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Adesso che il nostro Paese ha un governo, è giunto il tempo di riprendere in mano alcuni dossier.
Per esempio, che fine ha fatto l’Agenda digitale? Con il decreto crescita 2.0 e l’istituzione dell’Agenzia digitale il governo Monti aveva posto le basi per proseguire sulla strada della digitalizzazione dell’Italia, ma dopo la nomina di Agostino Ragosa a direttore dell’Agenzia il dossier è rimasto in sospeso. A rallentarne l’avvio si aggiunge adesso l’inversione di marcia comunicata ai giudici della Corte dei Conti da Palazzo Chigi che ha richiesto la restituzione del provvedimento che avrebbe reso definitivamente operativa la stessa Agenzia guidata da Ragosa. Il dietro-front del governo sarebbe stato indotto dagli stessi giudici contabili, accortisi di vari punti deboli all’interno dello statuto.

E’ “un bilancio in chiaroscuro” quello dell’Agenda digitale, dice Antonio Palmieri, responsabile Internet del Pdl, in una conversazione con Formiche.net.
Dovendo dare un voto al governo Monti “il giudizio è 6″, afferma l’esponente del Pdl. E per Palmieri le ragioni della sufficienza sarebbero legate al fatto che “ci sono state nuove buone iniziative che si sono aggiunte a quelle portate avanti dal governo Berlusconi”. Ma c’è un punto dolente: “Mancano i decreti attuativi – sottolinea Palmieri – . E l’Agenzia digitale stenta a partire a causa di troppe lungaggini”.
Ma c’è di più: “Avrebbero potuto tenere in maggiore considerazione alcuni elementi della proposta di legge fatta insieme a Paolo Gentiloni e Deborah Bergamini, soprattutto con riferimento all’e-commerce e all’utilizzo dei servizi Rai per contribuire all’alfabetizzazione del Paese”.

L’incertezza sulle prossime mosse
Al momento la citazione dedicata all’Agenda digitale nel discorso alla Camera di lunedì 29 aprile del presidente Letta non sembra chiarire le prossime mosse sul tema: “La ricerca italiana può e deve rinascere nei nuovi settori di sviluppo come, ad esempio, l’agenda digitale, lo sviluppo verde, le nanotecnologie, l’aerospaziale, il biomedicale, solo per citarne alcuni”.
“Il presidente Letta ha fatto solo un accenno ma non ha chiarito l’approccio che verrà seguito”, spiega Palmieri.
Un consiglio? “Portare a compimento ciò che è stato avviato fin dal 2001 – dichiara Palmieri – , e cercare di portare a termine i lavori in tutti i cantieri aperti: sanità, pubblica amministrazione, Giustizia e soprattutto banda larga”.

Una deduzione…
C’è poi un altro nodo da sciogliere: chi si occuperà di digitale nel nuovo governo? Anche se nessuno si è ancora è pronunciato, visto che le deleghe non sono state ancora assegnate ai sottosegretari il responsabile Internet del Pdl fa una deduzione: “Non essendoci un sottosegretario con delega e visto il ruolo cruciale assegnato all’Agenzia digitale, io deduco che la considerazione fatta dal governo a riguardo sia che il digitale è talmente pervasivo che oramai non serve una responsabilità specifica ma ogni ministero deve sviluppare la propria attività digitale”, commenta Palmieri.

Il vuoto culturale e un nuovo approccio
E con riferimento a quanto sostenuto da Alfonso Fuggetta in una recente intervista su Formiche.net. relativa a una assenza di persone qualificate in materia digitale nel nuovo governo, Palmieri dichiara: “Il digitale è una materia appannaggio di pochi e spero che al governo abbiano l’accortezza di far riferimento ai parlamentari che in passato si sono occupati professionalmente della tematica”.
Ciò che più preoccupa per Palmieri è il fatto che in Italia manca una cultura radicata rispetto a tali tematiche, fanalino di coda nei confronti di altri problemi ritenuti sempre prioritari per il Paese. “Ma nel 2013 Internet è un motore di sviluppo che non può essere sconfinato come una cosa per smanettoni. Smartphone e tablet hanno contribuito ad esempio alla digitalizzazione dell’Italia”.
Un approccio sbagliato al digitale insomma, messo in risalto anche dalla recente vicenda legata al presidente della Camera Laura Boldrini, che dopo aver ricevuto ripetute minacce via web ha scatenato l’appello a leggi speciali per disciplinare i reati online.

Approccio per Palmieri condiviso insieme dalle Istituzioni e dai mezzi di comunicazione, rei di soffermarsi troppo sui lati oscuri della Rete tralasciando il tanto di buono che c’è.
Per dare uno spiraglio di speranza a coloro i quali vogliano vedere nella Rete una possibilità di sviluppo anche personale, per Palmieri è necessario un cambio di atteggiamento innanzitutto da parte di coloro che raccontano il digitale nel nostro Paese.
“Faccio il tifo affinché ogni ministro completi i progetti in cantiere sull’Agenda digitale e ne avvii di nuovi”, conclude Palmieri.

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