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Pubblichiamo un articolo del dossier “Lezione egiziana, Usa in Medio Oriente, F35” di Affari Internazionali.

In un Medio Oriente sempre più caldo e imprevedibile la diplomazia statunitense fatica a stare al passo con i tempi. Mentre la Siria brucia e al Cairo si consuma il secondo colpo di stato militare dell’era post-Mubarak, il segretario di Stato americano John Kerry si concentra su un obiettivo che in pochi credono davvero raggiungibile: la pace tra israeliani e palestinesi. Eppure Kerry non vuole indietreggiare, dichiarandosi fiducioso su una ripresa dei negoziati, in stallo ormai dal 2010.

È ancora presto per dare un giudizio complessivo sui cinque mesi di pressing diplomatico che Kerry ha fatto sulle parti in conflitto. Né aiuta il quasi completo black-out mediatico sul contenuto dei colloqui. La recente visita del segretario di Stato in Israele e nei territori palestinesi – la quinta da quando è a capo della diplomazia statunitense – si è svolta in un clima di diffuso pessimismo. Sotto la superficie però, sembra che questa volta qualcosa si muova.

L’iniziativa di Kerry

In quattro giorni, dal 27 al 30 giugno, Kerry ha totalizzato tredici ore di colloqui con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e tre incontri con Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp). Ciononostante non è riuscito a convincere le parti a riprendere il dialogo. Era dai tempi della shuttle diplomacy di Henry Kissinger che un Segretario di stato non si dedicava con tanta determinazione a convincere arabi e israeliani a sedere allo stesso tavolo. Kerry sta agendo peraltro su iniziativa quasi personale, contro l’opinione di gran parte degli esperti di Washington e, secondo alcuni, le perplessità dello stesso Presidente Obama, che non condivide l’ottimismo del suo segretario di Stato.

Sulla questione israelo-palestinese, Kerry si avvale del sostegno di un team ristrettissimo di collaboratori, sfruttando la fitta rete di contatti personali che ha stretto, quando era senatore, con i principali attori regionali. Bersagliato dalle critiche a casa – prima fra tutte quella di aver trascurato le tante altre crisi regionali e internazionali – Kerry non demorde e continua a dare priorità al suo impegno in Medio Oriente.

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Andrea Dessì è junior researcher nell’area Mediterraneo e Medio Oriente dello IAI.

La speranza di pace di John Kerry

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