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Nel mondo le attività di promozione dei singoli Stati, atte ad affermare le capacità e il prestigio, utili alla stabilità economica e democratica, vengono classificate come attività di nation branding. Vi è però una sola eccezione, ed è quella italiana, dove il binomio nation branding può essere sostituito col binomio Made in Italy. Nessun altro paese al mondo vanta la possibilità di avere un marchio cosi potente. Se il Best Global Brand 2024 annovera solo 3 aziende italiane nella top 100 (Gucci, Prada e Ferrari) possiamo stare sereni perché vi è un segmento esclusivo che racchiude piccole e medie imprese dell’ossatura organizzativa italiana che esprimono, tutte insieme, il potenziale del Made in Italy. Sono oltre 4 milioni, secondo le stime della Confcommercio, le piccole e medie imprese italiane che rappresentano un elemento essenziale nell’argano a motore di traino dell’economia italiana. La forza è racchiusa nella qualità, nelle maestranze, nelle esclusività dei beni e dei materiali e nell’arte del saper contrattare per posizionare il proprio prodotto nel mondo.

È proprio di queste ore l’ennesima soddisfazione che arriva da Coldiretti la quale afferma che nel mondo, in occasione del Capodanno, verranno stappate circa novecentotrentasei milioni di bottiglie di spumante contro le trecento milioni di bottiglie di champagne. Il rapporto è di 3 a 1 in termini di consumo su scala globale, un dato pazzesco se si pensa che in ogni angolo del globo, per farsi gli auguri, si sceglieranno le bollicine italiane.

Ma troppo spesso gli italiani non si rendono conto delle proprie potenzialità e se le soddisfazioni arrivano solo dall’estero c’è motivo di lavorare sull’empowerment del Paese, sull’approfondimento delle buone pratiche che hanno reso e rendono grande l’Italia nel mondo. Anche per questo è fondamentale che le scuole possano dedicare, nell’offerta didattica, maggiore attenzione ai processi che descrivono e definiscono il concetto di Made in Italy, affinché da subito i ragazzi possano scoprire il patrimonio italiano in tutte le sue declinazioni.

In relazione a questa esigenza nelle scorse ore, finalmente, è stata pubblicata e inviata alle Istituzioni scolastiche e alle Regioni, una Circolare che contiene le indicazioni operative per consentire l’iscrizione alle classi prime del nuovo percorso liceale del Made in Italy, approvato dal Parlamento il 20 dicembre, per l’anno scolastico 2024-2025.

Il nuovo indirizzo scolastico potrà essere scelto dalle famiglie sulla piattaforma Unica a partire dal 23 gennaio 2024.

Una rivoluzione nel mondo della scuola, una soluzione concreta per il “sistema Paese”. Perché non averci pensato prima? Perché non aver associato il percorso didattico a quello lavorativo nell’idea del Made in Italy?

Ecco che a queste domande e a questo vuoto procedurale è giunta la risposta del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara e dei suoi tecnici che hanno intercettato le sfide geopolitiche che si affrontano anche attraverso il nation branding e il soft power, due aree della stessa disciplina, la sociologia delle relazioni internazionali, necessarie a garantire, come anticipato, stabilità economica e democratica al nostro Paese.  Dalla scuola inizierà un nuovo percorso per il futuro del Made in Italy per una riscoperta, anche per gli italiani, delle proprie potenzialità. Un percorso di formazione e valorizzazione che rafforzerà la comunità e l’organizzazione della comunità, come afferma l’accademico Marc Zimmerman nei suoi studi sulle performance delle società; un percorso in cui artigiani e imprenditori dovranno essere protagonisti perché nessuno meglio di loro saprà trasmettere valori e strategie ai giovani studenti che rappresentano il futuro dell’Italia.

Un grandissimo traguardo politico senza ideologie e posizioni di parte, una scelta destinata al bene del Paese nell’ottica dello sviluppo e delle sfide nazionali e internazionali.

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