e con le intese ‘’contro natura’’ che lo sostengono. La vicenda di Matteo Renzi, poi, induce ad altre considerazioni. Ricordate quando negli anni Settanta era in voga la battuta “non vogliamo morire democristiani”? Il destino, invece, ha imboccato un’altra direzione di marcia. La Dc, vilipesa e distrutta, sta risorgendo. E’ toccato agli ex Pci di essere inghiottiti dalla Balena bianca. Per forza. La classe non è acqua. Che cosa mai potrebbero aspettarsi gli eredi del partito di Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer se, a difendere dalla siccità le loro radici, è rimasto Gianni “Carneade’’ Cuperlo, con la sua faccia da bambino precocemente invecchiato?

I segreti del successo di Renzi: paghi uno e prendi tre

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