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Giovani Turchi e renziani, chi l’ha detto che non si può? Non amano essere definite correnti all’interno del Partito Democratico ma lo sono. E fino a ieri sembravano andare “in direzione ostinata e contraria”. Fino a ieri, già. Perché, come viene ipotizzato in un retroscena di Maria Teresa Meli oggi sul Corriere della Sera, tra la galassia che va da Stefano Fassina a Matteo Orfini e i sostenitori del sindaco di Firenze sembra essere stato siglato un patto di non belligerenza nel nome del rinnovamento.

Formiche.net ha chiesto se è davvero così a uno dei massimi conoscitori dell’orizzonte turco, il giornalista dell’Unità Francesco Cundari, già al Riformista e al Foglio, autore del “Manuale del giovane turco”, citato domenica da Aldo Grasso sul Corriere della Sera in un articolo che ironizzava sulla “nuova linfa” di Bersani.

Cundari, finalmente nel Pd le varie correnti viaggiano all’unisono?

“Le correnti ci sono e ci saranno sempre, sono inevitabili in democrazia e abbiamo visto che anche dentro al Movimento 5 Stelle iniziano a formarsi. Al momento dentro al Partito Democratico mi sembra ci sia accordo sulle scelte appena compiute e nessuno si è messo di traverso”.

Com’è possibile questa quiete in un partito che litiga da sempre?

“Le elezioni hanno cambiato completamente lo scenario. Temo che il Pd con le primarie si sia infilato in una campana di vetro e abbia avuto una visuale completamente fuori fuoco rispetto a dove stava andando il Paese. Questo vale sia per i bersaniani che per i renziani. Oggi il contesto impone di ‘rottamare’ completamente gli argomenti di quella campagna e ci si è resi conto che, al di là degli scontri intestini tra giovani turchi o giovani renziani, conta il cambiamento e per questo si può scendere a mediazioni”.

Una spinta innovatrice che parte dal successo dei nomi proposti per le presidenze di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso.

“La loro elezione è un segnale della portata del cambiamento. È stata una scelta vincente e il discorso di insediamento di Laura Boldrini ne disegna il senso”.

Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera dice invece che con Boldrini e Grasso è prevalsa la non-politica sulla politica.

“È un discorso che potrebbe valere per la segreteria di un partito ma non mi sembra che per assumere una carica istituzionale bisogna per forza essere funzionario di una forza politica. E poi le parole di Laura Boldrini a Montecitorio sono state talmente politiche che qualcuno l’ha definita di estrema sinistra”.

La stessa logica sarà portata avanti con la formazione del futuro governo? Bersani ce la farà?

“Sì, lo abbiamo visto con la nomina del capigruppo che hanno visto defilarsi quelli uscenti Dario Franceschini e Anna Finocchiaro perché ‘quando si imbocca una linea bisogna seguirla con coerenza’, come ha scritto Franceschini su Twitter. Non so se Bersani ce la farà, la strada è in salita ma mi sembra che sia partito con il piede giusto. Dopo il colpo del risultato elettorale, ha avuto la capacità di reagire nel modo adeguato”.

Ma i campioni del rinnovamento non erano i grillini?

“Il rinnovamento più grande l’hanno fatto gli elettori ed è chiaro che la novità più clamorosa di queste elezioni sia stato il M5S. Ma nel modo in cui sta al Parlamento, non vedo cose nuove, semmai ne vedo di preoccupanti. Per citare Grillo, la scelta tra ‘un raffreddore e la peste bubbonica’ (la scelta tra Grasso e Schifani al Senato, ndr) non è impossibile, né difficile”.

Sarà Matteo Renzi colui a sfidare Grillo alle prossime elezioni?

“Renzi ha fatto sapere che vuole rifare le primarie e non farsi cooptare alla guida del partito. Saranno gli elettori a decidere ma mi auguro che non si ripeta lo stesso copione delle scorse primarie”.

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“Mi sembra che la candidatura di D’Alema sia stata avanzata e ritirata da Beppe Grillo per placare gli animi dei suoi dopo la scomunica ai senatori traditori che avevano votato Grasso. Detto questo, mi sembra più che ragionevole che il Presidente della Repubblica sia un punto di riferimento e una garanzia per tutte le forze politiche oggi in Parlamento che non sono solo Pd e Pdl ma anche il M5S. Per questo, trovare un nome che metta d’accordo tutti, non sarà facile”.

Ecco come sta cambiando il Pd di Bersani

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