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La strada c’è, si vede anche a occhio nudo. Ma è in salita e per giunta con qualche tornante. No, non sarà facile arrivare alla cessione della rete di Tim al fondo americano Kkr e ai suoi compagni di cordata, a cominciare dal Tesoro italiano, a sua volta verosimilmente seguito da Cassa depositi e prestiti. Sono giorni caldi, caldissimi, dentro e fuori gli uffici dell’ex monopolista ma anche dalle parti di Vivendi, che del gruppo telefonico è principale azionista (24%) non c’è bonaccia.

LO SCACCHIERE

Entro uno-due mesi, giorno più, giorno meno, si capirà infatti se Tim venderà il suo asset più pregiato agli americani, garantendosi così un abbattimento del proprio debito (25 miliardi) e un ritrovato spazio di manovra sugli investimenti. Il pomo è sempre Netco, il veicolo che racchiude l’infrastruttura primaria e secondaria, ovvero la porzione di cavi che dagli armadietti in strada sale nelle case, oggi incastonata insieme alla fibra in Fibercop, di cui il fondo americano è peraltro azionista al 37,5%, unitamente agli asset di Sparkle.

Al netto dell’indubbio risanamento dei conti di Telecom, una volta venduti gli asset in Netco, potrebbe finalmente prendere corpo l’agognato progetto per una società unica per la rete, a valle di un riassetto azionario che vedrebbe, oltre a Kkr, anche il Tesoro italiano, che poche settimane fa è entrato in partita sottoscrivendo un memorandum con gli americani per assicurarsi il 20% di Netco. E, con ogni probabilità, anche Cassa depositi e prestiti, oggi azionista di Telecom con quasi il 10% e F2i, così da garantire la presenza di un nocciolo duro italiano.

Gli eventi delle ultime ore raccontano di una richiesta pervenuta da Kkr per una proroga di altri 15 giorni per la presentazione dell’offerta vincolante per la rete. Richiesta su cui il board di Tim, convocato per il prossimo 27 settembre, si pronuncerà. Ora, resta da capire quali le effettive chances per un esito felice dell’operazione, che potrebbe privare il gruppo guidato da Pietro Labriola del suo asset più prestigioso e strategico.

QUESTIONE DI PREZZO

Fonti molto vicine al dossier raccontano di una distanza ancora troppo grande tra le richieste di Vivendi, che valuta Netco e i suoi asset non meno di 30 miliardi e il 20-21 messi finora sul piatto da Kkr. Un punto di caduta, per il momento assolutamente aleatorio, potrebbe essere intorno ai 26-27 miliardi. Cifre che per il momento rimangono, viene raccontato, assolutamente virtuali. D’altronde il gruppo francese di Vincent Bollorè sa fin troppo bene che un mancato abbattimento del debito sarebbe un problema presente e futuro. Ma d’altro canto non può ignorare due aspetti. Primo, Netco racchiude il meglio dell’infrastruttura di Tim e, secondo, piaccia o no la rete finirebbe al di fuori del perimetro europeo.

L’INCONTRO AL TESORO E QUEL BLITZ DI FINE AGOSTO

Una possibile svolta potrebbe aversi a valle del delicato incontro tra i vertici di Vivendi, forse lo stesso Bollorè, e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Incontro che potrebbe non essere questa settimana, ma quella dopo, al fine di comprare ancora un po’ di tempo e arrivare il più lucidi possibile all’appuntamento. Il confronto, a dire il vero, si è reso necessario dopo che, a fine agosto, in sol colpo il governo italiano ha approvato un Dpcm che autorizza il Tesoro a entrare nella Netco e un decreto legge per assicurare la copertura finanziaria dell’operazione. Una mossa che, viene fatto intendere, ha lasciato a mezza bocca Vivendi, che forse avrebbe preferito essere maggiormente coinvolta prima dei suddetti provvedimenti.

IL NODO LEGALE E LA SPINTA DELLA BORSA

Non è finita qui. C’è anche un’altra questione. Vale a dire, per il via libera alla cessione della rete c’è bisogno di un’assemblea? E se sì, di un assemblea straordinaria come ipotizzato da Vivendi poiché cambierebbe l’oggetto sociale di Tim? Su questo la stessa Telecom ha chiesto pareri legali, i quali potrebbero arrivare a escludere un assise dei soci, sia ordinaria, sia straordinaria. Non è un dettaglio dal momento che la stessa Vivendi potrebbe mandare a picco l’intera operazione proprio in assemblea, disponendo della potenza di fuoco necessaria. Senza considerare lo scoglio dell’Antitrust Ue, che secondo i ben informati manderebbe tutto in naftalina: Cdp è azionista di controllo di Open Fiber, principale competitor di Tim ed è a sua volta controllata dal Mef, che diventerebbe socio di Netco. Inoltre Via Goito è socia di Tim, con quasi il 10%.

E il mercato? La Borsa ci crede, inutile negarlo: nell’ultimo mese, quando la partita è entrata nel vivo, il titolo Tim ha guadagnato il 18,4%, di cui il 3,5% solo negli ultimi cinque giorni.

Tim, la vendita della rete parte in salita. Ecco perché

​La differenza di vedute sul prezzo dell’asset più pregiato dell’ex monopolista è ancora troppo grande tra Vivendi e gli americani di Kkr. Per questo per i francesi non sarà facile accettare compromessi al ribasso. L’incontro al Tesoro potrebbe slittare, mentre la Borsa continua a tifare per la vendita di Netco. Lo spettro dell’Antitrust Ue

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