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Il 14 giugno gli iraniani torneranno alle urne per scegliere il prossimo presidente. Come scrive il settimanale The Economist, le tensioni aumentano se si ricordano le immagini violente di quattro anni fa, quando Mahmoud Ahmadinejad è stato rieletto in un clima di confusione, tra voci di protesta e frode elettorale.

Questa volta però la battaglia elettorale è diversa: Ahmadinejad non può candidarsi di nuovo perché la Costituzione lo proibisce e la leadership religiosa non lo vuole.

Per questo Ahmadinejad si è inventato una strategia: appoggiare il suo delfino, l’ambizioso Esfandiar Rahim Mashaei. Il figlio di Ahmadinejad è sposato con la figlia di Mashaei. Questo legame famigliare garantisce un minimo di fiducia tra i due, che hanno in comune il disprezzo per la vecchia guardia rivoluzionaria.

Mashaei è considerato il maestro intellettuale di Ahmadinejad. Il quotidiano inglese The Guardian avverte di non sottovalutare le capacità (e la lealtà) di quest’uomo, al quale il leader supremo Ayatollah Ali Khamenei potrebbe censurare la candidatura.

L’asse Ahmadinejad e Mashaei

“Mashaei è detestato sia da esponenti religiosi, che sopportano poco la sua tendenza a mettere il nazionalismo iraniano alla pari con l’Islam, e dai politici fondamentalisti. Molti parlano apertamente di una ‘corrente deviante’ guidata da Ahmadinejad e Mashaei”, ha scritto in un editoriale il Guardian.

La vittoria di Mashaei è decisiva per Ahmadinejad, visto che una volta finito il suo mandato dovrà affrontare il sistema giudiziario, i servizi di sicurezza e i media che fino ad oggi erano controllati dai “mullahs” conservatori, come ricorda il New York Times.

Il presidente iraniano è accusato di “deviazione religiosa” e corruzione. È stato criticato e penalizzato dal Parlamento per il “peccato” di avere abbracciato la mamma di Hugo Chávez ai funerali del presidente venezuelano.

Una nuova rivoluzione verde?

Nonostante ciò, Ahmadinejad non si dà per vinto e contrattacca. Si traveste da difensore dei diritti del suo popolo e accusa il clan Larijani, la famiglia del presidente del Parlamento che cercherà di sostituirlo nella presidenza e nello scenario politico iraniano. Ha scelto i suoi alleati in posti chiave che si manterranno anche dopo avere finito il suo mandato.

Intanto, la crisi economica devasta l’Iran. Il mese scorso l’inflazione ha raggiunto il 31,5%, mentre gli alimenti e i servizi aumentano di prezzo. L’animo della popolazione peggiora e non si escludono proteste simili a quelle del 2009 subito dopo le elezioni.

Gli avversari

L’ex-presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani non esclude di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali, secondo quanto ha confermato oggi l’emittente Press Tv e l’agenzia Ilna.

Due volte presidente della Repubblica islamica (tra il 1989 ed il ’97), Rafsanjani è ancora una potenza economica ed anche istituzionale essendo alla guida del “Consiglio per la determinazione delle scelte” (o “per i pareri di conformità” o “per il Discernimento”), un organismo di arbitrato tra diverse istituzioni. Ieri ha anticipato che, se eletto, potrebbe formare un governo multipartitico e compiere riforme nella politica interna ed estera dell’Iran. L’ufficializzazione delle candidature deve avvenire fra il 7 e l’ 11 maggio.

L’altro giorno era stata annunciata la candidatura alle elezioni comunali, fissate sempre per il 14 giugno, del secondogenito di Rafsanjani, Mohsen Hashemi, ex direttore generale della Metropolitana di Teheran, da non confondere con Mehdi Hashemi Rafsanjani, il fratello minore accusato dai conservatori di avere avuto un ruolo nell’organizzazione delle manifestazioni del 2009 contro la rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad e dal settembre scorso agli arresti dopo essere rientrato da un lungo soggiorno all’estero.

Sarà Esfandiar Rahim Mashaei il successore di Ahmadinejad in Iran?

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