Skip to main content

Luigi Einaudi non si faceva chiamare Professore (nonostante avesse vinto una delle più importanti cattedre di economia, quella all’ateneo di Torino, andasse a fare lezione regolarmente ed avesse una nutrita schiera di allievi, tra cui Francesco Forte) e considerava “inutili” le proprie prediche, ma pronunciate in tono professorale.

Mario Draghi si fa chiamare Professore (ne ha titolo avendo vinto un concorso) ma all’Università di Firenze, dove aveva la cattedra di Economia internazionale, lo si è visto di rado: il corso veniva tenuto da Vera Zamagni mentre lui era consulente del ninistro del Tesoro, Giovanni Goria, rappresentante dell’Italia e di altri Stati in Banca Mondiale e in alti incarichi pubblici e privati. Non predica, ammonisce. Sempre in tono molto professorale (come si fa quando non si ha prassi di didattica attiva e il confronto con studenti). Non so se giudica “utili” i suoi ammonimenti. Se fossi nei suoi panni, qualche dubbio lo avrei.

A un anno del discorso sulla “difesa ad oltranza” dell’unione monetaria e dell’annuncio dei (mai istituiti) Omt (Outright Monetari Transactions) è tornato sul tema delle “riforme mancate”, ottimo modo per non trattare delle responsabilità della Banca centrale europea (Bce) e di seguire la prassi mediterranea di dare tutte le responsabilità “agli altri”. Gli studenti sono più irriverenti dei giornalisti. Quindi, se fosse stato in aula, non avrebbe avuto il coro a cappella di elogi da editorialisti che poco sanno di economia, ma un Va pensiero di pernacchie.

Il Prof. Draghi non ha parlato genericamente di riforme. Ha detto che occorre liberalizzare “senza riguardo per gli interessi costituiti”, chiudere “il gap tra salari e andamento della produttività” (locuzione che, avrebbe detto Oscar Wilde, può dare adito a numerose interpretazioni, anche l’invito ad abbassare i saggi dei salari reali in Paesi, come l’Italia, poco competitive). Ultimo ammonimento: riformare ‘”a struttura del mercato del lavoro per evitare che il peso della maggiore flessibilità ricada soprattutto sui giovani”. Ammonimenti ineccepibili (pur se il secondo richiede un chiarimento) ma poco utili.

Prima di tornare sul tema, il Prof. Draghi dovrebbe farsi consigliare da qualche graduate student  su testi vecchi e nuovi da consultare sulle riforme fattibili dopo sei anni di recessione e mentre è in atto una profonda ristrutturazione dell’economia mondiale. Dovrebbe iniziare dalla lettura di un testo di culto: “Come fare passare le riforme” di Albert Hirschmann (scritto negli Anni Sessanta ma pubblicato in italiano da Il Mulino nel 1990). Il lavoro sostiene che le riforme necessitano anni di vacche grasse in quanto i riformatori devono disporre di risorse con cui compensare le categorie danneggiate (anche quando il danno altro non è che una perdita di privilegi). Il saggio, datato (ma ancora attuale) traccia un percorso secondo il quale la “la valutazione condivisa” è il filo di Arianna per fare non solo approvare le riforme ma soprattutto per attuarle e farle essere efficienti, efficaci e durature. Altrimenti, c’è il rischio di cadere nell’effimero, e di innescare contraccolpi, irrigidimenti dell’esistente, ed il ripristino del passato sotto nuove forme e guise.

L’ipotesi di Hirschmann è rafforzata dal libro per il quale Douglas C. North (un liberale di razza) ha meritato il Premio Nobel per l’Economia: “Istituzioni, cambiamento istituzionale, evoluzione dell’economia”: l’approssimarsi di “nuove regole” (quelle scaturenti dalle riforme) le vecchie regole si irrigidiscono e, di conseguenza, occorre creare una coalizione di riformisti silenziosi (che riescano ad operare senza farsene accorgere). A conclusioni analoghe era giunto il liberista Mancur Olson in “The Logic of Collective Action: Public Goods and the Theory of Groups” pubblicato negli Usa nel 1965 ma tradotto in italiano da Feltrineli nel 1990. Il Prof. Draghi ha certamente letto il saggio di Mancur Olson ma dubito che conosca quelli di Hirschmann e North.

Alcuni anni fa, con P.L. Scandizzo dell’Università di Roma Tor Vergata (“Valutare l’incertezza”, Giappichelli 2003), ho rimesso mano all’approccio riformista di Hirschmann, situandolo in un contesto di incertezza, (come l’attuale), aggiornando la strumentazione tecnica ed arricchendolo di “casi di studio”, ma giungendo a conclusioni analoghe.

Non è facile “fare riforme” mentre imperversa da anni la recessione, il contesto è incerto,  i “riformatori” sono avviliti e depressi (sarebbe utile anche qualche lettura di “economia comportamentale” e di “neuro-economia”) e le lobby cercano di mantenere titoli quesiti. Invece di ammonire il colto e l’inclito, il ‘Prof’ ci dica come.

Altrimenti, diventeremo anche noi studenti irriverenti.

Gli ammonimenti inutili di Draghi

Luigi Einaudi non si faceva chiamare Professore (nonostante avesse vinto una delle più importanti cattedre di economia, quella all’ateneo di Torino, andasse a fare lezione regolarmente ed avesse una nutrita schiera di allievi, tra cui Francesco Forte) e considerava "inutili" le proprie prediche, ma pronunciate in tono professorale. Mario Draghi si fa chiamare Professore (ne ha titolo avendo vinto un…

Chi è l’italiana ferita a Kabul

La donna che è rimasta ferita nell’attentato di ieri a Kabul è Barbara De Anna. Fiorentina, ha 40 anni e una lunga esperienza all'Onu. Era in Afghanistan dal 2010 perché lavorava per l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Prima era stata ad Herat e dal 2011 a Kabul. Le sue condizioni sono molto gravi. Ha ustioni di secondo grado sul…

Renzi, Letta e finanziamento pubblico ai partiti. Parla Velardi

Una navigazione a vista senza progettualità, con un premier meno popolare del suo predecessore e un avversario che sta evitando di fare pesare le vicende processuali sugli equilibri di governo. E' un Claudio Velardi a trecensosessanta gradi quello che, in una conversazione con Fomiche.net, parte dall'accordo di maggioranza per abolire il finanziamento pubblico ai partiti, ma si spinge a commentare…

Il lamento (post-ribellione) dei giovani in Tunisia

Pubblichiamo un articolo dello “Speciale giovani e rivoluzioni” di Affari Internazionali. A distanza di due anni dalla ribellione popolare che ha portato alla caduta di Ben Ali, la Tunisia vive una controversa fase di transizione democratica. Se da un lato si parla del Paese che sta realizzando la miglior performance post-ribellione, dall’altra le fasce di popolazione più giovani fanno fatica…

Le 12 tecnologie che trasformeranno il mondo

Si dice spesso che le tecnologie rivoluzioneranno il mondo. Ma non tutte saranno così dirompenti. E se ogni scoperta viene annunciata come una svolta ce ne sono 12 in particolare che potrebbero avere un potenziale impatto economico tra i 14mila e i 33mila miliardi di dollari l’anno entro il 2025. A stilare l’elenco delle novità tecnologiche in grado di trasformare…

Bagnasco, Giovannelli, Squinzi, Alemanno, Boldrini: lo speciale-fotogallery della settimana di Pizzi

Ecco gli avvenimenti più importanti e glamour della settimana fotografati dall'occhio indiscreto e irriverente di Umberto Pizzi. Le immagini dei potenti e dei protagonisti dello spettacolo nello speciale-fotogallery degli scatti del celebre fotografo.   Chi c’era all’assemblea annuale di Confindustria? Tutte le foto di Pizzi Angelo Scola visto da Pizzi. Tutte le foto Le comparse scomparse dal film di Paolo…

La rivoluzione dolce di Papa Francesco

La Chiesa, come si sa, è immutabile. L’affermazione, senz’altro vera, non può riguardare però ogni aspetto della sua realtà visibile e invisibile. Questo è fin troppo manifesto dal fatto che senza i fedeli la Chiesa non esiste, e questi sono esseri umani come gli altri che nascono, crescono e muoiono. Tuttavia la Chiesa è immutabile, e lo è precisamente in…

×

Iscriviti alla newsletter