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Ci troviamo in una fase storica in cui la salute pubblica è chiamata a ridefinire il proprio ruolo all’interno delle priorità strategiche di ogni Paese. Non è più solo una funzione tecnica o settoriale, ma una componente essenziale della sicurezza nazionale e della resilienza collettiva. Le crisi sanitarie degli ultimi anni, unite a un quadro geopolitico sempre più instabile, impongono un cambio di paradigma: dalla centralità della cura alla centralità della prevenzione.

Prevenire, oggi, significa di più di proteggere la salute delle persone in senso stretto. Significa anche garantire la stabilità dei sistemi sanitari e la capacità di rispondere rapidamente a minacce emergenti, siano esse naturali, accidentali o dolose. Per farlo, però, è necessario innanzitutto ampliare il concetto di prevenzione, con una visione più ad ampio spettro e a lungo raggio. Prevenire, infatti, vuol dire prevedere e pianificare, adottando gli strumenti oggi disponibili per farlo in maniera efficace.

Tuttavia, la spesa farmaceutica in Italia continua a essere gestita prevalentemente in una logica di breve periodo, senza una reale visione prospettica su ciò che arriverà nei successivi due, tre o cinque anni. Eppure le competenze per fare diversamente non mancano: Aifa dispone di professionalità di altissimo livello e collabora strettamente con l’Ema, dove si sviluppano analisi e valutazioni che consentirebbero una programmazione più efficace, oltre che efficiente. Ciononostante, queste informazioni raramente vengono tradotte in una pianificazione nazionale che permetta di prepararsi in anticipo, sia sul piano delle risorse economiche sia su quello organizzativo.

Colmare questa distanza tra capacità previsionali e programmazione concreta rappresenta quindi una condizione imprescindibile per rafforzare la prevenzione intesa come investimento strategico. Un ulteriore nodo critico riguarda la difficoltà di inserire a bilancio farmaci con un potenziale preventivo. La mancanza di sistemi di monitoraggio in tempo reale impedisce infatti di valutarne rapidamente l’efficacia e di assumersi, in modo controllato, il “rischio” di adottarli. Strumenti come accordi di gestione basati sui risultati, come ad esempio il risk sharing o il management agreement, potrebbero invece consentire di monitorare da vicino l’impatto reale di questi farmaci: se dimostrano di prevenire malattie o complicanze, il sistema ne beneficia in termini di salute e di sostenibilità economica; se non danno i risultati attesi, è possibile interromperne l’utilizzo senza gravare inutilmente sul bilancio. Anche questo approccio fa parte della prevenzione, intesa non più come costo ma come investimento programmato e misurabile.

Ma affinché la prevenzione non resti confinata alla sola sfera sanitaria, e includa anche gli aspetti di sicurezza, è prioritario anche un cambio di prospettiva che passi per una governance multilivello: una componente interna solida, strutture adeguate, filiere produttive affidabili e al tempo stesso una cooperazione efficace a livello europeo e internazionale.

I principali forum multilaterali e le organizzazioni sovranazionali – dall’Oms all’Unione europea – sono impegnati nel rafforzare le capacità di preparedness degli Stati, mettendo a sistema le lezioni apprese durante la pandemia da Covid-19. L’obiettivo comune è quello di elevare gli standard di sorveglianza, prevenzione e risposta, ma ciascun Paese è chiamato ad affrontare queste sfide con strumenti coerenti con il proprio assetto costituzionale, industriale e strategico. In questo senso la posizione italiana riflette un principio fondamentale: è necessario rafforzare la propria capacità di prevenzione e risposta in modo autonomo e responsabile, integrandosi nei percorsi di cooperazione, ma anche garantendo la propria sicurezza in un contesto di crescente frammentazione e competizione geopolitica.

La biosicurezza rappresenta una delle aree in cui questo equilibrio tra responsabilità interna e cooperazione internazionale diventa più evidente. Le nuove minacce biologiche – dalle pandemie zoonotiche ai rischi legati al bioterrorismo o agli incidenti di laboratorio – non possono essere affrontate senza una preparazione avanzata, che includa strutture dedicate, personale formato, tecnologie pronte all’uso e una governance trasparente dei rischi. In un sistema globale sempre più interdipendente, il rafforzamento delle capacità nazionali deve andare di pari passo con la cooperazione. Solo Paesi solidi, dotati di infrastrutture sanitarie e scientifiche adeguate, possono contribuire a costruire una rete internazionale di sicurezza sanitaria. Ed è su questo equilibrio che si giocano oggi la nuova agenda della salute pubblica e il cambio di passo necessario verso una logica della prevenzione. Un Paese capace di rafforzare le proprie basi interne, infatti, non si limita ad accogliere passivamente le decisioni globali o a rischiare di restarne escluso, ma acquisisce la forza per orientarle, partecipando da protagonista alla definizione delle strategie comuni.

(Pubblicato su Healthcare Policy 16)

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