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Parafrasando il detto “tutte le strade portano a Roma” si può dire che in questo momento tutte arrivino in Myanmar. Il Paese dei pavoni è la nuova frontiera asiatica, come è stato definito dalla Banca Mondiale e come spiega il titolo del convegno alla Farnesina, promosso dai ministeri degli Esteri e dello Sviluppo economico in collaborazione con l’Ocse e Osservatorio Asia.

Occasione anche per l’Eni di annunciare quattro offerte, due per blocchi on shore, già assegnate, mentre si chiuderà il 15 novembre la gara per i due blocchi off shore di cui si conoscerà l’esito a gennaio, ha spiegato l’amministratore delegato del colosso del cane a sei zampe, Paolo Scaroni.

L’Italia è un Paese amico, pronto a sostenere la Birmania, nella transizione democratica iniziata con le elezioni del 2010, ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino. La titolare della diplomazia italiana ha usato il nome Birmania, dato dai britannici ma diventato simbolo dell’opposizione alla disciolta giunta militare che al contrario preferì parlare di Myanmar, utilizzato tuttora dal governo. Scelte lessicali a parte, Bonino ha voluto sottolineare come quello verso la democrazia sia un percorso in cui si può sempre migliorare, basta riconoscere e capire per tempo il rischio di passi indietro.

Il tema del periodo di transizione è tornato più volte nei discorsi dei rappresentati del governo di Naypyidaw, assieme ai riferimenti a un isolamento durato decenni. Il ministro degli Esteri birmano, Wunna Maung Lwin, ha ricordato gli obiettivi del suo governo. Quelli politici: pace e stabilità. E quelli economici: lo sviluppo.

Per i birmani il convegno è stata l’occasione di sottolineare i passi in avanti compiuti in questi due anni e mezzo di apertura e riforme, culminati lo scorso 10 ottobre con la presidenza di turno dell’Associazione delle nazioni del Sudest asiatico (Asean), che tra l’altro il prossimo anno coinciderà anche con il semestre italiano alla guida dell’Unione europea.

L’interscambio con l’Italia è oggi pari a 46 milioni di dollari. Ma ciò cui tutti guardano sono le prospettive per i prossimi anni. Per arricchire la popolazione occorre sfruttare i prossimi dieci anni, prima che inizi ad invecchiare. Come ha spiegato Paolo Zegna di Confindustria, per le piccole e medie aziende italiane si tratta di piantare i semi per il futuro. Anche con un occhio alla posizione geografica del Myanmar che ne fa un crocevia sia verso l’India, sia verso la Cina sia verso gli altri Paesi del Sudest asiatico. Un potenziale mercato di oltre 2,4 miliardi di consumatori.

I progressi che sono stati elencati dai rappresentati del governo birmano spaziano dalla legge sulla libertà d’associazione, la prossima, benché controversa, legge sulla stampa, al venir meno delle sanzioni internazionali, all’istituzione di un organismo parlamentare per discutere degli emendamenti alla Costituzione scritta e fatta approvare dai generali nel 2008, che tra le altre norme prevede l’assegnazione di un quarto dei seggi  all’esercito.

È stata inoltre più volte citata la legge sugli investimenti esteri, emendata nel 2012 e le agevolazioni di cui gode chi decide di investire nel Paese, tra i quali una moratoria fiscale di 5 anni.

Il Myanmar è “un Paese di grande interesse, potenzialmente tutto da scoprire, un tassello importante nella spinta verso l’Asia che abbiamo da qualche anno”, ha spiegato Scaroni nell’aggiungere come, anche per via dell’isolamento, si tratti sia ancora poco esplorato sebbene ricco dal punto di vista geologico.

Certo si parla pur sempre di un Paese uscito da poco da un regime dittatoriale, in cui il 70 per cento della popolazione vive in aree rurali. Per i prossimi tre anni il governo ha fissato una serie di obiettivi. Tra gli altri prevede di raggiungere una crescita media annua del 7,7 per cento; ridurre il tasso di povertà dal 26 al 16 per cento; aumentare il reddito pro capite del 30-40 per cento rispetto ai livelli del 2010.

Sullo sfondo restano le tensioni sociali ancora non sopite. C’è la questione della comunità musulmana vittima di attacchi e discriminazioni, il nodo degli espropri e della terra che, è stato sottolineato durante il convegno, non può essere comprata ma deve restare ai birmani. Può tuttavia essere affittata per 50 anni, con la possibilità di estendere la concessione di 10 anni, per massimo due volte, sempre che l’esigenza risponda agli interessi birmani.

Il governo centrale ha inoltre stretto accordi se non veri e propri cessate-il-fuoco con le minoranze etniche. Ma una recente ondata di bombe ed esplosioni – almeno 10 dallo scorso 9 ottobre- rischia di spaventare gli investitori e far deragliare il fragile processo di transizione. Per usare le parole della leader dell’opposizione democratica e premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi (che lunedì sarà a Roma): “Gli investimenti devono essere responsabili e devono sostenere la democrazia”.

Benvenuti in Birmania, la nuova frontiera dell'Asia dove si sta Bonino

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