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La sostanziale stabilità del tasso di disoccupazione sottende un mercato del lavoro che rimane in forte difficoltà e su cui la debole ripresa dell’attività economica che si annuncia per i prossimi mesi non potrà che avere riflessi limitati.

Tre gli aspetti che maggiormente colpiscono negli ultimi dati Istat:

– Il primo è l’elevato numero di disoccupati che cercano lavoro da oltre un anno: il 56% del tasso di disoccupazione è costituito da disoccupati di lungo periodo. Oltre la metà quindi del tasso di disoccupazione è costituita da persone che avranno maggiori difficoltà di reimpiego perché da troppo tempo fuori dal mercato;

– Il secondo è la disoccupazione giovanile, che sfiora il 40% dei ragazzi in cerca di lavoro. Un fenomeno particolarmente odioso, soprattutto lì dove la disoccupazione giovanile è anche di lunga durata: ritardare a lungo l’ingresso nell’attività lavorativa produce cicatrici permanenti nelle carriere retributive e contributive di questi ragazzi.

– Il terzo riguarda la netta caduta degli occupati nella fascia centrale di età, quella compresa tra i 25 e i 55 anni. Il tasso di occupazione per questi lavoratori era del 74% prima della crisi, oggi è al 69% come nel 2000. In questa caduta del segmento “forte” e maggiormente protetto dell’occupazione, costituito da persone che lavorano in gran parte a tempo pieno e indeterminato, si legge in tutta la sua gravità l’impatto della recessione degli ultimi due anni.

Potremo parlare di ripresa dell’occupazione solo quando vedremo questa fascia di occupazione riaccostarsi ai livelli pre-crisi.

Sergio De Nardis, capoeconomista Nomisma

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