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“Non ho mai pensato a una soluzione diversa da Napolitano” confida Mario Sechi, ex direttore del Tempo, che in verità lo aveva anticipato un anno fa dalle colonne del giornale che ha diretto fino a quando si è poi candidato con Scelta Civica di Mario Monti. Secondo Sechi, Napolitano non è solo “una figura istituzionale ma un politico a tutto tondo, capace di tenere insieme le tessere di un mosaico partitico completamente sfaldato”.

Il 25 marzo del 2012 in un editoriale sul Tempo lei chiese a “Re Giorgio” un altro giro di giostra: addirittura prima di Ferruccio de Borlotti…

I dati politici, che non sono mai delle opinioni, non si possono piegare come una foglia al vento. E indicavano già allora questo tipo di soluzione: con un Parlamento balcanizzato, con soluzioni condivise difficili, con due ex grandi partiti Pd e Pdl in difficoltà e in più con una nuova formazione politica che già si vedeva che avrebbe avuto un buon consenso. Queste condizioni di partenza erano già abbastanza chiare, come altrettanto chiara era una riedizione di Napolitano.

Per quali ragioni?

Si è dimostrato di eccezionale levatura: non solo una figura istituzionale ma un politico a tutto tondo, capace di tenere insieme le tessere di un mosaico partitico completamente sfaldato. Con il passare dei mesi questa soluzione sembrava allontanarsi, in realtà era una pia illusione. Non ho mai pensato a una soluzione diversa.

Davvero non vi era un’alternativa praticabile?

Ce ne potevano essere diverse, ma nessuna si avvicinava neppure lontanamente a quella ottimale di Napolitano. Non a caso la sua ricandidatura, mai accaduto nella storia repubblicana, è stata salutata da tutti con piacere. Tranne la corrente massimalista, che va da Sel a Grillo. Una corrente perdente, per loro stessi e per il Paese, nel medio-lungo periodo. Napolitano è letteralmente la cosa migliore accaduta al nostro Paese negli ultimi mesi.

Perché si è arrivati a questo epilogo?

I partiti attraversano una gigantesca crisi ma è l’intero panorama politico che dovrebbe essere ridisegnato. Napolitano ha interpretato, nella miglior maniera possibile, un’evoluzione nel nostro sistema in senso presidenziale. Volendo essere coerenti con ciò che è accaduto, dovremmo ridisegnare tutto tramite un modello che ad esempio si avvicini a quello francese. Darebbe all’Italia una garanzia di stabilità che oggi non c’è. Naturalmente non mi attendo che il Parlamento faccia tutto questo, perché non mi pare che i leader politici abbiano ancora colto pienamente la gravità della crisi in cui stiamo piombando. In realtà essa è solo all’inizio, è sufficiente mettere il naso fuori dai confini nazionali per rendersene conto.

Il ministro Barca che twitta pro-Rodotà crede che fonderà un altro partito rispetto a quello di Renzi?

Intanto chiediamoci che peso ha Barca, bisognerà misurare il consenso. Sicuramente è capace e animato da nobilissimi intenti, ma la politica non può prescindere dai fatti. Avremo due contendenti e si vedrà. Anche perché l’epicentro della crisi si è spostato in modo surreale sul Pd. Se vi fosse una competizione tra Barca e Renzi, forte ma leale, allora ben venga. Naturalmente dovrà poi risolvere le contraddizioni interne, che oggi sono clamorosamente sul tappeto. Il Pd immaginato da Veltroni, un’ottima idea, non c’è più.

Pesa più l’incapacità del segretario dimissionario o la sindrome da tradimento che, da Botteghe oscure al Nazareno, sembra resistere?

Bersani è una brava e onesta persona, ma non ricordo un leader politico della sinistra che venga dall’Emilia. L’Emilia organizzava, ma nel partito comandavano altri, è sempre stato così. Inoltre si è dimostrato incapace di coagulare attorno a sé una squadra varia. Mi chiedo: come si fa a non mettere Renzi tra i grandi elettori? E’ stato uno schiaffo in faccia.

Qualcuno die che con quella mossa si sarebbe aperta la strada alla scissione…

Beh, ma in politica tutto questo ci sta. E se le divisioni servono a fare chiarezza, allora ben vengano. Se il Pd pensa di proseguire la propria avventura politica gestendo questa conflittualità, si sbaglia di grosso.

E Berlusconi dall’Aventino si gode un altro trionfo…

Ha dimostrato che rappresenta un pezzo dell’opinione pubblica italiana da cui non si può prescindere.  Durante queste elezioni per il Colle devo dire che è stato il più equilibrato e responsabile di tutti: non ha insistito su nomi impossibili, cercando di condividere, alla sua maniera, la candidatura.

La proposta dei montiani, Cancellieri, non ha sfondato: è stata la spia di una direttrice politica con qualche contraddizione interna di troppo?

Direi insufficiente per ora, come strategia. Intanto candidare la Cancellieri ora, a mio avviso, è stato sbagliato: avrebbero dovuto farlo subito come proposta propria, perché è di bandiera non perché dovesse riuscire. Voglio sperare che nessuno di loro abbia immaginato di poterle consentire di salire al Colle, pur essendo una donna in gamba. Parafrasando una battuta che facevano i russi sulla Thatcher, era l’unico vero uomo del governo. Avrebbero dovuto, invece, da subito indicare Napolitano.

Come valuta l’evoluzione di Scelta civica, più incline sull’asse Renzi-Passera o in posizione ancora attendista?

Il partito ha un’indicazione nel nome, cioè scelta: sarà quindi il caso che scelga qualcosa. Dopo la campagna elettorale ho deciso di non prendere parte attiva al partito, ma sono stato un sostenitore del governo tecnico e del binomio con l’Europa. Penso che discutere con chi è nelle istituzioni politiche estere illumini parecchio, si vedano le parole pronunciate oggi da Schaeuble sul modello Cipro come esportabile: questi sono fatti veri. Al pari del nostro debito pubblico. Sul destino dei montiani peserà molto anche che tipo di valutazione farà Napolitano sul governo.

Punterà nuovamente su un esecutivo tecnico?

No, direi uno politico, guidato da una personalità navigata e di buone referenze anche a Washington come Giuliano Amato. Sarebbe auspicabile quel tipo di figura, non mi attacco forzatamente a un nome. Ma serve carisma verso le istituzioni estere, capacità di tenuta interna e di diga verso il qualunquismo italiano. Preparandoci ad una ripresa che prima o poi arriverà.

Si è pentito della scelta montiana?

No, mai pentirsi di ciò che si fa, perché ho visto da vicino come si organizza una campagna elettorale. Poi se mi chiede cosa preferisco fare, rispondo: l’analista politico. Detto questo il nostro è un ambiente che non impara dai propri errori, non c’è l’abitudine alla news analysis.

twitter@FDepalo

E ora un governo Amato

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