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Il programma F-35, il caccia americano di Lockheed Martin partecipato da Finmeccanica, fa fibrillare il Partito Democratico.
Potrebbe dunque slittare la discussione prevista il 10 e 11 luglio prossimo al Senato, anche per effetto della nota diffusa dal Consiglio supremo di difesa – presieduto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – che lo scorso 3 luglio aveva sottolineato come il Parlamento non può avere un diritto di veto su “decisioni operative” sui programmi di ammodernamento delle Forze Armate che spettano al governo.
La nota diffusa dal Quirinale a seguito della riunione, rispondeva così – senza mai citarla – alla mozione passata alla Camera il 26 giugno scorso nella quale si sostiene sia il Parlamento ad autorizzare, con diritto di veto, l’acquisto degli F-35.

LA MOZIONE CASSON
Frasi, queste, – si legge sul Manifesto – che hanno sostanzialmente diviso il Pd. Al Senato, le mozioni per la sospensione dell’acquisto degli F35 sono tre: quella di Sel, quella del M5S e quella di 18 democratici, primo firmatario Felice Casson, il cui testo smentisce quello della maggioranza Pd-Pdl approvato alla Camera.

IL FRONTE DEL NO
Nonostante gli appelli alla ragionevolezza del presidente della commissione Difesa a Palazzo Madama Nicola Latorre e del Sottosegretario di Stato al Ministero della Difesa Roberta Pinotti, secondo Il Manifesto non sono mancate in casa democratica occasioni per arroventare il clima, persino tra i membri del governo.
Il viceministro dell’Economia e delle Finanze, Stefano Fassina, si è detto stupito per le frasi del Consiglio supremo di difesa – al quale il Pd prende parte con la sua rappresentanza istituzionale – e che le prerogative sulla spesa militare spettano al Parlamento.
Parole che lasciano pensare che la frattura tra i democratici sia lungi dall’essere ricomposta in tempi brevi e che le prossime ore saranno spese a mediare alacremente per trovare una sintesi politica sul futuro del programma d’arma.

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