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Una rivendicazione orgogliosa di “chi ha come unico patrimonio la credibilità personale e non accetta di veder minata una vita sul fronte dei diritti umani da campagne di stampa fuorvianti”. Il ministro degli esteri Emma Bonino reagisce alle critiche di chi ne ha adombrato responsabilità, inerzia, cinismo, nell’arresto e nel rimpatrio in Kazakhstan di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua. Vicenda, replica a chi ha parlato dei “mutamenti di Emma”, che le ha provocato “tormento e insonnia fin da inizio giugno”. Ribadendo davanti alle Commissioni congiunte Affari esteri e Diritti umani del Senato che sui punti oscuri del blitz e dell’espulsione della moglie e della bambina di Muxtar Ablyazov altre istituzioni devono fornire risposte, la leader radicale rivendica di aver agito nel massimo rispetto delle istituzioni e delle regole. E le prerogative istituzionali chiamano in causa le responsabilità del Viminale e degli organi di sicurezza.

La ricostruzione di Emma Bonino

Il preludio del “rebus kazako” risale al 29 maggio, quando gli uffici della Farnesina ricevono un fax dalla Questura di Roma relativo alla richiesta di accredito e immunità diplomatica in Italia di una cittadina con passaporto della Repubblica Centrafricana. Compiuti gli accertamenti di routine, il ministero degli Esteri giunge alla conclusione che l’identità della donna non è provata, la domanda non è confermata e il nome Shalabayeva non compare nel fascicolo. Elementi trasmessi alla Questura. Bonino ricorda di essere stata informata personalmente dell’avvenuto fermo e rimpatrio della donna e di sua figlia da un’organizzazione umanitaria non governativa per telefono nella tarda serata del 31 maggio. A quel punto il ministro avvia accertamenti e controlli su tre direttrici: assicurare i diritti di Alma e Alua, sensibilizzare il governo e raccogliere le informazioni necessarie, promuovere i contatti internazionali e comunitari sull’avvenuta espulsione in Kazakhstan. Tra il 2 e il 3 giugno la responsabile della diplomazia si rivolge al titolare del Viminale Angelino Alfano e al capo della Polizia Alessandro Pansa per chiedere chiarimenti. Poi riferisce al Presidente del Consiglio. Mentre attende le verifiche istituzionali, impartisce disposizioni affinché la Farnesina provveda a garantire i diritti della donna e di sua figlia e a verificare lo status di rifugiato politico del marito, che prima del blitz è fuggito in Gran Bretagna. L’ambasciata italiana a Londra conferma mentre la nostra rappresentanza nella capitale del Kazakhstan rivela che la signora è sottoposta all’obbligo di non allontanarsi finché non verrà chiarita la sua posizione sul passaporto centrafricano risultato falso. Gli uffici consolari italiani nel paese asiatico vengono attivati per far esercitare ad Alma i suoi diritti alla difesa, e il 18 luglio la incontrano per notificarle la revoca dell’espulsione dal nostro paese. Shalabayeva è al corrente degli sviluppi della sua situazione, ha libero accesso agli organi di informazione, sta bene  e ha deciso di limitare i suoi spostamenti per il timore di incidenti o sabotaggi. Notizie che agli occhi di Bonino rappresentano “uno sprone a proseguire in modo incessante gli sforzi per garantirle la libertà e permetterle di ritornare in Italia”. Un impegno “morale prima che politico – puntualizza il titolare della Farnesina – che deve essere perseguito con convinzione e con prudenza, visto che ora l’interlocuzione avviene tra i governi di Roma e Astana e la nostra struttura diplomatica in loco non può venire indebolita”. Ciò non esclude però lo sdegno e il disappunto per “l’atteggiamento intrusivo tenuto dall’ambasciatore kazako a Roma tra il 23 e il 31 maggio, rivelato dal rapporto Pansa reso pubblico dal responsabile dell’interno il 16 luglio. Perché i buoni rapporti con l’Italia auspicati dalle autorità del Kazakhstan non possono prescindere dal rispetto dei diritti e della libertà di movimento dei suoi cittadini”. Nei confronti del rappresentante diplomatico di Astana il capo della Farnesina si riserva ogni iniziativa anche se per ora viene esclusa l’espulsione.

Le proposte della Farnesina

Ricostruiti gli eventi, Bonino ribadisce, “da radicale animata da senso dello Stato e della legalità”, come la Farnesina per legge non sia competente in tema di espulsioni dal territorio italiano né per operazioni di polizia in adempimento di mandati giudiziari internazionali. Temi su cui, “raro esempio nel nostro paese”, nell’arco di un mese sono stati aperti un accertamento interno da Palazzo Chigi, un’istruttoria del Guardasigilli sulla convalida da parte del giudice di pace dell’espulsione di Shalabayeva, l’indagine della Procura di Roma su un intrigo dai tanti riflessi internazionali. Ma ciò non elimina, spiega il ministro, la necessità di un “maggiore coordinamento tra istituzioni, come rivelano le vicende Datagate, il divieto di sorvolo sui cieli italiani dell’aereo del presidente della Bolivia Evo Morales, il fermo a Panama dell’ex capocentro della Cia a Milano coinvolto nel rapimento dell’imam Abu Omar, il caso dei due marò arrestati e processati in India”.

Le valutazioni delle forze politiche 

Le parole pronunciate da Emma Bonino soddisfano in parte i componenti dei due organismi parlamentari di Palazzo Madama. Caustico il presidente della Commissione Esteri Pier Ferdinando Casini, per il quale “la strategia perseguita dalla Farnesina è parsa isolata e scissa rispetto alla responsabilità collegiale del governo”. Ed è quello messo in risalto dal leader dell’Udc l’interrogativo da sciogliere sul ruolo del ministro degli esteri. Rimasta inopinatamente emarginata nella gestione dell’affaire kazako dai più alti esponenti dell’esecutivo – ne è venuta a conoscenza grazie a canali non ufficiali e almeno due ore dopo il fatto – oltre ad essere stata scavalcata dall’ambasciatore di Astana, che si è rivolto agli apparati del Viminale per ottenere l’arresto e il rimpatrio di Alma e sua figlia. È il rappresentante del Partito democratico Paolo Corsini a riportare l’attenzione sulla “responsabilità politica del ministro dell’interno, che continua a dire di non essere stato informato, di aver avuto notizie in tempi diversi, di non sapere che i due coniugi avessero lo status di rifugiati”. E a chiedere per quale motivo “Bonino, ben conosciuta per il suo scrupolo sul fronte diritti umani, sia stata tenuta all’oscuro del lato più inconfessabile della vicenda”.

Un’esortazione a chiarire le responsabilità del governo sul rimpatrio di una donna e la sua bambina in un paese con forti criticità sul piano dello Stato di diritto viene dall’esponente del Movimento Cinque Stelle Luis Alberto Orelliana: “Ci aspettavamo, in virtù della biografia di Bonino, una sua presa di posizione palese e visibile appena ricevuta dalla ONG una notizia che per l’ennesima volta ferisce la credibilità italiana nel mondo. Per questo la sua credibilità personale rischia di soccombere sotto il ‘fuoco amico’ dell’esecutivo”. A chiedere al ministro degli esteri un netto giudizio politico verso l’operato di Alfano e delle autorità che l’hanno completamente esclusa anche sul piano informativo è il parlamentare di Sinistra e libertà Peppe De Cristofaro.

Molto diverso il ragionamento del rappresentante del Popolo della libertà Paolo Romani, che richiama l’attenzione sulla società di vigilanza privata della villa di Casal Palocco dove abitavano i coniugi. Società che “si è scoperto far riferimento al Kazakhstan”. È questo, rimarca il senatore del centro-destra, il primo enigma da sciogliere con l’ambasciatore o l’incaricato d’affari del paese asiatico. Oltre al problema delle pressioni esercitate da Astana su Roma, a partire dal 28 maggio, per rintracciare ed estradare Ablyazov.

Bonino imbestialita per il caso kazako

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